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Giuseppe Tornatore al Salone del Libro, “Leningrado, il mio film incompiuto”

Il regista racconta cinque anni di viaggi, indagini, ricerche d’archivio, incontri, interviste con testimoni non tradotti in pellicola ma divenuti un libro "Leningrado"

TORINO – “Fare il regista significa fare storie da riporre nel cassetto. Fare un film è solo un incidente di percorso”. E’ questa la particolare teoria di Giuseppe Tornatore, Premio Oscar 1990 con Nuovo Cinema Paradiso e pluripremiato regista di fama internazionale. Tra le sue sceneggiature non diventate film, quella legata alla storia di Leningrado; cinque anni di viaggi, indagini, ricerche d’archivio, incontri, interviste con testimoni non tradotti in pellicola ma divenuti un libro “Leningrado“. Tornatore ne ha parlato con la scrittrice Elena Stancanelli ed il giornalista Enrico Deaglio al Salone del Libro di Torino.

Film incompiuto

L’idea di dedicare un film ai fatti avvenuti a Leningrado durante la seconda guerra mondiale nasce da un’idea di Sergio Leone. L’idea di raccontare l’assedio di Leningrado passata nelle mani di Tornatore attraverso una serie di episodi rocamboleschi. Leningrado è la storia di come si attraversa un fallimento, molto affascinante dal punto di vista letterario. Ma perché non ci sarà mai un film? “Ho deciso di pubblicare la sceneggiatura con la spiegazione di perché il film non si farà – ha affermato Tornatore – Cinque anni per scriverla più altri 12 consumati nel tentativo di mettere in piedi la produzione. Occorreva un segno che segnasse la fine di questo progetto. Idea migliore non poteva essere che un libro”.

Leningrado

Come nasce l’idea di realizzare un film dedicato alla gente di Leningrado durante la guerra, una storia originale perché nessun altro regista ancora si era cimentato? “In genere sono i registi a proporre ai produttori delle storie, a volte avviene in contrario. A me era accaduto pochissime volte – ha ammesso Tornatore – L’incontro con l’assedio di Leningrado nasce da un produttore, dalle ceneri del progetto non scritto di Sergio Leone. Presi tempo per documentarmi, mi sembrò troppo complesso. Rifiutai, poi il produttore insistette, indagai ancora ma dissi di nuovo di no. Queste richieste erano talmente interessanti che chiesi un anno di tempo per continuare i miei approfondimenti. Ho vissuto un anno a San Pietroburgo alla conoscenza di luoghi e di persone sopravvissute. Mi sono piano piano trovato coinvolto, dentro alla storia senza scrollarmela di dosso. Dopo 5 anni è venuta fuori la sceneggiatura, legato ad un episodio storico molto cinematografico, che pochi conoscono. I motivi principali della non realizzazione del film: il costo. Per me è stata comunque un’esperienza bellissima: studiare un fatto accaduto in un Paese che non è il tuo”.

 

Come nasce una sceneggiatura

Ma come nasce la sceneggiatura di Leningrado, e quali sono state le effettive difficoltà incontrate nel trasformare questo progetto in un film? “Ci sono storie per un film che nascono immediatamente Nel caso di un fatto storico, prima c’è la documentazione, poi il “come” lo racconto. Avevo tirato più idee e ne avevo selezionate tre – ha affermato Tornatore – Secondo me, la cosa più costosa del film sarebbe stata far dimagrire gli attori: una cosa folle. Alcuni attori l’avrebbero fatto, ma girare a temperature sotto lo zero sarebbe stato rischioso. Tutte queste problematiche non hanno permesso di girare il film”.

Il fascino di Leningrado

Cosa ha portato un regista così affermato come Giuseppe Tornatore ad affrontare una sfida così ardua? “Mi piaceva l’idea di una città assediata, che resisteva anche grazie alla sua cultura. Fa parte dell’ingegno umano ciò che si sono inventati per resistere. La prima cosa a cui hanno pensato è salvare le opere d’arte. La presenza di un nemico ci salva: può sembrare un’interazione misteriosa ma purtroppo devo ammettere è vera. Quella di Stalingrado è una storia avvincente, di cui mi ero innamorato”.

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