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Mariano Gallo, “Il teatro mi ha salvato la vita”

In occasione della Giornata Mondiale del Teatro, condividiamo la passione per le arti sceniche con l'attore e volto televisivo Mariano Gallo.

“La rivoluzione gentile si può e deve fare attraverso l’arte in tutte le sue forme, musica, pittura, danza, letteratura, cinema e ovviamente teatro.” Parola di Mariano Gallo, conosciuto con il nome d’arte Priscilla, drag performer italiano e conduttore del programma tv “Drag Race Italia”, impegnato negli ultimi tempi con lo spettacolo teatrale “La strada all’altezza degli occhi”.

Il valore del Teatro: l’intervista a Mariano Gallo

In occasione del 27 marzo, Giornata Mondiale del Teatro, istituita nel 1961 grazie all’intuizione del drammaturgo Arvi Kivimaa e per iniziativa dei componenti del IX Congresso dell’Istituto Internazionale del Teatro, abbiamo intervistato Mariano Gallo per farci raccontare la sua passione per le arti sceniche e analizzare con lui lo stato e le potenzialità del Teatro oggi in Italia.

Partiamo dal titolo dello spettacolo “La strada all’altezza degli occhi”, dove e su cosa si posa generalmente lo sguardo e dove invece dovrebbe posarsi per avere una giusta visione sulla realtà delle cose?

Generalmente le persone sono abituate e quindi portate a guardare davanti a loro come narra Platone ne “Il mito della caverna”.

Se lo leggo in una prospettiva positiva ciò potrebbe significare raggiungere e perseguire un obiettivo preposto senza distrazioni di sorta. Questa fissità e polarità nel guardare la realtà ha portato a perdere il proprio sguardo sulle piccole, ma non meno preziose e importanti, cose che arricchiscono la quotidianità di tutti.

Mi riferisco a quelle persone che vivono un momento di vulnerabilità e fragilità economico e/o emotivo, sentendosi spesso ai margini di una civile convivenza.

Lo spettacolo “La strada all’altezza degli occhi” – aggiunge – racconta la vita vista dalle persone spesso ghettizzate e fatte percepire, peggio ancora sentire, invisibili dalla società. Ambientato in un sottoscala con una sola finestra che affaccia sul livello del marciapiede e chi lo abita vive la realtà guardandola dal basso.

Lo spettacolo è un invito a risvegliare la responsabilità e sensibilità civile, sociale, umana ma anche politica di noi esseri umani nei confronti di chi lotta ogni giorno per sentirsi parte integrante del tessuto sociale nel rispetto delle proprie unicità. È uno spettacolo che mi tocca da vicino perché racconta attraverso il linguaggio teatrale, una realtà della quale da anni mi occupo personalmente.

Ti senti di raccontarcelo?

Da almeno quindici anni sono attivamente coinvolto, toccando con mano, anche grazie alle iniziative di volontariato condotte dall’Associazione Progetto Pace, Progetto Respiro Onlus che si occupa di assistenza a persone con abilità diverse e supporto alle loro famiglie.

Ristoro di Sant’Egidio è un’altra realtà di Napoli di cui faccio parte. È una mensa in cui ci occupiamo di dare pasti anche alle persone senza fissa dimora.

Una realtà veramente difficile fatta di persone che dalla maggioranza non vengono accolte neanche da uno sguardo, sorriso e parola. Cosa ci costa mettere in macchina una coperta, che magari non usiamo più, e se incontriamo una persona bisognosa d’aiuto, adagiare la coperta e andarcene. Sono piccoli gesti di cura nei confronti dell’Altro ma che ci riconciliano con la nostra umanità.

Nella pièce teatrale il tema principale è l’amore, l’amore universale. Negli ultimi giorni, come non mai, nei talk show salottieri molti dibattono sul rispetto dei sentimenti spesso in maniera popolare e aggiungerei superficiale. Ritieni opportuno, che ai giovani per essere educati ad amare in maniera autentica debba essere offerta una visione più pedagogica e culturalmente più elevata?

Assolutamente sì. La rivoluzione gentile si può e deve fare attraverso l’arte in tutte le sue forme, musica, pittura, danza, letteratura, cinema e ovviamente teatro.

Noi abbiamo scelto di avviare la rivoluzione gentile attraverso il teatro e proprio con questo spettacolo. Abbiamo trattato l’amore senza forzatamente dargli una connotazione sessuale. I due protagonisti dello spettacolo – aggiunge- Pina e Principessa, riescono a stabilire un legame in scena così forte che va ben oltre quello che può essere l’orientamento sessuale o identità di genere. Un rapporto di amore che ti sconvolge e salva allo stesso tempo tra due persone dall’anima fratturata che vivono “La strada all’altezza degli occhi”.

È un’affinità di anime. Inoltre, abbiamo voluto avviare una riflessione e un ragionamento critico e attivo, senza presunzione, trattando argomenti anche forti e spesso schivati ma che fanno parte della realtà dell’essere umano quali la tossicodipendenza, la prostituzione, atteggiamenti suicidari.

