Dopo una lunga attesa la Warner rilascia Wonder Woman 1984, sequel di Wonder Woman uscito nel 2017, diretto nuovamente dalla regista Patty Jenkins. Il film è ambientato negli anni 80 in cui troviamo una Diana, ancora in lutto per il suo Steve Trevor, personaggio che vedremmo tornare in vita e aiutare la nostra eroina a sconfiggere i due cattivi Maxwell Lord, uomo d’affari assetato di potere, e Barbara Minerva, collega della protagonista che subirà nel corso del film una trasformazione che la porterà a diventare Cheetah, la nemesi dell’amazzone nei fumetti.
I difetti del film
Questo film non è affatto perfetto, la trama appare fin da subito un po’ pasticciata, gli eventi ruotano attorno a un oggetto magico di cui però non capiamo bene il funzionamento, dato che cambia regole in continuazione ed anche il ritorno di Steve Trevor non si comprende bene, non aiuta nemmeno il minutaggio diminuibile di mezz’ora e il montaggio terribile che porta da un punto all’altro del mondo senza collante tra le scene e non facendo capire quanto tempo sia trascorso.
Un piacevole ritorno al passato
Nonostante ciò, Wonder Woman 1984 riesce a intrattenere e divertire abbastanza, inserendo a tratti momenti nostalgia che richiamano scene di cinecomic del passato come il Superman di Richard Donner, ma anche i film di Burton e di Raimi, dando l’dea di un ritorno al passato, non meraviglioso, ma abbastanza piacevole.
Patty Jenkins in generale dirige bene il film, diminuendo nelle scene d’azione i rallenty rispetto al primo capitolo e rendendole più frenetiche. Molto bene l’atmosfera anni 80 nella prima mezz’ora, grazie anche a dei costumi abbastanza buoni e una fotografia molto luminosa in linea, appunto, col periodo, più presente però come tematica per il resto del tempo.
Il sogno americano
Ricorre molto spesso, infatti, l’idea del possiamo fare tutto quello che vogliamo, detto anche sogno americano, qui incarnato da Maxwell Lord, interpretato da un superlativo Pedro Pascal (famosissimo per Narcos) che è l’archetipo dell’uomo logorato dalla smania di potere che lo porta però a trascurare sempre di più ciò che lo rende umano, con dei riferimenti politici a Trump.
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Barbara Minerva non è scritta in modo particolarmente originale, ma le sue motivazioni sono plausibili, inoltre Kristen Wiig (attrice nota principalmente per ruoli comici come nelle Amiche della Sposa di Paul Feig) regge abbastanza bene, in quanto è credibilissima sia quando il personaggio è impacciato, sia quando diventa sensuale, regalandole anche un tocco di sadismo e facendola apparire a tratti incerta quando non è completamente cattiva, dando così l’idea di un’evoluzione grazie alla sua performance abbastanza sfaccettata. Con il personaggio viene offerta una riflessione sull’eccessiva importanza che dà la società all’aspetto esteriore rispetto a quello interiore e alla forza bruta rispetto a quella d’animo.
La protagonista di Wonder Woman 1984
Ciò non succede invece con la protagonista di questo film Wonder Woman interpretata, come nel film precedente, da Gal Gadot (apparsa prima di entrare in DC nella saga di Fast & Furious), visivamente sempre perfetta nel ruolo e migliorata da un punto di vista recitativo. Infatti, nonostante sia poco espressiva, lo spettatore riesce a empatizzare con lei, risulta simpaticissima a pelle e trasmette un’idea di speranza tipica del personaggio. La sua caratterizzazione è inoltre molto interessante poiché vediamo un personaggio più umano intento a elaborare il lutto del suo amato pilota e la forza che mostra è quella d’animo che la porta a compiere scelte difficili e a cercare sempre di tirar fuori il meglio dalle persone.
Infine parliamo di Steve Trevor, interpretato dal buon Chris Pine (Star Trek, Star Trek Into the Darkness e Beyond), protagonista di simpatici siparietti comici che danno al personaggio un suo perché, mostrando il disorientamento e lo stupore di fronte alle novità del periodo storico in cui si trova catapultato all’improvviso. Durante il film a un certo punto costituirà pure una sorta di coscienza per Diana.
Wonder Woman 1984, nonostante i problemi dal punto di vista della narrazione storica, possiede dei pregi che superano i difetti, offrendo così una bella visione.
Giulio Santonocito
photocredits: Brecht Bug