“Il reato di pensare”, Paolo Crepet a teatro porta il pensiero libero

1 Dicembre 2025

In “Il reato di pensare”, Paolo Crepet esplora le molteplici forme di controllo sul pensiero che si celano nella società contemporanea: autocensure, “politicamente corretto”, veti ideologici e strumenti tecnologici che influenzano la nostra comunicazione e, di riflesso, la nostra immaginazione.

“Il reato di pensare”, Paolo Crepet a teatro porta il pensiero libero

Appuntamento al TAM Teatro Arcimboldi Milano il 1 dicembre 2025 con Paolo Crepet e il suo spettacolo “Il reato di pensare”.

Il reato di pensare

Il pensiero libero è alla base di ogni forma di libertà e creatività, eppure oggi sembra minacciato da un “filo spinato invisibile” che limita la capacità di immaginare e di esprimere le proprie idee. In “Il reato di pensare”, Paolo Crepet esplora le molteplici forme di controllo sul pensiero che si celano nella società contemporanea: autocensure, “politicamente corretto”, veti ideologici e strumenti tecnologici che influenzano la nostra comunicazione e, di riflesso, la nostra immaginazione.

Lo spettacolo analizza come la repressione del pensiero influisca non solo sulla libertà individuale, ma anche sulle relazioni, sulla cultura e sul futuro della collettività. Crepet mette in luce come, senza rendersene conto, l’umanità stia costruendo gabbie invisibili che rendono sempre più difficile esprimere opinioni, sviluppare creatività e difendere la propria autonomia intellettuale.

I pericoli della censura autocondotta

Con grande lucidità e rigore, l’autore ci invita a riflettere sulle conseguenze di questa nuova forma di censura autoindotta, interrogandoci sul rischio di un mondo in cui l’immaginazione e il genio umano vengano soffocati, e sulla necessità di difendere la capacità di pensare criticamente e liberamente.

Un incontro intenso e provocatorio, che spinge il pubblico a confrontarsi con le sfide del nostro tempo e a riscoprire il valore del pensiero libero.

Paolo Crepet

Nato a Torino il 17 settembre 1951, Paolo Crepet è un’autorevole figura pubblica italiana, noto per la sua attività come psichiatra, sociologo, saggista e opinionista.

Paolo Crepet ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia (1976) e in Sociologia (1980), specializzandosi in Psichiatria presso l’Università di Padova. Ha avuto una lunga carriera in ambito clinico, scientifico e accademico, ricoprendo ruoli importanti, tra cui: Membro eletto del direttivo del Consiglio Europeo della Federazione Mondiale della Salute Mentale (dal 1985); Consulente associato del Centre for Mental Health Services Development del King’s College, Università di Londra (1991 – 1995); Professore a contratto di Psichiatria Sociale e, in seguito, di “Linguaggi e culture giovanili” presso l’Università di Siena.

Crepet è particolarmente noto al grande pubblico per la sua intensa attività di saggista e opinionista. I suoi lavori si concentrano spesso sui temi del disagio sociale, della famiglia, dell’infanzia e dell’adolescenza. È spesso ospite di trasmissioni televisive come Porta a porta di Bruno Vespa, dove le sue opinioni schiette generano dibattito.

Ha pubblicato numerosi saggi e romanzi di successo, tra cui “Non siamo capaci di ascoltarli” (2001), “L’autorità perduta” (2011) e il recente “Prendetevi la luna” (2023). Nel 2015 ha ricevuto il Premio letterario La Tore Isola d’Elba alla carriera.

Il pensiero libero secondo Crepet

Paolo Crepet ha dedicato gran parte della sua produzione saggistica a denunciare il paradosso della società contemporanea: viviamo nell’epoca che più di ogni altra celebra la libertà, ma al contempo essa è minacciata da una forma di conformismo sottile e insidiosa. La sua riflessione sulla libertà di pensare è un severo atto d’accusa contro l’omologazione e l’appiattimento del pensiero critico.

Secondo Crepet, il pericolo maggiore per la libertà non è più l’autoritarismo esplicito, ma una “nebbia sottile, silenziosa” che si è insinuata nelle nostre vite. Questa nebbia non vieta, non ordina e non punisce, ma seduce. Promettendo tranquillità e benessere, spinge le persone verso l’omologazione.

La libertà è messa sotto scacco dalle tecnologie digitali, le quali modellano i nostri comportamenti in modo da spegnere il pensiero critico, inibire la creatività e il coraggio di essere diversi. Come dice Crepet, “non c’è più un avversario concreto, ma un algoritmo”.

Per Crepet, la libertà di pensare è un “esercizio” che richiede uno sforzo continuo e il coraggio di affrontare il fallimento. Avere un pensiero proprio non è affatto scontato. La libertà oggi necessita di capacità critica, di informarsi e di saper distinguere tra notizie vere, verosimili o false.

Inoltre, secondo Crepet, non può esserci libertà senza indignazione. L’apatia, il conformismo e l’autocensura sono nemici della libertà, impedendo di “dire ciò che non ti piace” e di “cominciare a cambiare quello che non ti piace”. Bisogna quindi restituire dignità all’errore, al fallimento e alla sconfitta, poiché sono passaggi imprescindibili per una crescita sana e per un pensiero non convenzionale.

La libertà per Crepet non è un dato di fatto o una condizione da ereditare, ma un atto creativo che si reinventa quotidianamente. È la libertà che insegna a non illudersi per un successo e a non deprimersi per un fallimento, riconoscendo che ci sono “sconfitte fertili e vittorie insidiose”.

La creatività, figlia della libertà, è l’unica in grado di modernizzare e riconfermare l’identità di ciò che è “assopito”. La libertà spezza le catene della mediocrità inventando ogni giorno una nuova ambizione. La critica più forte di Crepet è rivolta ai giovani che “non sanno ragionare” perché abituati all’agio, ma privi di una “frustrazione con futuro” che li spinga a lottare per qualcosa. La libertà richiede di abbracciare l’insicurezza del “salto” anziché la consolazione della stabilità.

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