Nello spettacolo abbiamo scelto di trattarli con delicatezza utilizzando una chiave ironica, senza accusare nessuno, con l’unico fine di avviare una eco autentica e democratica.

Alcuni comitati stanno raccogliendo firme a fini referendari perché alle famiglie sia data la possibilità di impedire ai propri figli la frequenza di lezioni che prevedono la trattazione Gender. Trovi in questo un ritorno al periodo buio medievale e ai tempi di un pericoloso oscurantismo?

Noi stiamo vivendo in Europa ma nel mondo un periodo difficile e che non può non spaventarmi. Dovremmo renderci quanto prima conto che non possiamo più ignorare e delegare.

Come cittadini del mondo siamo chiamati a fare la nostra parte altrimenti rischiamo di tornare nell’epoca in cui anche nelle scuole, attraverso la censura culturale, veniva negata la libera e democratica possibilità di studiare e quindi conoscere consapevolmente tutto senza vedere in alcune realtà forme di eresia.

Si tratta di lasciar liberi bambini e ragazzi di esprimere loro stessi nel mondo senza differenziazioni legate al genere e senza essere influenzati nelle loro scelte, partendo dalla libertà nelle diverse attività di gioco. Un bambino non dovrebbe essere costretto o vincolato a giocare esclusivamente con camioncini e macchinine così come una bambina non deve esserlo giocando con l’aspirapolvere o la cucina finti.

Crescendo di fatto con l’idea che il suo posto nel mondo sia quello di cucinare o badare alle faccende domestiche. Se li lasciamo liberi di esprimersi senza farli sentire giudicati, si accoglieranno l’uno con l’altro con semplice naturalezza. Questo lo dico perché da bambino ho sempre amato e desiderato giocare con le Barbie – e ridendo aggiunge – come fa la spaccata Barbie, non la fa nessuno!

Ma ero terrorizzato dall’idea di manifestare questo mio desiderio di giocare con la Barbie mi ricordo che la domenica andavo a casa di mia cugina e portavo con me un giochino da maschietto però poi mi chiudevo in cameretta con lei per giocare con la sua bambolina ma appena entrava un adulto in cameretta, immediatamente la mettevo via e tra le mie manine riprendevo il gioco Hulk o la macchinina.

Rimanendo a trattare i recenti fatti di cronaca quale virus, secondo te, sta contaminando le menti e al contempo comportamenti delittuosi?

Ritengo che abbiamo un reale problema nel DNA della nostra società patriarcale, influenzata dalla Chiesa che storicamente ha riflesso l’immagine patriarcale della donna asservita e dell’uomo forte che regola le sorti della donna sottomessa e sofferente.

Questa immagine si estende a macchia d’olio in tutti gli ambiti sociali lavorativi, familiari e scolastici materializzandosi in forme violente come violenza economica, verbale e/o fisica. È un problema che va affrontato e risolto con urgenza, e se non viene risolto alla radice saremmo sempre costretti ad affrontare disparità, violenza di genere, misoginia. Nelle scuole di ogni ordine e grado– aggiunge – dovrebbe far parte della prassi quotidiana scolastica e non solamente in occasione di dolorosi fatti di cronaca.

Credo fortemente nell’importanza dell’educazione all’emotività, all’empatia e al rispetto di genere senza incorrere nel pericolo, visti i tempi, di marcare la differenza di genere nel caso in cui, per esempio, un bambino piange correndo quindi ai ripari dicendogli che sono le femminucce a piangere.

Certamente molti insegnanti preparano i bambini al rispetto per se stessi, ai diversi modi di essere una famiglia affinché vengano eliminati definitivamente stereotipi e pregiudizi. Educare quindi i bambini alla consapevolezza che va rispettato ritrovando se stessi in quelle che possono essere le differenze e unicità che si potrebbero percepire nell’Altro da sé.

Il teatro, pur mantenendo un’elevata qualità culturale, è purtroppo ancora considerato d’élite. Quanto invece sarebbe opportuno che la tv abbandonasse quelle rappresentazioni semplicistiche in favore di una sana narrazione?

Faccio sia tv che teatro, anche se ho iniziato a calcare il palcoscenico all’età di diciassette anni quando facendo il liceo sono entrato in una compagnia teatrale.

Il teatro è la forma d’arte che mi ha salvato.

Grazie al teatro ho trovato il mio modo di esprimermi liberamente. Prima non mi sentivo libero, non mi sentivo accettato ma mi sentivo inadatto per la mia omosessualità, perché quando ero piccolo ero cicciottello e non volevo giocare a calcio ma studiare danza. Il teatro, invece, mi ha salvato dandomi la possibilità di vivermi e conoscermi meglio.

Successivamente ho iniziato a lavorare in Tv, un media completamente diverso che nella sua diversità mi piace, ma non posso negare che la mia più grande passione sia il teatro.

