La storia dei diritti LGBTQIA+ in Italia è raccontata per la prima volta in una docuserie di Sky, tra battaglie civili, sconfitte e conquiste. Un “romanzo corale” senza filtri portata sul piccolo schermo da Sky TG24 che si intitola “Orgoglio e Pregiudizio”, come l’omonimo romanzo di Jane Austen e che va in onda il 24, 25 e 26 ottobre alle 21.00 — sempre disponibile on demand e su NOW.
Una visione obbligatoria per capire il presente
In tre episodi, il progetto — scritto da Andrea Frassoni e Marco Falorni, diretto da Falorni e curato editorialmente da Tonia Cartolano — mette in fila mezzo secolo di storia: dalle prime sigle femministe e omosessuali degli anni Settanta, al dramma dell’AIDS, fino alle unioni civili del 2016 e ai dibattiti più recenti.
La vera forza sono le voci che si susseguono, da Elly Schlein a Vladimir Luxuria, da Francesca Pascale a Nicky Vendola e Alessandro Zan; decine di attivisti, politici e testimoni raccontano come i diritti, prima di essere leggi, siano vite che chiedono riconoscimento.
È un’operazione che parla a tutti, non solo alla comunità: un invito a conoscere le storie dietro le polemiche, tenendo fede a quella che è la promessa editoriale degli autori “superare i pregiudizi con la conoscenza”.
Perché è una storia urgente
A 25 anni dal World Gay Pride del 2000 a Roma, questa docuserie non è un semplice rewind: significa interrogare l’oggi delle libertà individuali, capendo perché su alcuni temi siamo ancora in ritardo.
Orgoglio e Pregiudizio, la docuserie, sceglie uno sguardo largo: mette in fila fasi storiche, scontri e aperture della Chiesa, l’evoluzione del linguaggio nei media e in politica. È un’inchiesta giornalistica che vuole sottrarre il dibattito alla polarizzazione, offrendo una mappa storica affidabile, lontana dagli slogan.
Un “romanzo civile” in tre capitoli
La struttura è cronologica ma non scolastica. Il racconto parte dagli anni Settanta, attraversa gli Ottanta e Novanta, segnati dalla crisi dell’AIDS e dallo stigma, arriva al World Pride del 2000, momento-soglia per la visibilità collettiva, e prosegue fino alla legge sulle unioni civili del 2016, senza forzare il tono della celebrazione.
Quello che colpisce è la volontà di tenere insieme storia pubblica e esperienza privata: le leggi sono importanti, ma diventano davvero comprensibili quando si vedono gli effetti nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle famiglie. Il montaggio alterna cronaca e narrazione intima, evitando sia il tecnicismo che la semplificazione.
Non una lezione di Storia
Il regista Marco Falorni unisce voci storiche e vite dei più giovani, con un’attenzione maniacale alla tensione narrativa. L’alternanza tra archivi drammatici e testimonianze intime fa sì che il racconto non scivoli nella “sindrome teca”: la docuserie è un viaggio che restituisce le sconfitte (come la crisi dell’AIDS, raccontata con grande empatia) e gli avanzamenti senza forzare mai la mano della celebrazione.
Le voci che fanno la Storia (e l’attualità)
Il progetto è dichiaratamente corale. A parlare sono attivisti, giuristi, politici, volti dei media e della cultura: tra gli altri Vladimir Luxuria, Elly Schlein, Francesco Rutelli, Francesca Pascale, Serena Bortone, Cathy La Torre, Alessandro Cecchi Paone, Nicky Vendola, Imma Battaglia, Franco Grillini, Monica Cirinnà, Alessandro Zan, Simone Alliva e Francesco Cicconetti.
Una sinfonia di voci che si scontrano e dialogano. La forza è nel contrappunto tra generazioni e ruoli: c’è chi ha animato le prime battaglie (come Imma Battaglia e Franco Grillini) e chi oggi si muove nell’ecosistema mediatico più difficile (come Simone Alliva e l’attivismo di Cathy La Torre).
Questo impasto restituisce il movimento come spazio plurale, vivo, con sensibilità anche divergenti. Il vero cuore della serie, forse, è l’idea che l’uguaglianza non possa essere catturata dentro un perimetro di divisioni politiche. Come sintetizza Vladimir Luxuria in una frase chiave: si tratta di “Camminare dalla parte giusta della storia”.
Un appello non moralistico, ma un invito a misurare le nostre scelte alla luce di ciò che consentono o negano a chi ci sta accanto.
Conoscere per superare i pregiudizi
Gli autori chiariscono le intenzioni in modo netto: Andrea Frassoni sottolinea che le tematiche LGBTQIA+ sono spesso oggetto di polemiche e pregiudizi e che il modo migliore per superarli è conoscere da vicino storie e persone; Marco Falorni, che firma anche la regia, parla di un lavoro che unisce voci storiche e vite dei più giovani, con l’obiettivo di far riflettere senza perdere la tensione narrativa.
Da qui la nascita del progetto, il titolo della docuserie, la voglia di produrre un qualcosa che unisca tante voci così distanti nel tempo.