Esistono diversi tipi e generi di libri, che principalmente potremmo dividere in due macro-categorie: quelli riflessivi e quelli di svago; oggi parleremo dei primi, quelli che non si limitano a raccontare una storia, ma portano il lettore a ragionare e rimuginare… Tra di essi, i più speciali sono quelli che, seppur scritti anni fa, sembrano appartenere a scrittori moderni.
Per questo, oggi abbiamo deciso di selezionarne alcuni che oggi possiamo leggere non solo come opere narrative, ma come vere e proprie profezie letterarie.
Libri di scrittori che sembra abbiano fatto un viaggio nel tempo
Quando li leggiamo oggi, con lo sguardo rivolto alla società contemporanea, proviamo un brivido e ci chiediamo come sia possibile che questi autori siano riusciti a immaginare così lucidamente il mondo che abitiamo.
Una letteratura visionaria, la loro, che ci mostra la direzione che stiamo prendendo: la distopia.
“Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood
Pubblicato nel 1985, il romanzo di Margaret Atwood è diventato negli ultimi anni un caposaldo della distopia, un simbolo di resistenza femminile e libertà. Ambientato in un futuro totalitario in cui la Repubblica di Gilead ha sottomesso le donne, riducendole a una sorta di incubatrici silenziose, o domestiche con la testa bassa, il libro racconta la vita di June — rinominata Difred—, una “ancella” costretta a partorire figli per i comandanti della nuova teocrazia.
Ciò che sorprende è l’attualità di questa distopia: la limitazione dei diritti, il controllo del corpo femminile, il fanatismo religioso che si trasforma in legge. Atwood non descrive un mondo impossibile: ogni dettaglio, come lei stessa ha dichiarato, è ispirato a eventi o pratiche realmente esistite. Ed è forse per questo che il romanzo continua a scuoterci, ricordandoci quanto la libertà sia fragile e vada difesa ogni giorno.
Ricordiamo tutti gli scandali che hanno seguito al 1985:
In Germania (1992) ci fu il cosiddetto “bambino di Erlangen” dove una donna di 18 anni, incinta di 15 settimane, fu dichiarata cerebralmente morta dopo un incidente e ciononostante il corpo fu mantenuto in vita per permettere lo sviluppo del feto — ma dopo alcune settimane la gravidanza s’interruppe spontaneamente.
In Texas (2014) il “Il caso di Marlise Muñoz”, anche lei dichiarata cerebralmente morta mentre era incinta di 14 settimane, anche lei mantenuta in vita — per giunta contro la volontà espressa in vita, perché una legge texana vietava di staccare il supporto vitale alle pazienti incinte—, ma il caso si è concluso con un’autorizzazione del giudice che ha approvato la decisione della donna.
Stato di Georgia (2025) il caso di “Adriana Smith”, una donna di 30 anni dichiarata cerebralmente morta dopo coaguli di sangue nel cervello e tenuta in vita per portare a termine una gravidanza: nonostante la famiglia avesse chiesto di staccare il supporto vitale, i medici l’hanno tenuta in vita per oltre tre mesi per consentire lo sviluppo del feto, in virtù delle severe leggi anti-aborto della Georgia (USA), che vietano l’interruzione di gravidanza dopo le sei settimane dalla fertilizzazione e riconoscono al feto diritti legali.
Alla fine, il feto — chiamato “Chance” — è nato prematuro via cesareo, dopo di che il supporto vitale è stato interrotto. La vicenda ha causato un forte dibattito pubblico su etica medica, autonomia del paziente, consenso e diritti legali del feto.
“Il racconto dell’ancella” non è un romanzo che parla di aborto in senso stretto. Parla di nascita, di vita, di decisione. È un romanzo dive i bambini sono importanti tanto quanto il corpo delle donne, ed è proprio per questo che le vesti rosse delle ancelle sono il simbolo della lotta femminile. Sembra davvero che Margaret Atwood abbia previsto tutto questo.
“Neuromante” di William Gibson
Quando uscì nel 1984, “Neuromante” sembrava fantascienza pura, un romanzo visionario che parlava di “cyberspazio”, hacker e intelligenze artificiali. Oggi, rileggendolo, è difficile non rimanere colpiti dal suo carattere profetico.
