“Il Commissario Ricciardi” 3: un punto di svolta

21 Novembre 2025

Ricciardi 3 al via. Lino Guanciale dà voce e volto al tormento del Commissario. Trama, cast, il suo sguardo sulla malinconia e il romanzo "Volver".

"Il Commissario Ricciardi" 3: un punto di svolta

La terza stagione de “Il Commissario Ricciardi“, magistralmente interpretata da Lino Guanciale e tratta dall’opera letteraria di Maurizio de Giovanni, segna un punto di svolta narrativo e psicologico. Abbandonando in parte la sospensione malinconica delle stagioni precedenti, la serie getta il suo enigmatico protagonista nel gorgo delle decisioni adulte: l’amore, il matrimonio e la paternità.

Ambientata nella soffocante eppure poeticamente decadente Napoli degli anni ’30 sotto il regime fascista, la fiction ha sempre brillato per la sua atmosfera unica, dove il noir si fonde con il soprannaturale, il dramma storico con l’introspezione. L’ultima stagione, diretta da Gianpaolo Tescari e composta da quattro episodi, non solo presenta nuovi e intricati misteri, ma costringe il commissario a gettare via la sua “corazza” (come ha dichiarato l’attore Lino Guanciale) per abbracciare un futuro che temeva fosse precluso dalla sua stessa, terribile, maledizione.

Il lutto e il “fatto”

Il fascino irresistibile del Commissario Luigi Alfredo Ricciardi non risiede tanto nella sua abilità investigativa, quanto nella sua statura tragica. Egli non è un eroe d’azione, ma un uomo condannato, la cui esistenza è definita da un singolare “dono” (o “fatto”): la capacità di vedere e sentire gli ultimi pensieri e le ultime parole dei morti di morte violenta.

Il peso della maledizione

Questa percezione extrasensoriale, che lui chiama semplicemente “il fatto”, lo isola dal mondo. Ogni scena del crimine è un’esperienza sensoriale e dolorosa, un confronto diretto con il lutto e la violenza che lo costringe a vivere in un perenne stato di introversione e malinconia. La sua psicologia è quella di un eroe romantico costretto all’isolamento: desidera una vita normale, gli affetti, il calore di una famiglia, ma teme che la sua capacità maledetta possa rovinare la vita di chiunque gli si avvicini.

  • Rifugio nella giustizia: la sua insofferenza al regime e la sua dedizione quasi monacale al lavoro non sono solo un dovere professionale, ma un’esigenza catartica. L’indagine è l’unica via per dare un senso alle voci che percepisce e per rendere giustizia a chi è stato tolto, trasformando la sua maledizione personale in un sacrificio per la comunità.
  • La tensione amore-dolore: la sua vita sentimentale è stata a lungo un doloroso triangolo: Enrica Colombo (Maria Vera Ratti), la vicina di casa, che rappresenta la semplicità, la normalità e il quieto rifugio che desidera; e Livia Lucani (Serena Iansiti), la vedova sensuale e passionale, che incarna l’eros, il pericolo e forse l’unica donna in grado di accettare il suo lato oscuro (perché a sua volta tormentata dal proprio passato). Ricciardi ha dovuto scegliere tra la passione e la pace, tra l’ossessione e la normalità.

L’evoluzione in “Ricciardi 3”

La terza stagione, ambientata nel 1933, sposta l’accento dal mistero alla risoluzione emotiva. I nuovi episodi (tratti dai romanzi “Il pianto dell’alba” e “Per mano mia“) lo vedono finalmente abbattere la corazza. Dopo la proposta di matrimonio, Ricciardi ed Enrica si sposano e, come preannunciato, aspettano un figlio.

Questo sviluppo è di portata immensa:

  • Sfidare la maledizione: sposando Enrica e accettando la paternità, Ricciardi compie l’atto più coraggioso della sua esistenza: sfida il suo destino di solitudine, dimostrando che l’amore può essere più forte del suo “Fatto”.
  • La svolta investigativa: parallelamente a questa apertura sentimentale, sul piano investigativo, Ricciardi affronta una sfida inedita e terrificante per l’epoca: un serial killer, un assassino che agisce seguendo una logica seriale, decenni prima che la criminologia codificasse il termine. Questo duello intellettuale tra il Commissario e un male senza volto eleva il livello della suspense e la posta in gioco investigativa.

Questa stagione è dunque la più intima e psicologica, con l’indagine che funge da specchio ai dilemmi interiori del protagonista, culminando in un finale in cui il ritorno di Livia (scomparsa dopo un omicidio) minaccia di spezzare l’equilibrio appena raggiunto, ponendo la domanda: si può davvero essere felici quando il passato bussa alla porta?

Lino Guanciale

Non si può parlare del successo della serie senza dedicare un intero capitolo all’interpretazione di Lino Guanciale. L’attore abruzzese ha saputo dare corpo e profondità a un personaggio che, nei libri, è definito soprattutto dal suo silenzio e dal suo sguardo.

L’adesione al personaggio letterario

La sfida più grande per Guanciale era incarnare un uomo che è, per sua stessa ammissione, l’opposto di lui: Ricciardi è introverso, taciturno, quasi glaciale, mentre Guanciale è noto per la sua verve e comunicatività.

