Lo sapevi che il primo libro scritto da Stephen King è stato “Carrie”? Ebbene sì, quel libricino piccolo, sul quale nessuno aveva creduto e che è stato rimbalzato da ben 30 case editrici, è la prima opera del Re dell’Orrore. Con ben due film ispirati all’omonimo romanzo — “Carrie – Lo sguardo di Satana” (1976, diretto da Brian De Palma) e “Carrie 2: la furia” (1999, diretto da Katt Shea) — “Carrie” è diventato presto un best seller quando è stato pubblicato nel 1974.
Carrie: dal cestino al best seller
A convincere Stephen King a inviarlo ancora, un’ultima volta, sembrerebbe sia stata sua moglie Tabitha, che lo recuperò dal cestino e lo spronò a non arrendersi. Bisogna davvero ringraziarla… In questo caso è vero il detto che “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna”! La casa editrice che attualmente è in possesso dei diritti di “Carrie” qui in Italia è Sperling & Kupfer.
Un libro scorrevolissimo, che non ha nulla da invidiare alle altre opere del maestro
Parla della giovane Carrie White, vissuta nella bolla creata per lei da una madre troppo religiosa e delle stranissime punizioni (che noi tutti chiameremmo angherie) subite nella casa in cui vive con questa.
Potrebbe andare meglio, se a scuola ci fosse un ambiente confortevole in cui rifugiarsi. Se. Per sua sfortuna, il suo essere strana non l’aiuta a trovare amici o a integrarsi.
Abbiamo così un libro che affronta tematiche come il bullismo, l’isolamento, il fanatismo religioso e le punizioni corporali; tutto condito da quel tocco horror che piace a noi amanti del genere, ma che nei primi anni Settanta era impensabile trovare in un libro.
Stephen King ha dettato scalpore, osando introdurre argomenti tabù come il ciclo mestruale, il sesso e la religione. E non stupisce che “Carrie” abbia incontrato più muri che sorrisi.
Una nuova corrente horror
Le case editrici di fine anni ‘60 e inizio anni ‘70 erano avevano bisogno di un linguaggio nuovo. Dovevano distruggere il conformismo postbellico, ma alcuni faticavano a uscire dagli schemi, motivo per il quale è proprio sul ciglio del Sessanta (1967) che troviamo opere come “Rosemary’s Baby” di Ira Levin — reso poi in pellicola un anno dopo grazie a Roman Polanski.
È in questo clima che nasce “Carrie”: nell’eco della guerra del Vietnam, nel mentre che le donne lottano per l’affermazione di genere, mentre l’America implode in in tante, piccole rivolte razziali.
Sulla spinta viscerale dell’uomo che cerca di demolire tutto, nasce Carrie White; lei e il suo potere di fa piovere rocce sul tetto di casa, di muovere gli oggetti con la forza del pensiero. Perché è figlia di quel padre perduto nel nulla che aveva le sue stesse capacità.
Perché il libro che ha fatto scandalo
Stephen King ha messo sul fuoco argomenti scottanti, metafore, discorsi fino ad allora inimmaginabili. In “Carrie” c’è una madre sola e c’è decisamente del bigottismo.
Qui viene la nota dolente: nessun americano vuole sentirsi dire quanto pregare e come dover educare i propri figli; ne consegue che nessuno deve leggere un libro e trovarsi di fronte un signor King qualunque che dice “insegnate alle vostre figlie che avere il ciclo mestruale è una cosa normale”. Scoppia lo scandalo.
“Carrie” viene bandito nelle scuole fino agli anni ‘90, rimosso dagli scaffali e chi più ne ha più ne metta. Se qualcuno si azzardava a tenerlo nello zaino, requisito! Nevada, Vermont, Iowa, New York, Pennsylvania, North Dakota e Florida. La scusa? Violenza estrema, linguaggio offensivo, sesso e, ovviamente, critica alla religione. Non vengono citati i poveri maiali.
Gruppi conservatori, biblioteche, genitori religiosi e amministrazioni scolastiche definirono il romanzo inappropriato, pericoloso e addirittura sporcaccione (questa è bellissima).
Alcune scuole lo ritenevano un trash (che, per i meno avvezzi allo slang giovanile, significa letteralmente immondizia), inadatto ai ragazzi, perché va a toccare proprio i tabù di cui sopra.
Ciononostante, “Carrie” è diventato famoso anche all’estero, e grazie ai film ha spopolato anche in patria. Si sa, più il divieto diventa ossessivo e più otterrà un effetto boomerang; i giovani sono sempre stati così, in barba a chi dice che solo oggi sono così scapestrati e dispettosi!