C’è chi la ama, chi ne avverte il bisogno quasi fisiologico, e chi ne è profondamente atterrito. La solitudine, l’atto – fisico e metafisico – di rimanere da soli può spaventare per tutte le implicazioni che comporta. Ma se per una volta provassimo a starci dentro, a contemplarla per trovarne gli aspetti positivi? Ecco tre romanzi perfetti da leggere per chi ha paura della solitudine.
Tre romanzi per chi ha paura di restare solo
Restare soli può significare tante cose: trascorrere del tempo in solitaria, andare a cena o al cinema senza compagnia, organizzare e intraprendere un viaggio da sé… Può voler dire dormire in una casa vuota, sentire silenzio intorno a sé. A volte decidiamo di stare da soli. Altre volte ne necessitiamo. Altre ancora, la solitudine non dipende da noi. Ma come si fa ad apprezzarla, a comprendere il valore della solitudine senza temerla?
Nei tre romanzi che suggeriamo di seguito, i protagonisti vivono vite molto diverse l’una dall’altra. La costante è una, però: imparano ad apprezzare della loro esistenza ogni singolo istante, proprio grazie alla solitudine.
“Austerlitz” di W.G. Sebald
Il protagonista di “Austerlitz” è un uomo alla ricerca di se stesso. Il romanzo, complesso e articolato, invita a riflessioni profonde sul proprio io e sul modo che abbiamo di stare al mondo.
Jacques Austerlitz è un professore di storia dell’architettura, studioso di quei luoghi che, soprattutto nell’Ottocento, tendevano ad assumere forme involontariamente visionarie. Alto, dinoccolato, molto somigliante a Wittgenstein cui lo accumuna un vecchio zaino che costantemente porta in spalla, Austerlitz vive a Londra in un appartamento spoglio, privo di affetti e povero di amicizie.
Dietro la sua dottrina si spalanca il vuoto. Austerlitz semplicemente non sa chi è e a un certo punto si mette alla “ricerca delle proprie tracce”. Il passato riemerge lentamente ed è lacerante: tutta la sapienza dell’autore sembra concentrarsi in questo itinerario di ricerca assolutamente angosciante.
“Una solitudine troppo rumorosa” di Bohumil Hrabal
Per chi desidera un’opera breve ma intensa, sensibile e originale, suggeriamo “Una solitudine troppo rumorosa” di Bohumil Hrabal.
A Praga, un uomo lavora da anni a una pressa trasformando carta da macero in parallelepipedi armoniosi e sigillati, vivi e morti a un tempo perché in ciascuno pulsa un libro che l’uomo vi ha imprigionato, aperto su una frase, un pensiero: sono frammenti di Erasmo e Lao-tze, di Hoelderlin e Kant, del Talmud, di Nietzsche.
Professionista della distruzione di libri, l’uomo li crea incessantemente sotto forma diversa, e dal suo mondo infero promuove un suo speciale sistema di messaggi.
“Stoner” di John Williams
Come terzo consiglio di lettura perfetto per chi teme la solitudine e vorrebbe invece apprezzarne le implicazioni positive suggeriamo “Stoner”, un autentico caso editoriale statunitense che ha conquistato i lettori di tutto il mondo a distanza di anni dalla scomparsa del suo autore. Un romanzo che non racconta nulla di più di una vita. Una vita vissuta giorno dopo giorno, proprio come noi viviamo le nostre.
Nato in una famiglia di contadini poveri, Stoner scopre in sé una passione struggente per la letteratura e diventa professore. “Stoner” è dunque la storia di un uomo che conduce una vita semplice al limite della frugalità, una vita che lascia poche tracce.
Ma “Stoner” è molto di più: è un romanzo sull’amicizia, sul matrimonio, sull’ambiente universitario, un romanzo sociale e – non da ultimo – un romanzo sulla fatica e sulla resistenza. Sul duro, implacabile lavoro nelle fattorie, sull’impegno che richiede la vita matrimoniale, sulla difficoltà di allevare con paziente empatia una figlia all’interno di una famiglia avvelenata, e sul tentativo di avvicinare alle meraviglie della letteratura studenti universitari spesso insensibili.
È soprattutto un romanzo sull’amore: amore per la poesia e per la letteratura, ma anche amore romantico. È un romanzo su cosa significa essere umani.