5 libri per conoscere Carlos Ruiz Zafón

24 Settembre 2025

Da "L’ombra del vento" a "Il labirinto degli spiriti", passando per "Marina": 5 libri essenziali per entrare nel mondo di Carlos Ruiz Zafón, con trame estese.

5 libri per conoscere Carlos Ruiz Zafón

Carlos Ruiz Zafón è lo scrittore spagnolo che più di ogni altro ha trasformato Barcellona in un luogo dell’immaginario: una città-labirinto dove la nebbia odora di inchiostro e i libri custodiscono promesse e minacce.

Dalla narrativa “giovanile” intrisa di gotico e avventura ai grandi romanzi del “Cimitero dei Libri Dimenticati”, Zafón ha costruito un universo coerente fatto di biblioteche segrete, destini intrecciati, padri e figli smarriti, amori che sfidano il tempo.

5 libri che camminano con Zafon

Per entrare davvero nel suo mondo e ripercorrere le orme del suo sapere creativo, noi di Libreriamo abbiamo scelto cinque da proporvi.

H3 “L’ombra del vento” (2001)

Barcellona, 1945: all’alba, il libraio Sempere accompagna il figlio Daniel nel Cimitero dei Libri Dimenticati, una biblioteca segreta dove chi entra deve “adottare” un volume e proteggerlo per tutta la vita.

Daniel sceglie un romanzo intitolato “L’ombra del vento”, che appartiene a uno scrittore quasi ignoto: Julián Carax. Crescendo, scopre che qualcuno – un uomo che si fa chiamare Laín Coubert, come il diavolo in uno dei libri di Carax – sta bruciando sistematicamente tutte le copie delle sue opere.

Ma perché? Chi è davvero Carax? La ricerca di Daniel si allarga tra archivi polverosi, lettere perdute, una casa in rovina che sembra custodire un delitto, e soprattutto l’amicizia con Fermín Romero de Torres, ex spia e clochard dalla lingua tagliente, che diventa alleato e controcanto comico-sapienziale.

Sul fondale cupo della Barcellona franchista, tra censura e polizia politica, Daniel si innamora di Beatriz e si specchia nella parabola di Carax: due destini che si toccano a distanza, uniti da una domanda sul potere salvifico — e distruttivo — della letteratura.

Zafón fonde così un romanzo di formazione, feuilleton, noir e gotico urbano in una macchina narrativa perfetta: case che respirano, antagonisti d’ombra, biblioteche come labirinti morali. È la porta d’ingresso al suo universo e il manifesto di un’idea chiave: i libri ricordano ciò che il mondo vuole dimenticare.

“Il gioco dell’angelo” (2008)

Ci troviamo negli anni Venti. David Martín è un giovane scrittore che macina notti per fabbricare romanzi popolari sotto pseudonimo, spremuto da editori senza scrupoli e tormentato da un male che gli rode la vita.

Vive in una casa-gargoyle su Avenida del Tibidabo, dove pare che i muri trattengano segreti altrui, ed è lì che rimarginerà sull’offerta di Andreas Corelli, mecenate elegante e ambiguo: scrivere un libro “nuovo”, capace di fondare una religione.

In cambio, quell’uomo gli offre salute, denaro e consacrazione.

Che sia un patto demoniaco? Solo suggestione, o truffa? La città si fa più buia, i confini tra realtà e allucinazione si frantumano: David scopre che in quella stessa casa è avvenuto un delitto legato a un manoscritto maledetto; incontra i Sempere — padre e figlio — e il Cimitero dei Libri Dimenticati, che diventa bussola e rifugio.

Il romanzo è la faccia oscura dell’“Ombra”: stesso universo, tono più tenebroso.

Qui Zafón interroga il prezzo dell’immaginazione e dell’industria editoriale, trasformando l’angelo del titolo in un doppio: musa e carnefice. Tra amori impossibili, editori vampirici, investigatori di carta e sacerdoti del segreto, “Il gioco dell’angelo” spinge al massimo il gotico metafisico di Zafón e lascia aperte fenditure che risuoneranno nei volumi successivi.

