“Il mio anno a Oxford” il film che parla di poesia e non solo

4 Agosto 2025

Scopri il film "Il mio anno a Oxford", che esplora la poesia e tanto altro, offrendo uno sguardo unico sulla vita e l'arte.

"Il mio anno a Oxford" il film che parla di poesia e non solo

C’è qualcosa di profondamente delicato e universale in “Il mio anno a Oxford” , il nuovo film approdato su Netflix, tratto dal romanzo omonimo di Julia Whelan. Diretto da Iain Morris e interpretato da Sofia Carson e Corey Mylchreest, il film racconta una storia d’amore che si muove tra scaffali di poesia e cieli plumbei, tra la consapevolezza della morte e la fame di vita.

Eppure non è solo una love story: è un racconto di trasformazione, perdita e rinascita personale, dove l’amore non salva, ma insegna a cambiare pelle.

“Il mio anno a Oxford” il nuovo film Netflix tratto dal romanzo di Julia Whelan

Anna, giovane newyorkese con una carriera promettente in finanza, lascia tutto per un anno di studio all’Università di Oxford. Non è una fuga, ma un bisogno, quasi fisico, di rimettere ordine tra il cuore e la mente.

Oxford, con le sue biblioteche millenarie e le sue aule intrise di versi, diventa la cornice perfetta per questa discesa interiore. E lì incontra Jamie: tutor enigmatico, affascinante, amante della poesia e, come si scoprirà, segnato da una diagnosi che non lascia spazio alla speranza.

Il loro primo incontro ha il sapore delle commedie romantiche: lei fradicia di pioggia, lui ironico e incuriosito, ma ciò che nasce tra loro scivola presto in una dimensione più intensa.

Condividono versi, paure, giorni che diventano rari e preziosi. Ma Jamie ha deciso di non curarsi. Vuole vivere fino all’ultimo respiro senza essere ingabbiato dall’idea di una lotta che non può vincere.

È una scelta radicale, che spiazza chi lo ama, e che costringe Anna a interrogarsi: cosa significa restare accanto a qualcuno che sta andando via? E cosa resta di noi, quando chi amiamo scompare?

Il film, che si discosta dal romanzo per alcune scelte narrative più dure ma forse più sincere, sceglie di non concedere scorciatoie: niente lieto fine, nessun miracolo.

Jamie muore, ma non scompare. Rimane nella memoria, nei gesti, nelle strade percorse insieme e in quelle che Anna attraverserà da sola. Lei, che all’inizio era programmata per vincere, impara a vivere. Abbandona Wall Street per la poesia, la pianificazione per la libertà, la logica per la verità emotiva.

C’è un ribaltamento potente, silenzioso, che fa di Il mio anno a Oxford molto più di un film romantico: è una riflessione sulla consapevolezza. Sul tempo come materia fragile, da modellare con gentilezza. Sul fatto che amare davvero non significa possedere qualcuno, ma lasciarsi cambiare da lui.

Anna non è più la stessa quando torna a Oxford, questa volta come docente. Il suo viaggio non ha prodotto certezze, ma una nuova identità: più vulnerabile, più autentica.

La regia non indugia nel melodramma, ma accompagna con tatto i passaggi più dolorosi, affidandosi spesso alla poesia come linguaggio alternativo al dialogo.

I versi letti, evocati, scritti diventano un ponte tra i personaggi e lo spettatore. Non come cornice estetica, ma come necessità espressiva. Perché certe emozioni, certi addii, non si possono dire in prosa.

Sofia Carson regala una prova matura, sobria, capace di restituire tutta l’evoluzione del personaggio: dal controllo alla resa, dall’ambizione alla compassione.

Corey Mylchreest, già amato dal pubblico per il ruolo nella serie prequel di Bridgerton, dimostra qui una grazia interpretativa fuori dal comune: la sua fragilità diventa forza, e ogni scena è un addio già scritto.

Il mio anno a Oxford è, in fondo, un film sul coraggio. Quello di scegliere l’incertezza. Di rinunciare a ciò che ci hanno detto essere il “successo”. Di accettare che anche l’amore, quello vero, possa finire. Ma che il suo lascito non è mai vuoto: è la persona nuova che ci lascia in eredità. E se vivere è anche accogliere la perdita, allora questo film ci insegna come farlo con bellezza.

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