4 (piccoli) libri da leggere mentre sorseggi il caffè

30 Settembre 2025

4 libricini che puoi leggere a colazione, mentre bevi il caffè: racconti brevi e intensi da gustare come un espresso. Poche pagine, ma grande contenuto.

4 (piccoli) libri da leggere mentre sorseggi il caffè

Ormai lo avrete capito, noi di Libreriamo adoriamo leggere in ogni momento della giornata e sappiamo che, per scandire la routine senza cadere nella noia, c’è bisogno di qualità, varietà e tanta curiosità sin dal primo mattino. Per questo amiamo proporvi piccoli libri da leggere al bar, o in casa, di fronte una tazzina di caffè.

4 libri brevi come un espresso, ma abbastanza densi da lasciare un segno

Perché non serve la mole di un tomo per lasciare il lettore stordito o in contemplazione: certi libri funzionano come i caffè a metà mattina.

Sono opere sottili, eleganti, a volte dimenticate, altre rispolverate da editori coraggiosi, che condensano riflessioni immense in poche decine di pagine. Si leggono in un sorso, ma restano dentro come l’aroma del chicco sul palato.

Che si tratti di un mito immortale, di un racconto raro e provocatorio, di un viaggio nei paradossi dell’identità o della risata gigantesca di un essere non proprio umano, questi testi libricini hanno in comune la capacità di sorprendere il lettore. Sono “caffè letterari” in formato tascabile: amari, intensi, dolci, a volte persino corrosivi.

“Amore e Psiche” di Apuleio – Sellerio Palermo

Un mito che sembra una fiaba, una storia d’amore profonda come un trattato filosofico: è questa la cosiddetta “favola di Amore e Psiche”, edita per Sellerio Palermo con il semplice titolo “Amore e Psiche”.

Incastonata come un cammeo prezioso nell’“Asino d’oro” di Apuleio, appartiene a questa categoria rara: un racconto che scivola tra mito, allegoria e riflessione sull’animo umano.

La vicenda è semplice, quasi archetipica: Psiche, mortale di bellezza straordinaria, suscita l’invidia di Venere, che manda suo figlio Cupido (Amore) a punirla. Ma Cupido, vedendola, si innamora e disubbidisce alla madre.

Comincia così un amore segreto, fatto di notti nell’oscurità, di carezze senza volto e di promesse infrante.

Ma, quando Psiche si lascia convincere dalle sorelle e, spinta dalla curiosità, osa guardare l’amante alla luce di una lampada, perde tutto: Amore si sveglia e fugge, e per riconquistarlo Psiche dovrà affrontare delle prove impossibili imposte proprio da Venere.

Alla fine, però, la resilienza di Psiche e l’intervento degli dèi conducono al lieto fine: l’immortalità e l’unione eterna con l’amato.

Ridurre “Amore e Psiche” a una semplice “favola”, così come fanno alcuni titoli, è però ingiusto. Dentro questa narrazione breve si condensano riflessioni enormi: la tensione tra desiderio e conoscenza, la fragilità del rapporto di coppia quando si pretende di svelare troppo, la durezza delle prove che ogni essere umano affronta per raggiungere la propria “pienezza”.

Psiche – che in greco significa “anima” – diventa l’emblema di ogni percorso interiore, di quel viaggio che tutti compiamo tra cadute, errori e rinascite. È un librino che fa riflettere: quante relazioni si incrinano nel momento in cui la curiosità diventa sospetto? L’amore chiede un atto di fiducia totale che spesso non sappiamo dare. Basti pensare alle coppie che si lasciano per una semplice password social — quelle che la pretendono e quelle che, invece, scoprendola da sé scoperchiano “il vaso di Pandora” (per rimanere in tema).

“Il tatuaggio e altri racconti inediti” di Georges Eekhoud – Via del Vento

Con “Il tatuaggio e altri racconti inediti”, edito da Via del Vento, riscopriamo uno scrittore belga che già a fine Ottocento ebbe il coraggio di portare in letteratura ciò che la società borghese del tempo rifiutava: gli emarginati, gli operai, i giovani ribelli, gli amori “scandalosi”.

Georges Eekhoud (1854-1927), autore di lingua francese, si impose con una prosa ruvida, visionaria e insieme partecipe, che fece dell’omosessualità e della difesa dei reietti due assi portanti della sua opera. Questo volumetto raccoglie cinque racconti finora inediti in Italia, che restituiscono intatta la forza di un autore capace di dare dignità letteraria a chi viveva ai margini.

Nelle sue pagine troviamo feste popolari gremite di apprendisti, giovani donne di campagna dalla sensualità trattenuta, figure bollate come delinquenti dal moralismo dominante e invece ritratte con una vitalità inquieta, ribollente “come in un tino”, per usare le stesse immagini dell’autore.

La scrittura di Eekhoud alterna la descrizione minuta della miseria sociale a improvvisi lampi lirici, che trasformano la carne dei corpi in simbolo di resistenza, di desiderio e di vita autentica.

È un realismo che non teme di sporcarsi, anzi: guarda in faccia la marginalità e ne restituisce la potenza, anticipando per certi versi quel filone di letteratura sociale e queer che solo un secolo dopo avrebbe trovato maggiore legittimazione. La lettura di questi racconti diventa allora anche un atto politico e critico.

