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“Calpurnia, l’ombra di Cesare”, una donna destinata a vivere in silenzio le sorti di Roma

Occhi azzurri come il mare che scrutano.

Riccioli castani racchiusi in nastro chiaro, scomposti dal vento che ricopre la pelle, diafana, di minuscole gocce di schiuma salata.

Corporatura sottile fasciata da stoffa color malva.

Ricorda una ninfa. Ricorda Nausicaa.

 

È Calpurnia, la figlia di Lucio Pisone, cresciuta ad Ercolano, orfana di madre ma istruita da Filodemo e Lucrezio all’arte del pensiero, della filosofia, della dissertazione intellettuali.

 

Nel romanzo di Sonia Morgante, edito da Leone nel 2015, la incontriamo nella grazia e nella freschezza dei suoi diciotto anni quando il padre, Lucio Pisone, per agevolare la propria carriera politica, la consegna in moglie a Giulio Cesare, vedovo di Cornelia e padre di Giulia, coetanea di Calpurnia.

 

Ed è in quel momento che Calpurnia, con sul capo il velo rosso fiamma delle spose, abbandona l’infanzia per abbracciare la vita adulta, ferendosi le braccia e il volto con le spine e i rovi della Storia.

 

Sono i tempi del primo triumvirato; delle invettive di Catone contro l’abbandono dei mos maiorum; delle dispute in Senato e dell’ostruzionismo degli optimates; delle orazioni politiche di Cicerone; delle guerre in Spagna e Gallia; delle lotte sulla lex agragria.

 

Sono i tempi che ci ricordano il primo anno di ginnasio, secoli rinchiusi in mesi che profumano di carta e inchiostro e panini al prosciutto e lucidalabbra all’aroma di fragola.

 

Sono anche i tempi in cui Lucrezio scrive il De rerum natura, facendo propri i precetti filosofici epicurei e ritenendo che la religione, intesa soprattutto come superstitio, sia ostacolo alla conoscenza e, dunque, alla felicità. Dal punto di vista scientifico, elabora una dottrina evoluzionistica e atea che sarà ripresa nel corso dell’illuminismo.

 

Nel romanzo della Morganti lo conosciamo, tuttavia, come un fratello d’anima, quale esso è per Calpurnia, un uomo dall’indole malinconica che non cela la propria fragilità, figlia di una sensibilità umana rara e preziosa.

 

A Lucrezio la giovane sposa, nella solitudine della abitazione coniugale, dove di Cesare per anni resta solo l’effige marmorea, scrive lunghe lettere che ne rivelano lo stato d’animo e la contraddizione fra il ruolo imposto ad una donna romana, simboleggiato da Tacita Muta, dea degli Inferi, e la propria capacità di interpretare gli eventi e di amare.

 

Lucrezio non è l’unico destinatario delle missive: lo sarà anche Catullo, giovane poeta del nord, con il cuore rapito dalla cinica e egoista Clodia.

 

Sono tutti figli di Remo i protagonisti del romanzo “Capurnia. L’ombra di Cesare“.

 

Se Cesare è l’erede di Romolo, eroe e dio devoto solo a Roma e a se stesso, in continua sete di vittoria, chi lo circonda è invece figlio del fratello al cui sacrificio di sangue l’Urbe deve parte della sua grandezza.

 

Se Cesare è il sole, ossia luminoso, virile, trionfale, Calpurnia è l’ombra che ne ricalca perfetta il perimetro, mantenendo la dignità e la fedeltà, a costo di essere calpestata.

 

Di lei ci accenna Plutarco, narrando che, la mattina della congiura di Cesare, la moglie, pur non essendo vittima di muliebri superstizioni, ebbe presagi funesti, invitandolo, in conseguenza di essi, a non raggiungere il Senato. Null’altro.

Non abbiamo molte altre notizie certe di questa figura che attraversò per anni le strade di Roma e della Storia con delicato passo di danza.

Leggera come il vento, fresca come l’ombra, forte come il marmo.

Neppure il sole la bruciò.

 

Emma Fenu

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