“Il prigioniero del cielo” (2011)

È il 1957, quando “In libreria dai Sempere & Figlio” arriva uno sconosciuto che compra una costosissima edizione de “Il Conte di Montecristo” e lascia una dedica sibillina indirizzata a Fermín.

Questo è l’innesco per scoperchiare il passato introvabile dell’amico più amato di Daniel: attraverso un lungo flashback, torniamo ai carceri di Montjuïc, tra fame, torture e corruzione. Incontriamo Mauricio Valls, direttore colto e feroce, che colleziona scrittori prigionieri come trofei; e, tra loro, un nome-chiave che lega le trame precedenti.

“L’evasione di Fermín” – ingegno, travestimenti, solidarietà tra reietti – è un romanzo nel romanzo, la prima parte de “Il prigioniero del cielo”, dove brillano umorismo disperato e codici d’onore.

Tornati al presente, Daniel comprende che la sua famiglia è più invischiata di quanto pensasse in quella rete di ricatti e silenzi. “Il prigioniero del cielo” funziona come cerniera della saga: recupera fili narrativi dell’“Ombra”, illumina le ombre del “Gioco” e prepara il terreno all’ultima tappa. Tono più agile, aria da cappa e spada senza perdere il peso della Storia: Zafón ribadisce che, in una Barcellona piena di maschere, l’unica verità stabile è la lealtà tra amici.

“Il labirinto degli spiriti” (2016)

La saga si chiude con una figura nuova e potentissima: Alicia Gris, sopravvissuta alla guerra e investigatrice per una sezione segreta del regime, corpo ferito, mente affilatissima.

Le affidano un caso ad alto rischio: la sparizione del ministro Mauricio Valls, già direttore del carcere di Montjuïc. Indagare su Valls significa attraversare stanze proibite del potere franchista e riaprire dossier che toccano David Martín, i Sempere, Fermín, editori e preti-ombra: l’intero mosaico del “Cimitero dei Libri Dimenticati” si ricompone davanti ai nostri occhi.

Alicia e il collega Vargas si muovono in una Barcellona notturna e barocca, tra archivi segreti, fotografi ricattatori, teatri polverosi e libri fantasma capaci di far crollare carriere e governi.

Lo stile si fa più thriller senza rinunciare al respiro epico; i nodi si sciolgono senza smontare la magia. Qui Zafón mostra la sua piena maturità: unire politica, sentimento, mito librario e un finale che non è solo risposta, ma atto d’amore verso i suoi personaggi e i lettori.

Usciti dal Labirinto, capiamo che il Cimitero non è un luogo: è una fedeltà – alla memoria, alle storie, a chi le custodisce.

“Marina” (1999)

Scritto tra il 1997 e il 1999, “Marina” rappresenta uno dei romanzi più intimi e suggestivi di Zafón: pubblicato in Spagna alla fine degli anni Novanta, ma arrivato in Italia solo nel 2022, dopo il successo mondiale della saga del “Cimitero dei Libri Dimenticati”. È un dettaglio importante, perché la sua scrittura precede “L’ombra del vento”, e leggerlo oggi ci permette di cogliere i semi di quello stile gotico, avvolgente e malinconico che avrebbe reso celebre lo scrittore.

La vicenda ci porta nella Barcellona degli anni Settanta, attraverso gli occhi di Óscar Drai, studente in un collegio che trova sfogo alle sue inquietudini nelle esplorazioni solitarie della città. Un giorno, attratto da una musica misteriosa, entra in una villa decadente e conosce Marina e suo padre Germán. Da quel momento la sua adolescenza si intreccia con una rete di segreti, promesse spezzate e fantasmi del passato che si annidano nelle vie più oscure della città.

È un romanzo di formazione, di amori acerbi e di perdite, che affonda le mani nella dimensione più gotica e romantica di Barcellona, trasformandola in un vero e proprio personaggio. Consigliamo di leggerlo subito dopo “L’ombra del vento” o in parallelo: non solo perché “Marina” nasce prima ed è in qualche modo la “palestra” in cui Zafón mette alla prova i temi che poi esploderanno nella sua tetralogia, ma anche perché mostra il lato più fragile e personale dell’autore.

È il libro che permette di capire da dove tutto è cominciato, e perché la Barcellona zafoniana non smette di stregare generazioni di lettori.

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