Non si tratta solo di recuperare un autore minore della Jeune Belgique, amico di Zola e Verlaine, ma di interrogare le contraddizioni ancora vive nel nostro presente: chi consideriamo “altro”, chi definiamo “deviante”, e come la letteratura possa restituire voce a chi è stato silenziato.

Non sorprende che Eekhoud sia stato oggetto di scandali giudiziari per romanzi come Escal-Vigor (1899), il primo in Belgio a trattare esplicitamente il tema dell’omosessualità. Il merito di questo libricino sta proprio nella sua misura: nel formato agile, ma denso di immagini e di pensiero, che permette al lettore di assaporare una prosa insieme aspra e poetica, senza mediazioni.

È il genere di libro che, letto accanto a un caffè, obbliga a sollevare lo sguardo dalla pagina per interrogarsi sul rapporto tra desiderio, esclusione e società.

“I fiori di Pirandello” di Luigi Pirandello – Alter Ego

Questo libricino riunisce sei novelle tratte dal vasto ciclo delle “Novelle per un anno”, il progetto monumentale in cui Pirandello voleva arrivare a scrivere una storia per ogni giorno dell’anno — fermandosi a 225 testi, come se il tempo stesso gli avesse tarpato le ali.

Nonostante la brevità, queste novelle sono piccole sculture di vita quotidiana, in cui il riso scoppia amaro, la tenerezza si rovescia in ironia e l’ordinario rivela crepe di follia.

I personaggi, uomini e donne di provincia, funzionari, madri, impiegati, piccoli borghesi, sono tutti intrappolati in ruoli che li soffocano.

Pirandello li osserva con la sua lente impietosa: non li giudica, li smonta. Basta un equivoco, un dettaglio insignificante, e il fragile equilibrio delle loro vite si spezza, lasciando emergere il grottesco che li abita.

In questo senso le novelle sono fiori strani, dal profumo ambiguo: attraggono e turbano, come petali che si aprono solo per mostrare spine.

C’è sempre un doppio registro: la risata e l’amarezza, la caricatura e il dolore autentico, la maschera e la verità. È l’umorismo pirandelliano, che non consola ma ferisce.

Una delle cifre più potenti della raccolta è proprio questa capacità di mostrare il paradosso: come una società ordinata possa partorire storie assurde, come una vita regolata possa scivolare nel surreale.

Ogni racconto è un piccolo laboratorio in cui l’identità implode, svelando la precarietà di ogni ruolo; un caffè amaro: breve, intenso, con un retrogusto che resta a lungo. È un libricino che si può tenere in tasca, ma che non lascia in pace. Il suo “piccolo” formato editoriale contrasta con la densità dei temi trattati: l’alienazione, la maschera sociale, il dramma quotidiano.

Ed è proprio in questo scarto che risiede la sua forza: la capacità di ricordarci, con poche pagine, che ridere e soffrire sono spesso due facce della stessa medaglia.

“Gargantua” di Jules Gourdault – Astarte Edizioni

Il piccolo volume di Jules Gourdault dedicato a Gargantua, recentemente pubblicato in Italia da Astarte Edizioni nella collana “Storie e leggende dal Mediterraneo”, restituisce al lettore contemporaneo la forza simbolica e la potenza immaginifica di uno dei miti popolari più celebri della tradizione francese.

Ci troviamo in riva al fiume Loira, in un paesaggio che profuma di Medioevo e di banchetti rabelaisiani; qui il principe Grangola trascorre le sue giornate abbandonato ai piaceri della tavola, in un’esistenza opulenta e oziosa che sembra preludere a una discendenza altrettanto fuori misura.

Quando la moglie Gargamelle mette al mondo un bambino, l’evento porta con sé un presagio di grandezza: invece di piangere, il neonato grida con voce tonante “Da bere! Da bere!”, tanto potente da farsi sentire oltre il ponte di Tours. Il padre, stupefatto, decide di chiamarlo Gargantua, nome che diverrà leggenda.

Questa nascita prodigiosa non è soltanto un aneddoto fiabesco: rappresenta il trionfo della vitalità, dell’eccesso e della forza primordiale del corpo. Nel piccolo libricino si concentra tutta la poetica dell’abbondanza che rese celebre il personaggio in Francia, simbolo di una cultura popolare che mescola il comico e il grottesco, l’eroico e il triviale. Non a caso “Gargantua”, già raccontato da Rabelais nel XVI secolo, è stato più volte ripreso e reinterpretato, e Gourdault ne offre una versione agile e scorrevole.

Dal punto di vista critico, “Gargantua” si inserisce in una linea narrativa che esplora il rapporto tra uomo, natura e società attraverso l’esagerazione dei tratti fisici e morali. Il gigantismo del protagonista è un modo per riflettere, con ironia, sulla sproporzione tra i desideri umani e i limiti imposti dalla realtà.

Se Rabelais ne faceva una satira della cultura e del potere del suo tempo, Gourdault restituisce il mito nella sua essenzialità favolistica, adatta a essere tramandata e riletta in chiave universale. La scelta di pubblicare un testo così breve e compatto – appena 93 pagine, in edizione tascabile – risponde anche a un gusto moderno per le letture rapide, che tuttavia non rinunciano alla densità simbolica.

Gargantua, con il suo primo grido che reclama da bere, ricorda a ogni lettore che il bisogno primario di nutrimento è anche metafora di conoscenza, desiderio e sete di vita. Un’opera minuta, ma che conserva intatto il potere archetipico di un mito capace di attraversare i secoli.

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