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Carmen Pellegrino, “In pandemia tenerci nell’angoscia non ci rende più forti”

"L'abbandonologa" Carmen Pellegrino ci parla del suo nuovo libro “La felicità degli altri”, un romanzo prezioso, da stringere forte sul cuore

Un romanzo prezioso, da stringere forte sul cuore. “La felicità degli altri”, il nuovo, atteso libro di Carmen Pellegrino, edito da La Nave di Teseo, è filigrana sottile di parole pesate, come su una bilancia di precisione. Una storia da centellinare, quella di Cloe, correttrice di bozze di libri per l’infanzia, che ammette: “ho conosciuto troppa vergogna per poter sostare a lungo nei miei panni e troppe cose sono accadute per riuscire a fermarmi in una città, a stabilirmi in una casa oltre un certo tempo.” . Ci parla delle ombre, con cui dialoga, questa donna intensa, eppure non ci fa paura, perché quella di Carmen è una narrazione che ci porta dentro di noi, con grazia.

Carmen Pellegrino, "Certi legami, per quanto li ignori o li aggiri, restano ineliminabili"

Carmen Pellegrino, “Certi legami, per quanto li ignori o li aggiri, restano ineliminabili”

La giovane scrittrice, specializzata nel raccogliere suggestioni sui luoghi abbandonati e già finalista Campiello con “Cade la terra”, ci parla del suo ultimo libro

Originaria di Postiglione degli Alburni, centro cilentano al confine tra Campania e Basilicata, Carmen è nata nel 1977; con “Cade la terra” (Giunti, 2015) ha vinto il Premio Rapallo Carige e il Premio Selezione Campiello; con “Se mi tornassi questa sera accanto” (Giunti, 2017), titolo che riprende il primo verso della poesia “A mio padre” di Alfonso Gatto, ha vinto il Premio Dessì. Ora “La felicità degli altri”: un libro che nutre. E Dio solo sa quanta fame abbiano i lettori voraci di storie che restano.

L’ abbandonologa, si definisce lei. L’incantatrice, pensa chi s’immerge nelle sue stanze di carta. Perché i suoi romanzi sono pezzi di cuore chi ha amato Estrella, Lulù e Giosuè Pindari. E ora Cloe che diventa Anais ed Esoluna, e con lei l’insondabile consapevolezza che “ogni vita è qualcosa che non si potrà mai afferrare del tutto.”. Magia pura.

I tuoi lettori ti hanno atteso con trepidazione, dopo “Cade la terra” e “Se mi tornassi questa sera accanto”, finalmente abbiamo tra le mani “La felicità degli altri”. Ci presenteresti in poche righe la tua Cloe?

Cloe è un’ombra, ha dismesso persino il nome d’anagrafe, e in quanto ombra è indefinita. Anche per questo ha bisogno di autoassegnarsi nomi e identità fasulle, anche per questo cambia case, città: si sveste e si riveste, impaurita com’è dalla sua nudità, perde pezzi e li sostituisce e li perde di nuovo. Vive all’ombra e di ombra sembra morire. Avrebbe bisogno di qualcuno che le mostrasse come nella indefinitezza del suo stato c’è l’infinito potenziale…

Come è nata l’ispirazione per questa storia, in cui una donna dialoga ciò che “resta in ombra e si abitua a non essere guardato”?

Il nucleo originario del romanzo è fatto delle conseguenze che possono determinarsi in una vita agli albori, quando un allontanamento viene inflitto o percepito: sappiamo che la percezione dell’abbandono non è meno dolorosa di un evento di rifiuto realmente accaduto. Volevo dedicarmi ai figli dell’aria: quelli che devono reinventarsi un’appartenenza e non sempre ci riescono.

Ti senti più una “donna carica di primavere, piena di inizi”, come la Cloe che vuole farsi vedere sfolgorante, o una donna che sa “farsene qualcosa delle ombre, senza più riscacciarle”?

Direi la seconda, e seppure sono nata in maggio e aspetto sempre la primavera come se potesse ogni anno portare anche a me vita nuova è con le ombre che gioco a ramino.

“Il buonumore dell’ora dei frollini” è una menzogna necessaria che ci raccontiamo ogni mattina per andare avanti?

Una menzogna necessaria. Il mattino ha questo di salvifico: è un potente inizio – cosa c’è di più forte di un giorno che nasce dalla notte? Solo che poi quasi sempre è una promessa non mantenuta.

In alcune pagine meravigliose , Cloe scopre Facebook. “I giorni senza like erano giorni persi”: che rapporto hai tu con i social network?

Uso Facebook da diversi anni e devo dire che tante e solide amicizie sono nate proprio così: attraverso l’interazione quotidiana. Uso meno gli altri social, ma poco alla volta sto imparando. Hanno di buono che ti permettono di entrare in contatto con chi altrimenti non avresti conosciuto.

“Dicono che essere visti, finalmente visti, sia una benedizione che trasforma.”: quanto è vero per Carmen?

James Hillman ne era convinto. Anch’io credo che la percezione di sé passi anche attraverso l’esser visti, riconosciuti, dunque accolti. Clo dice “io ci sono”, ma nessuno glielo conferma. Si può morire di non amore: tutti avrebbe diritto per patto di nascita a un po’ di calore.

“Nell’ascolto si perfeziona il mistero di ciascuno”: oggi abbiamo solo voglia di parlarci addosso e mostrare tutto a tutti o siamo capaci di ascoltare?

L’ascolto è parte delle caratteristiche proprie dell’essere umano, oltre che uno dei sensi chiave. L’uomo racconta e ascolta storie da quando è al mondo, ne ha bisogno, ne ha sempre avuto bisogno; e il neonato stesso riconosce la voce della madre come un porto sicuro. Perdendo la capacità di ascoltare – come di fatto è già in parte accaduto – perdiamo uno dei requisiti dell’essere umano. Un gran peccato.

Quanto vuoto si può sopportare, Carmen?

Quando quel vuoto che ci affligge cominciamo ad arredarlo, ecco che si fa più sopportabile. Se poi qualcuno riesce a starci accanto, non necessariamente tirandoci via ma aiutandoci a guardarlo, anche standoci di fianco in silenzio, forse si può addirittura venirne fuori.

Come stai vivendo questi mesi di pandemia?

A fatica, come tutti. E con un senso via via più acuto di insofferenza verso le iniezioni quotidiane di paura. Che senso ha dirci adesso che non ne usciremo prima di due anni, che ci saranno ulteriori devastanti ondate? Chi dice di avere a cuore il nostro sistema immunitario dovrebbe sapere che tenerci nell’angoscia non lo fortificherà di certo. Dimenticano questo: finché c’è speranza c’è vita.

Che consiglio di sentiresti di dare a un giovane scrittore?

Di perseverare, di non farsi fermare dai rifiuti, dall’indifferenza in cui potrebbe imbattersi. Di vivere per la scrittura mentre scrive, ma poi di amare, di uscire a camminare, di godere di un paesaggio, di un tramonto: tutto gli tornerà utile quando riprenderà a scrivere e nel frattempo avrà vissuto.

Maria Pia Romano

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