Riconosco l’impegno della Tv che, prendendo consapevolezza, sta cercando di far conoscere il teatro portandolo nelle case degli spettatori. A questo proposito mi tornano alla memoria tutte le opere di De Filippo e questo mi fa ben sperare.

La strada all’altezza degli occhi, a questo punto, mi pare di poter concludere che debba essere un invito per tutti noi a poter e saper guardare al futuro e contestualmente mantenere uno sguardo al passato. Sei d’accordo?

Per non commettere gli errori fatti in passato è necessario conoscere la nostra storia, capire da dove veniamo per non ripeterci negli errori. Guardare al futuro mantenendo sempre uno sguardo consapevole al passato per non ripetere più gli errori e guardare al futuro senza giudicare ma abbracciando e includendo nel nostro campo visivo quelle realtà diverse da noi.

La strada all’altezza degli occhi

“La strada all’altezza degli occhi” è lo spettacolo teatrale specchio della contemporanea società: distratta e iperconnessa che edifica i suoi valori sui propri esclusivi interessi.

Uno spettacolo platonico prezioso portatore di una forte metafora.

Quali sono gli esseri viventi che vivono all’altezza della strada? La chiave di lettura ce la dà Mariano Gallo regalandoci una battuta dello spettacolo: – Mi piace avere la strada all’altezza degli occhi perché capisco la fatica che fanno i vermi e le lumache a schivare gli sputi e i piedi.

Di Donatella Diamanti e alla regia con Luca Gaeta, “La strada all’altezza degli occhi” è andato in scena al Teatro Marconi di Roma.

L’autrice Donatella Diamanti del suo spettacolo dice – “La strada all’altezza degli occhi” è la storia di un amore improbabile? Di una passione mai consumata?  Forse. Sicuramente è la storia di un uomo e di una donna che, teneri e crudeli allo stesso tempo, riescono a toccarsi l’anima, per la prima volta nella loro vita e nonostante tutto.

Sul palco a interpretare il ruolo di Principessa, Mariano Gallo in arte Priscilla e ad affiancarlo nello spettacolo nel ruolo di Pina, l’attrice e regista Tiziana Sensi.

Luca Gaeta regista dello spettacolo guarda allo spettacolo in una dimensione onirica: – Si è spesso detto che la realtà supera la fantasia, ma tra queste due dimensioni opposte se ne frappone una terza che è quella del sogno. Ci sono vite che strisciano e non fanno rumore. In una di queste vite incontriamo Pina che si muove con la leggerezza ambigua che potrebbe essere quella di una Marilyn.

È un’atmosfera onirica in un ambiente spoglio, eppure lieve e infantile. Lo spettatore viene trasportato in un vero e proprio percorso emotivo, un linguaggio che sa essere quotidiano quanto poetico e ironico. – Conclude -Il gioco si complica quando a casa della donna fa la sua comparsa una strana figura della notte, in questo gioco di specchi, i due protagonisti si riflettono l’uno nell’altro.

La trama

Il seminterrato dove vive Pina è fatiscente, decadente, squallido e sporco. L’unico contatto con la realtà esterna è dato solo da una strana apertura dove è possibile intravedere la strada e il frettoloso e distratto scorrere inesorabile e inarrestabile del tempo quindi della vita.

Pina ha un bambino che non può vivere con lei.

Fa la prostituta ed è profondamente sola e questo stato emotivo di profonda malinconia lo affiderà all’inchiostro scrivendo una lettera che non vedrà mai la conclusione.

La vita è fatta di incontri alcuni dei quali sono destinati a rimanere nella propria vita per sempre, talvolta cambiandone sorti e corso.

La vita di Pina infatti sarà inaspettatamente stravolta dall’arrivo di Principessa, che si rivelerà capace di ascoltarla, di vederla e leggerla nella sua intimità: nell’Anima.

Principessa porta sempre con sé una piena di cianfrusaglie e tra le tante c’è una parrucca bionda. È gay e per vivere si prostituisce.

Il cast

Mariano Gallo in arte Priscilla è attualmente anche alla conduzione del programma tv “Drag Race Italia” arrivato alla terza stagione in onda su Paramount+ e Mtv. Presente a teatro, nel cast del format di Luciano Melchionna “Dignità Autonome di Prostituzione”, ha preso parte a “‘Nziria” diretto da Mario Gelardi ed è nell’ultimo spettacolo con e scritto da Fabio Canino per la regia di Piero Di Blasio dal titolo “Fiesta!”.

Tiziana Sensi, attrice e regista, è un volto noto anche del piccolo schermo.

Ha ideato l’Installazione “1522 contro la violenza sulla donna” a Piazza Montecitorio, ottenendo prestigiosi riconoscimenti come l’Alta Medaglia dal Presidente della Repubblica.

L’attrice è stata nominata Donna dell’anno 2012 per il Teatro Sociale dai Professori dell’Università Bocconi.

“Se mi innamoro di te, mi innamoro di un uomo o di una donna? Ti innamori di me”

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