Case, il protagonista, è un cowboy del cyberspazio che si muove in una rete globale popolata da dati, intelligenze artificiali e sistemi di sorveglianza. Gibson inventò un lessico e un immaginario che avrebbero anticipato Internet, i mondi virtuali e persino la nostra ossessione per la tecnologia.
Oggi risulterebbe impossibile vivere senza tutto questo: uno schermo nero, un cellulare in mano, un computer e una connessione di dati, che però si rischia di perdere in continuazione con i plug-in.
Se allora poteva sembrare fantascienza, oggi ci appare come una profezia. Il capitalismo digitale ha trasformato i dati personali in risorsa primaria: ogni ricerca, ogni clic, ogni movimento viene registrato, archiviato e venduto. I social network sono diventati archivi viventi delle nostre vite, ma sotto il loro aspetto ludico e quotidiano si nasconde una gigantesca macchina di sorveglianza — e lo sanno bene i complottasti, che spesso non hanno nemmeno Facebook e navigano in rete con il terrore di essere tracciati.
Il nostro “corpo digitale” è costantemente monitorato: i gusti, le abitudini, persino le emozioni vengono profilati per orientare scelte politiche e consumistiche che potrebbero trovare il giusto paio di scarpe su Amazon, quel colosso delle vendite on-line.
La visione di Gibson anticipa dunque lo scandalo Cambridge Analytica, le campagne elettorali pilotate dagli algoritmi, la logica dei “cookies” che ci seguono ovunque. Ma anticipa anche la condizione attuale, in cui la libertà sembra coincidere con il consenso informato che diamo – spesso senza accorgercene – per cedere i nostri dati.
In questo senso, “Neuromante” non è solo un romanzo fondativo del cyberpunk, ma un ammonimento che ci riguarda tutti: la tecnologia non è neutra, e la privacy non è un diritto garantito, bensì un campo di battaglia in cui si decide il futuro della democrazia. E William Gibson con la sua scrittura frenetica e allucinata ci consegna non solo un romanzo di culto, ma la sensazione di leggere il manuale di istruzioni del nostro presente.
“Kallocaina” di Karin Boye
Scritto nel 1940 dalla poetessa e romanziera svedese Karin Boye, “Kallocaina” è meno noto rispetto ai classici della distopia — quale ad esempio “1984” di George Orwell —, ma la sua attualità è disarmante.
La trama ruota attorno a una sostanza chimica, la “kallocaina”, un siero della verità capace di estorcere confessioni a chiunque lo assuma; una macchina della verità senza fili, un’invenzione che si innesta in una società rigidamente controllata, dove lo Stato sorveglia ogni individuo e annienta l’intimità e la libertà di pensiero. In un’epoca segnata dalle dittature, Boye scrisse un romanzo che sembra parlare direttamente al nostro tempo, tra biometria, riconoscimento facciale e nuove forme di controllo invisibile.
Quando venne scritto, “Kallocaina” echeggiava delle ombre dello stalinismo e terrorizzava i suoi lettori con la realtà che mostrava tra le righe. Sembrò addirittura prevedere l’orrore dell’URSS, con il suo annullamento della sfera privata, la paura del tradimento del Partito, la ripartizione alimentare e il controllo sulle nascite. Un potere simile non poteva solo controllare i corpi, doveva anche accedere alle menti, controllarle un po’ come il “siero della verità” di “Kallocaina”…
Ed è per questo che oggi esistono i social, quei portali che molti usano come sfogatoio, o diario segreto, vomitando dentro tutti i loro pensieri senza nemmeno pensare a chi leggerà o meno. Una moderna kallocaina senza bisogno di iniezione. Spesso i datori di lavoro cercano informazioni sui futuri assunti proprio sui social: è lì che scoprono gli scheletri nell’armadio di Tizio o Caio, ed è ancora lì che il Paese a stelle e strisce ha deciso d’indagare, prima di far mettere piede a turisti e non, e decidere se è possibile farli sbarcare o meno.
Oggi, a distanza di quasi un secolo, il “siero della verità” resta la metafora estrema del controllo statale. Il libro colpisce non solo per l’idea visionaria, ma per la sua dimensione profondamente umana: la paura di perdere se stessi in un mondo dove la sincerità diventa un obbligo, e non più una scelta.