L’attore ha accolto il principio del “less is more” (meno è meglio), rendendo il volto di Ricciardi una tela su cui si riflettono tutte le tragedie di Napoli. La sua performance si basa sulla sottrazione e sulla tensione interna: un piccolo spasmo del labbro, uno sguardo fisso nel vuoto dopo aver sentito “il fatto”, la postura rigida e solitaria. Questi elementi hanno reso il Commissario non solo credibile, ma emotivamente risonante, trasformando il silenzio in un linguaggio potentissimo.

L’identificazione del pubblico è stata tale che, come ha raccontato lo stesso Guanciale, ormai molti lettori immaginano Ricciardi con il suo volto, un fatto che testimonia la capacità dell’attore di superare il modello letterario per creare un’icona televisiva. La sua interpretazione è un capolavoro di disciplina e intensità, fondamentale per restituire la malinconia di un’anima che ha accettato il suo destino, ma continua a combattere per la possibilità di un amore vero.

Il riassunto delle stagioni precedenti

Le prime due stagioni hanno costruito l’ossatura psicologica e relazionale che ora giunge a compimento.

  • Stagione 1: vengono stabiliti il contesto (Napoli fascista), “il Fatto” e i pilastri emotivi. Ricciardi oscilla tra Enrica, Livia e il suo lavoro. Conosciamo i suoi fedeli alleati: il Brigadiere Maione (Antonio Milo), solido, paterno e tormentato dalla perdita del figlio; e il Dottor Modo (Enrico Ianniello), cinico, antifascista e ateo, l’unico vero amico di Ricciardi che accetta la sua diversità. Il focus è sulla solitudine del protagonista e sulla nascita di un legame platonico con Enrica, la quale lo ama in silenzio e a distanza.
  • Stagione 2: i nodi sentimentali si stringono. Enrica si fa più vicina, supportata dal padre. Livia, dopo un’iniziale fuga in America, ritorna per tentare di conquistare Ricciardi, creando una forte tensione emotiva. Il Commissario è costretto a prendere posizione, e alla fine, decide di assecondare il suo desiderio di normalità e felicità con Enrica, compiendo il passo cruciale della proposta di matrimonio. Si approfondisce anche il legame tra Maione e il Femminiello Bambinella (Adriano Falivene), informatore e figura di un’umanità marginale e toccante, e l’impegno sociale di Modo.

Il cammino è stato lento e doloroso, un’attesa quasi biblica per il pubblico che ha visto il suo eroe finalmente scegliere l’amore contro la paura, ponendo le basi per il drammatico confronto con il passato e il futuro (la paternità) che definiscono la terza stagione.

“Volver”

L’ultimo romanzo pubblicato di Maurizio de Giovanni è “Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi” (pubblicato nel 2024), che chiude la cosiddetta “trilogia del tango” (Caminito, Soledad). Il libro è ambientato nel luglio del 1940, quindi anni dopo gli eventi narrati nella terza stagione della serie TV (che si ferma al 1933-1934).

“Volver” è un romanzo di ritorni, di chiusure e di verità che vengono a galla. Pur essendo ambientato cronologicamente dopo la serie, offre uno sguardo cruciale sull’origine della maledizione di Ricciardi e sulla sua capacità di conciliare il lavoro investigativo con la nuova responsabilità di padre e marito.

Napoli e il fascismo: una sospensione temporale

L’ambientazione storica non è un semplice sfondo, ma un personaggio a sé stante. La Napoli degli anni ’30 è ritratta come una città magnifica e disperata, dove l’arte di strada, il lusso dei borghesi e la miseria dei Quartieri Spagnoli coesistono sotto l’occhio vigile e opprimente del Fascismo.

Il regime, rappresentato dal cinico Vice Questore Garzo (Mario Pirrello), è un costante elemento di tensione. Ricciardi, pur non potendo ribellarsi apertamente, manifesta la sua insofferenza attraverso l’assoluta dedizione alla giustizia per i deboli, per gli ultimi, per le vittime ignorate dal regime. Il contrasto tra l’oscurità del fascismo e la luce quasi mistica delle indagini di Ricciardi crea l’atmosfera inimitabile della serie: una sospensione temporale in cui le passioni umane, vecchie come il mondo, si esprimono in un’epoca di repressione e di disuguaglianze sociali.

La terza stagione

La terza stagione de “Il Commissario Ricciardi” è la più attesa perché promette finalmente di concedere al suo protagonista un attimo, forse fugace, di felicità. L’amore con Enrica, il matrimonio e l’arrivo di un figlio rappresentano il massimo atto di ribellione di Ricciardi contro la sua stessa maledizione. Guardando questa stagione, lo spettatore non è chiamato solo a risolvere un mistero, ma a testimoniare la battaglia di un uomo per la sua anima.

La capacità della serie di integrare il giallo storico, l’elemento fantastico e il profondo dramma psicologico conferma l’eccellenza dell’opera di Maurizio de Giovanni e la maestria recitativa di Lino Guanciale. La corazza è caduta, ma resta da vedere quanto a lungo potrà durare la tregua.

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