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Show don’t tell, ovvero Fellini, il dentifricio e il vetro di Chekhov

Continua la nostra rubrica "Come diventare scrittore" curata da Giulio Ravizza, che in questo episodio consiglia di mostrare e non dire ciò che succede durante la scrittura di un libro

Come per l’articolo su come mantenere l’attenzione alta, il mio mondo (quello della pubblicità) è ottimo consigliere anche per questo principio universale della narrazione. La traduzione letterale di show, don’t tell già fornisce un’indicazione: bisogna mostrare le cose, non dirle. 

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Continua la nostra rubrica “Come diventare scrittore” curata da Giulio Ravizza. In questo appuntamento scopriremo i motivi validi “per non scrivere” un libro

Per carità, si può anche pubblicizzare un dentifricio con l’argomento “Il dentifricio XY rende i tuoi denti più bianchi”, ma è molto più efficace mostrare l’effetto di avere i denti bianchi. Concretamente, significa optare per un racconto in cui si mostra un personaggio i cui denti sono così luminosi che questi è sicuro di sé (salta entusiasta in giro per la città), ha successo al lavoro (stringe mani e firma contratti), viene apprezzato dagli amici (alle feste tutti ridono alle sue battute), è corteggiato per il suo fascino, eccetera eccetera. Ad un tratto non si sta più parlando di un dentifricio ma di autostima e di fiducia in se stessi, il cui tramite è ovviamente il tubetto XY. Analogamente, chi pubblicizza superalcolici mostra scene di avventura alla James Bond, chi vende apparecchi acustici mostra l’inclusione sociale che restituiscono a chi torna ad udire, chi promuove merendine mostra la gioia della famiglia riunita intorno al focolare. Che si parli di libri,
pubblicità o cinema, il principio rimane invariato. Fellini stesso è stato un grande fautore di questo modo di raccontare, applicava il motto show, don’t tell. Era solito dire Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare. 

La tensione, ovvero la crudeltà di venire al mondo

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Come scrivere un inizio, ovvero cyberbullismo su Manzoni

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Di seguito tre consigli per uno show, don’t tell che trasformi chi ha in mano il tuo romanzo in un lettore-personaggio, piuttosto che confinarlo al minor ruolo di lettore-spettatore. Primo: usa i dialoghi come elementi dimostrativi. Marco Innocenti nel suo splendido romanzo, Il Profumo di Corinne (edito Mursia), piuttosto che far dire al narratore “Corinne era egoriferita e irrequieta” costruisce questo dialogo fra Corinne e uno dei suoi molti amanti. 

Detesto lo champagne tiepido, i luoghi comuni, le giornate di pioggia, le cose di cattivo gusto, i panni stesi che pendono dalle ringhiere, la luce acquosa di gennaio, la canzone secca delle schegge quando cadono le bombe, l’eco sorda della paura, le feroci malinconie che mi prendono la sera, le tre esse di stress che mi guatano come meduse, le notti su cui cala un sipario di noia

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Secondo consiglio: fa’ leva su quello che percepisce il tuo personaggio, partendo da vista e udito. In una delle scene finali de L’influenza del blu, volevo dire che la città era buia, e che quell’oscurità trasmetteva al personaggio un senso di indifferenza esistenziale. 

La falce d’argento che aveva rischiarato sempre meno le sere precedenti si era definitivamente voltata, ritirandosi come un disertore nella fase di novilunio. In quel buio barbaro e selvaggio, solo una remota schiera di stelle d’acciaio, capitanate dalla Stella del Nord, gli permise di separare il sopra dal sotto e la destra dalla sinistra. Fu poco prima di inforcare la bicicletta che, in un diluvio luminoso, la Stella Polare precipitò, inghiottita dalla linea dell’orizzonte. La scia luminosa di quella che era stata guida per i marinai e costante per gli astronomi, abbagliò per la frazione di un palpito la città, come il flash di una fotografia che cattura un momento già passato. “Alcune cose si vedono meglio al buio”, si disse Leone per trovare il coraggio di cominciare a pedalare. La città era paralizzata di nero e muta d’ogni luce. Costantinopoli non era mai stata così traboccante di notte. Cielo e Terra erano inghiottiti in un’unica tenebra densa e inaccessibile. L’oscurità era così sorda che neppure i predatori notturni osavano emettere un gemito. Leone arrivò davanti al Beylerbeyi Sarayı, risalì la collina e nel silenzio sepolcrale di un universo senza principio attraversò il Boğaziçi Köprüsü.

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Ultimo consiglio: concentrati sul piccolo dettaglio, non sul vasto ambiente. Per dirla con le irraggiungibili parole di Chekhov: “non dirmi che la luna splende, mostrami il riverbero della sua luce su un vetro rotto.”

 

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