Le indagini di Anita: 5 gialli di Alice Basso tra Torino anni ’30, Saturnalia e libertà
Anita è una dattilografa ventenne nella Torino di un’Italia del 1935. La sua vita indecorosa da ragazza lavoratrice è per la rivista “Saturnali” da quando ha osato dire “Ti sposo, ma prima voglio lavorare”: una frase che nessuna donna del regime si sarebbe mai sognata di pronunciare in tempi del genere.
Attorno a lei, Alice Basso crea un circolo di cinque, diversi libri con registri altrettanto diversi: un noir urbano, un giallo d’ambiente, un’indagine storica, un mystery di provincia e un romanzo di fuga; tutti pensati con l’intento di aiutare Anita nel perpetrare il suo intento di libertà e disobbedienza. Ma andiamo con ordine…
Si comincia da qui, dove Anita trascrive racconti hard-boiled americani: tra pistole, vicoli, whisky, e detective dal cappotto lungo; un modo totalmente diverso dalla Torino bene del Ventennio, dove le persone sono investite dal grigiore di città e seguono solo le parole della propaganda.
È per questo che è la sola a credere nella colpevolezza di un eroe di guerra, quando un’anziana donna viene arrestata perché sostiene sia in realtà un assassino.
Qui Basso calibra meravigliosamente la crescita della protagonista: dal ticchettio dei tasti alla decisione di uscire dall’ufficio, mettere il naso dove non si deve e misurarsi con la città reale — questure, pettegolezzi, compromessi, e un clima politico che premia il conformismo e punisce l’autonomia femminile.
La trama, tesa e nitida, fa di Anita un personaggio che non si limita a “capire” come i suoi detective americani, ma agisce. Ed è in questa azione che il romanzo si apre: la letteratura come allenamento alla giustizia.
Se il primo libro è un libro di apertura, il secondo può considerarsi quello della presa di posizione. Nella Torino del ’35, in cui la retorica del regime “protegge” le donne mentre le limita, Anita è sempre più un pesce fuor d’acqua: immersa nel lavoro e nelle storie che le vengono dettate da Sebastiano Satta Ascona, adesso più vicino che mai, si occupa di dattilografare il numero di “Saturnalia” che ruota attorno a donne detective: donne, capaci, brillanti, libere, come lei vorrebbe essere e come si sente in realtà; diversa dalle donne fasciste, che di libere non hanno nulla, e che dovrebbero temere qualcosa nel momento in cui il regime si fregia di onorarle davvero come tali.
Perciò, quando Gioia — una ragazza madre — viene trovata morta presso la villa dei genitori affidatari del figlio, non c’è modo di arrivare subito al dunque. Voci di corridoio mormorano che si tratto di un incidente, ma altri sussurrano che se la sia cercata.
Anita non la conosce, ma le basta un indizio per sentire che c’è una storia su cui indagare. Alice Basso sposta il giallo dal classico “chi ha ucciso?” al “chi decide che vale la pena indagare?”: una domanda politicamente potente.
Mentre cresce il gioco di sguardi con Sebastiano, Anita affonda a doppie mani nell’ipocrisia e fiuta la violenza sotto la protezione di un’Italia falsa e piena di morale.
Nel terzo libro si presenta Leo Luminari, grande regista che vuole portare sul grande schermo un racconto di “Saturnalia”. Per Anita è l’occasione di vedere il backstage della settima arte, intervistare attori, annusare costumi, imparare i tempi del set; ma l’incanto dura poco, giusto il tempo di un omicidio: Luminari viene trovato morto in una camera d’albergo.
L’ombra che cala non è solo quella del delitto, ma quella — più lunga e terribile — della censura fascista.
Alice Basso sa far cozzare due forze uguali e contrarie: la macchina dei sogni e la macchina del controllo.
Anita e Sebastiano hanno molto da proteggere ormai, tra idee, libri, piccole disobbedienze e segreti condivisi… e l’indagine diventa una corsa tra spade di scena e parrucche, dove i fondali nascondono archivi e i chiaroscuri fotografici nascondono minacce.
Sullo sfondo, un sogno ricorrente di Anita: un abito da sposa nero.
Siamo quasi giunti alla fine e la serie si sposta nelle Langhe per la vendemmia.
È un viaggio è di lavoro assieme a Sebastiano, ma la trasferta profuma come una vacanza per chi è sempre abituata all’ufficio e alla macchina da scrivere; tuttavia, l’idillio si incrina quando viene trovato il corpo di un ragazzo al limitare del bosco.
Anita scopre che il giovane faceva parte di uno scoutismo clandestino, proibito dal regime. L’ammirazione per quel coraggio si mescola alla paura: qui non si tratta più di stanare un colpevole; si tratta di capire un’idea. Alice Basso firma un giallo “naturale” e politico, in cui i sentieri tra i filari diventano tracce e il paesaggio diventa personaggio.
Il rapporto tra Anita e Sebastiano, nutrito di sguardi, battute e silenzi, si fa più vicino e l’indagine costringe Anita a chiedersi quanto è disposta a rischiare.
Il quinto e ultimo atto, così potremmo interpretarlo. Questo libro è forse il più incandescente: il romanzo della fuga.
È notte, una Balilla Spider Sport sfreccia nel buio, con al volante Anita, perché qualcuno la sta inseguendo. Fino a quel momento ne ha fatte tante di cose pazze, un elenco infinito, dalla scrittura sotto lo pseudonimo — J. D. Smith — con cui firma racconti gialli ispirati a fatti di cronaca all’intimità con Sebastiano; ma le spie sono decisamente qualcuno con cui non poter scherzare…
È davvero diventata protagonista di un suo stesso racconto?
Per la prima volta non sa come finirà. L’azione è più serrata, l’ironia più tagliente, la commozione più vicina alla gola.