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Come dovrebbe essere il primo giorno di scuola secondo D’Avenia

Nel suo articolo di oggi sul Corriere della Sera, Alessandro D’Avenia ci racconta la gioia che dovrebbe esserci del primo giorno di scuola

Nel suo ultimo articolo sul Corriere della Sera, Alessandro D’Avenia ci racconta come dovrebbe essere il primo giorno di scuola. Questo è effettivamente il terzo anno scolastico vissuto con il Coronavirus e quello che forse, in teoria, spaventa un po’ meno. D’Avenia ci spiega, da insegnante, la gioia che dovrebbe essere presente nei ragazzi in questo periodo.

Un primo giorno all’insegna dell’entusiasmo

Dopo gli ultimi due anni passati a fare lezione davanti ad uno schermo, con la continua speranza di un ritorno alla normalità soffocata però dalla paura dei contagi, la scuola finalmente riparte in presenza. Ciò di cui parla D’Avenia, però, riguarda lo stato soprattutto psicologico dei ragazzi che, reduci da una pandemia che ha tarpato loro le ali, togliendogli la compagnia e gli stimoli di cui vivevano, hanno sì l’entusiasmo di tornare in classe, ma il problema della noia, che già prima metteva in difficoltà l’insegnamento e il rapporto ragazzi-insegnanti, resta in agguato. Ciò che bisognerebbe fare, spiega D’Avenia, è stimolare gli studenti mettendoli al centro del sistema scolastico.

Umberto Galimberti, "Una persona non empatica non può fare il professore"

Umberto Galimberti, “Una persona non empatica non può fare il professore”

Così il filosofo Umberto Galimberti è intervenuto durante un forum sulla scuola. “Se una persona non è empatica e coinvolgente non può fare il professore. È qualcosa che non si può imparare”

 

Dalla parte degli studenti

La scuola e lo studio non devono essere considerati fine a sé stessi. Gli insegnanti, soprattutto in un periodo del genere dove fare lezione mantenendo un certo spirito è stata una vera e propria impresa, devono concentrarsi sull’entusiasmo dei ragazzi che vogliono tornare ad avere rapporti sociali autentici. Alessandro D’Avenia spiega come lo studio non debba essere finalizzato alla mera interrogazione, ma al futuro dello studente. Il rapporto con i ragazzi si costruisce anche e soprattutto con gli insegnamenti fuori programma. Bisogna saper parlare ai giovani con lo scopo di farli innamorare di ciò che trovano sui libri e fuori.

Le parole di D’Avenia

“Nella mia esperienza i ragazzi ti seguono ovunque se vedono che ciò che racconti ti ha cambiato la vita, che il fine per cui studiare sono loro e non solo l’interrogazione, che conoscere qualcosa li renderà più liberi e felici, perché proprio quel qualcosa ha reso più liberi e felici noi.”

Photo Credit: Alexdavenia

Alice Turiani

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