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La lettura a scuola non va imposta, ma accompagnata

C’era una volta nelle scuole  italiane la lettura ad alta voce e  c’è  chi crede ancora in quella fortunata tipologia e tenta di ripristinarla. Dico fortunata perché il fine primario era esclusivamente appassionare, formare il futuro lettore. I programmi scolastici non miravano a raggiungere finalità sulle competenze linguistiche e narratologiche come ai nostri giorni.

Finalità funzionali  di analisi sottili che molto spesso fanno odiare la lettura ai giovani intesa come un obbligo imposto dall’esterno, trasformandoli a vita  in un nemico dei libri e delle librerie. Alludo alla seconda edizione di “Libriamoci” – l’iniziativa di lettura ad alta voce – promossa dal ministero della Pubblica Istruzione e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT) attraverso il Centro per il libro e la lettura – che mira a coinvolgere le scuole italiane dalle elementari alle superiori e che si si svolgerà dal 26 al 31 ottobre.  Agli incontri partecipano scrittori, giornalisti, attori, artisti che si recheranno nelle classi e leggeranno ad alta voce i testi che li hanno affascinati di più nella loro esperienza per stimolare gli studenti alla lettura e per  superare un pregiudizio assai diffuso su di essa, ossia la percezione che sia un’attività legata esclusivamente allo studio e allo svolgimento del programma scolastico.

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Mediante la lettura ad alta voce  – secondo  gli organizzatori – i ragazzi saranno coinvolti in essa e ne potranno cogliere il piacere. E’ un obiettivo ambizioso perché ha lo scopo di trasformare il dovere di leggere in passione per la pagina scritta perché leggere è uno straordinario strumento di ginnastica mentale che permette di allenare l’immaginazione in un mondo dominato dalle immagini. Naturalmente, tocca alla scuola poi dare un seguito organico a tale progetto e considerare la lettura un’attività disinteressata, un’avventura mentale indelebile che serve a formare il lettore per l’intera esistenza. Ce n’è bisogno. Infatti, secondo il rapporto di Save the Children in Italia la povertà cognitiva dei bambini e adolescenti privi di occasioni di formazione e sviluppo del pensiero è preoccupante ed è imputabile sostanzialmente  alla carenza di lettura. Correttamente, pertanto, il presidente del Centro del libro e della lettura Romano Montroni ha affermato che «non aiutare i ragazzi a leggere di più significa di fatto privarli di un futuro» e che «queste lacune non si ripercuotono solo sulla vita del singolo individuo, ma inficiano lo sviluppo dell’intero Paese». Dipende dagli adulti e in primo luogo dalla scuola – dunque – saper trasmettere la passione per la lettura ai ragazzi.

 

Giuseppe Sangregorio

7 ottobre 2015

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