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Sanremo 2022, il monologo di Roberto Saviano su Falcone e Borsellino

Durante la terza serata del Festival di Sanremo lo scrittore ha ricordato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a trent'anni dalle stragi mafiose che nel 1992 uccisero i due magistrati

“Ricordare non è un atto passivo, la loro storia è parte della nostra memoria collettiva”. Durante la terza serata del Festival di Sanremo 2022 lo scrittore Roberto Saviano ricorda le figure, le vicende e gli ostacoli incontrati da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in occasione dell’anniversario dei trent’anni dalle stragi mafiose che nel 1992 uccisero i due magistrati e le loro rispettive scorte. L’autore di Gomorra ha sottolineato che “il coraggio è sempre una scelta”, mentre “il silenzio favorisce la mafia e lascia da solo chi la combatte”.

Il monologo di Roberto Saviano su Falcone e Borsellino

“Sono passati 30 anni siamo qui a ricordare Falcone e Borsellino. Ricordare non è un atto passivo, ma significa rimettere nel cuore perché per gli antichi era il cuore la sede della memoria. Molti di voi non c’erano allora, ma la loro storia è parte della nostra memoria collettiva», ha detto lo scrittore dal palco del Teatro Ariston”. Roberto Saviano ha voluto ricordare la rivoluzione civile operata dai giudici Falcone e Borsellino a 30 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio. “Dopo una morte di mafia, il giorno dopo c’era solo silenzio. La mafia credeva che sarebbe successo anche con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Oggi vengono celebrati come eroi ma non era così quando erano in vita. Venivano accusati di essere in cerca di spettacolo. Non erano visti come degli eroi. Di Falcone si arrivò a dire che la borsa con 58 candelotti di esplosivo rinvenuta nei pressi di casa sua se l’era messa da solo. Si preferiva affossarli attaccandone l’immagine”. I due giudici sono stati “delegittimati per coprirli di fango, ma il fango non è riuscito a sporcare il loro esempio”.

Il ricordo di Rita Atria

Lo scrittore partenopeo ha poi ricordato Rita Atria, una giovanissima testimone di giustizia che si è suicidata a 17 anni dopo la strage di via D’Amelio. “Rita Atria era figlia di un boss ucciso quando lei era bambina, aveva perso anche suo fratello che voleva vendicare il padre. Rita aveva compiuto una gesta diversa, denunciare ciò che sapeva di quella mafia, la stessa che aveva ucciso il padre e il fratello. Era diventata la più giovane testimone d’Italia. Era felice di essersi liberata del suo passato e voleva creare il suo futuro. Poi arrivò la strage di Via d’amelio e 7 giorni dopo si tolse la vita. Borsellino era come un padre, la sua morte la fece cadere nello sconforto”.

Lo scrittore ha quindi elogiato la giovane testimone riportando alcune parole da lei scritte, prima di morire, nel corso degli esami del terzo anno di scuola. “Con la morte di Falcone quegli uomini ci hanno voluto dire che loro vinceranno sempre, che sono più forti. L’unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che fuori c’è un altro mondo fatto di cose semplici. Forse un mondo onesto non esisterà mai ma chi ci impedisce di sognare? Se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo”.

L’importanza di ricordare

“Ogni volta che la società civile e la politica non si occupano di mafia creano un silenzio che finisce per favorire le mafie e ostacolare chi le contrasta”, avverte Roberto Saviano, verso la conclusione del suo intervento in omaggio a Falcone e Borsellino. “Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma nessuno ci impedisce di sognarlo: ce la faremo”.

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