“Il mondo nuovo” di Aldous Huxley
Pubblicato nel 1932, “Il mondo nuovo” resta una delle più inquietanti profezie letterarie. In un futuro dominato dalla scienza e dalla tecnologia, gli esseri umani non nascono più da madri, ma vengono prodotti in laboratorio e condizionati fin dall’infanzia per accettare il proprio ruolo sociale.
L’ossessione per il consumo, il culto della felicità artificiale garantita da una droga chiamata soma , la perdita di individualità a favore di un ordine collettivo: tutto questo risuona con forza anche oggi, in un mondo dove il benessere viene spesso confuso con l’anestesia delle emozioni e il progresso tecnologico sembra cancellare ogni fragilità.
Probabilmente, negli anni in cui Huxley scriveva “Il nuovo mondo” aleggiava ancora il sogno — o l’incubo — di una scienza nazista capace di sostituirsi del tutto alla natura, fino alla possibilità di nascite senza madri e di esseri umani prodotti in laboratorio. Quella visione, che nel romanzo diventa distopia, sarebbe stata in seguito strumentalizzata anche dal nazismo con i suoi esperimenti aberranti, che nulla avevano di scientifico ma che riflettevano un’ossessione simile: il controllo totale sul corpo umano.
Huxley, però, non si limitò a immaginare un futuro di clonazioni e riproduzione artificiale: colse soprattutto l’altro grande ingranaggio che avrebbe mosso il mondo moderno, cioè il consumismo. Su questo fu drammaticamente profetico: l’entrata in gioco degli Stati Uniti con la società di massa e, più tardi, la Cina come fabbrica globale hanno generato il sistema in cui viviamo, dove la logica del consumo pervade ogni aspetto della vita quotidiana.
Eppure, ciò che rende davvero inquietante il romanzo è la descrizione di una felicità obbligatoria. Ne “In mondo nuovo” il dolore, la malattia, la malinconia vengono cancellati con il soma, una droga che anestetizza le coscienze e garantisce la pace sociale. È un meccanismo che possiamo riconoscere anche oggi, seppure in forme più sottili: un intrattenimento incessante, la pressione a essere sempre “positivi”, la ricerca compulsiva di distrazioni che evitino di farci pensare troppo e l’uso smodato di alcol e sostanze psicoattive di cui fanno eccessivamente giovani e meno giovani.
Come nel romanzo, non siamo liberi di scegliere la felicità vera: ci viene venduta. Huxley ci mette in guardia da un futuro in cui la libertà non viene tolta con la forza, ma ceduta volontariamente in cambio di comfort.
“Noi” di Evgenij Zamjatin
Scritto nel 1921 e pubblicato solo nel 1924 a causa della censura sovietica, “Noi” è considerato il capostipite dei romanzi distopici. Zamjatin immaginò uno Stato Unico dove ogni cittadino vive in appartamenti di vetro, sorvegliato costantemente, e dove persino i rapporti amorosi sono regolati da calendari ufficiali.
Il protagonista, D-503, è un ingegnere che inizia a dubitare del sistema e a scoprire cosa significhi provare desiderio, gelosia, amore. Ma in un mondo che elimina ogni forma di individualità, i sentimenti diventano una colpa.
“Noi” ispirò direttamente Orwell per “1984” e Huxley per “Il mondo nuovo”. Riletto oggi, resta un monito sulla disumanizzazione prodotta dal totalitarismo e sulla lotta, fragile e disperata, per conservare la propria interiorità.
Può benissimo essere paragonato ai social network, se ben ci pensate, perché quegli appartamenti di vetro altro non sono che i social network che tanto frequentiamo e che assiduamente aggiorniamo con foto, video, frasi e commenti. Invece di muri di vetro, abbiamo schermi che ci invitano a condividere tutto. Non è lo Stato a obbligarci, ma la promessa di approvazione, di “like”. E proprio come in Noi , il rischio è che l’intimità svanisca, che la spontaneità sia sostituita dalla performance, che ognuno diventi trasparente e quindi vulnerabile.
Le nostre vite non sono forse scandite da tabelle di marcia? Quanti, la mattina si svegliano e prendono in mano il telefono? Quanti sanno che all’ora ics dovranno girare il video per aggiornare il profilo su Instagram o TikTok? “Noi” non descrive un futuro lontano: fotografa il presente.