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Alessandro Mari, “Lo scrittore è come un pugile”

Intervista all'autore di "Cronaca di lei", la storia di una ragazza e di un pugile "che lavorano con il corpo, due personaggi che il lettore deve sforzarsi di capire vedendoli agire

MILANO – “La vita di un narratore che non smette di narrare e di sperimentare in altri territori è paragonabile alla vita di un pugile. Sono mestieri solitari che abbisognano disciplina e allenamento, dove la tecnica ha un’importanza pari alla capacità di reggere il carico emotivo, psicologico. Entrambi, si presentano quasi nudi davanti a migliaia e milioni di occhi per andare incontro ai colpi della vita.” Il suggestivo paragone è opera dello scrittore e traduttore Alessandro Mari, in libreria con “Cronaca di lei“, la storia di una ragazza e di un pugile “che lavorano con il corpo, con il corpo nudo, due personaggi che il lettore deve sforzarsi di capire vedendoli agire, parlare, senza l’aiuto di un narratore che sveli tutti i loro pensieri e le loro emozioni.”

 

Da dove parte l’ispirazione per scrivere “Cronaca di lei”?

Cronaca di lei viene dalla voglia di raccontare cosa significa, per me, reggere l’urto della vita giorno per giorno, i suoi colpi leciti e proibiti, e anche i compromessi che talvolta accettiamo nel tentativo di restare in piedi – insomma: quanto può restare pura l’anima che dimora in un corpo assediato dal mondo, in lotta con il mondo? E poi sentivo di voler raccontare anche la fascinazione e il valore che, in quest’epoca dominata dall’esposizione e dalla sovraesposizione (e dai suoi pericoli), io attribuisco a certe forme di opacità. Osservare l’umano e le persone, guardarle, scoprirle senza accontentarsi – senza illudersi – di poterle intendere (o giudicare) da una sbobinata di pensieri o da uno scatto. In altre parole, sentivo di voler raccontare la dialettica tra esposizione e opacità. Cronaca di lei non è un saggio, non è una tesi che avanza per argomentazioni: è l’avanzare in un territorio abitato da cose molto diverse, che però diventano un’entità organica. Cronaca di lei è la storia di una ragazza e di un pugile che lavorano con il corpo, con il corpo nudo, due personaggi che il lettore deve sforzarsi di capire vedendoli agire, parlare, senza l’aiuto di un narratore che sveli tutti i loro pensieri e le loro emozioni.

 

Chi sono i due protagonisti del libro e cosa rappresentano?

I protagonisti di Cronaca di lei sono anzitutto lei, la ragazza senza nome, e il campione di pugilato Milo Montero. Ma in realtà i protagonisti sono quattro, come quattro sono gli angoli di un ring: la ragazza senza nome, Milo, Irene (manager e sorella di Milo) e Leo Ruffo, lo scrittore ingaggiato da Irene per scrivere la biografia del campione. Nella mia mente, tuttavia, i pugili migliori di questo romanzo – quelli che danno vita allo scontro più vero, brutale, impietoso e significativo – sono le due donne: la ragazza e Irene. Rappresentano due anime che, come dicevo, per resistere ai colpi della vita devono sporcarsi, intorbidarsi, sono costrette a chiedersi chi e cosa sono, cosa vogliono.

 

Nel romanzo non ci sono incisi o virgolette per distanziare i dialoghi dalle descrizioni. A cosa è dovuta questa scelta stilistica?

Parole e azioni, in questo romanzo, sono gli elementi a cui il lettore deve affidarsi quasi esclusivamente per provare a capire i personaggi in scena. E azioni, descrizioni e dialoghi sono, nella mia mente, ugualmente dignitosi e importanti: dunque non ho voluto segnali che li distanziassero, che li differenziassero.

 

Tra i suoi libri annovera un affresco dell’Italia risorgimentale, la storia del mondo di un adolescente, una graphic novel e molto altro. Cosa la porta a scegliere generi differenti e cosa hanno rappresentato per lei questi libri?

Di solito scrivo libri che mi piacerebbe leggere. Può apparire una considerazione egocentrica, autoreferenziale, ma è la verità: scelgo storie e forme di storie che mi piacerebbe incontrare nella mia vita di lettore, di ascoltatore di storie. E naturalmente, o almeno lo spero, per quanto diversi i miei libri sono tappe di un percorso. Ho esordito con un romanzo muscolare, abbondante, corale, generoso come Troppo umana speranza, sono passato da Gli alberi hanno il tuo nome dove, raccontando la traiettoria biografica di Francesco d’Assisi, io stesso ho spogliato il mio stile, l’ho asciugato, impoverito. Cronaca di lei è un passo avanti su questo sentiero, che però ha preso una direzione inedita.

 

Traduttore, scrittore, sperimentatore; che consiglio si sentirebbe di dare a tutti quelli che vorrebbero intraprendere questa carriera?

È una domanda per cui non ho una risposta semplice, diretta. L’unica cosa che ho capito io, in questi anni, è che la vita di un narratore che non smette di narrare e di sperimentare in altri territori è paragonabile, sotto certi aspetti, alla vita di un pugile. Sono mestieri solitari che abbisognano disciplina e allenamento, dove la tecnica ha un’importanza pari alla capacità di reggere il carico emotivo, psicologico. E se un pugile si presenta quasi nudo davanti a migliaia e milioni di occhi per andare incontro ai colpi della vita (penso all’avversario sportivo come alla vita, ai momenti della vita), uno scrittore fa una cosa tanto diversa?

 

photocredits: Riccardo Bianchi

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