Björn Andrésen, il Ragazzo più Bello del Mondo, ci ha lasciati

28 Ottobre 2025

Addio a Björn Andrésen, il Ragazzo più Bello del Mondo, che ha lasciato un segno indelebile nel cuore di molti, ridefinendo il cinema e l'immaginario pop ispirando i manga

Il Ragazzo più Bello del Mondo Björn Andrésen ci ha lasciati

Björn Andrésen ci ha lasciati. E, se c’è un volto che ha attraversato il cinema, l’arte e l’immaginario collettivo globale, lasciando un’impronta silenziosa, indomabile è proprio il suo. Quel volto è quello di Björn Andrésen, l’attore svedese reso immortale da Morte a Venezia di Luchino Visconti, che si è spento all’età di 70 anni. Ma la sua eredità non si ferma al grande schermo. Anzi: uno dei suoi lasciti più sorprendenti e poco raccontati è il modo in cui ha influenzato l’estetica dei manga e degli anime giapponesi, contribuendo a definire un nuovo modello di bellezza, androgino, etereo, perturbante, destinato a dominare la cultura visiva pop per decenni.

Björn Andrésen e l’Estetica che Ha Cambiato i Manga per Sempre

Ricordare Björn Andrésen significa andare oltre la nostalgia per un volto perfetto. Significa riconoscere come anche un’immagine possa generare pensiero, narrazione, trasformazione. Il cinema europeo gli ha dato la fama. Il Giappone gli ha dato l’eternità. E noi, che ancora oggi ci commuoviamo per le storie disegnate di personaggi ambigui, fragili e affascinanti, non possiamo che ringraziarlo. Perché è anche grazie a lui se oggi la bellezza ha mille volti. E alcuni di quei volti, a distanza di decenni, ci sembrano ancora più veri di quelli reali.

L’inizio del mito: Morte a Venezia e l’incontro con Visconti

Era il 1971 quando un giovanissimo Björn Andrésen, allora quindicenne, viene scelto da Visconti per interpretare Tadzio, l’efebo idealizzato che ossessiona il protagonista Gustav von Aschenbach nel celebre adattamento cinematografico del romanzo di Thomas Mann.

La bellezza di Björn fu definita “soprannaturale”, quasi sacrale. Visconti lo consacrò con un’etichetta tanto poetica quanto pericolosa: “il ragazzo più bello del mondo.” Fu un successo travolgente, ma anche un peso che Andrésen avrebbe portato per tutta la vita. L’attore si trovò catapultato in una dimensione in cui la sua immagine precedeva qualsiasi parola, pensiero o intenzione. Un volto così straordinario da finire per vivere di vita propria.

Dal cinema d’autore al cuore dell’estetica giapponese

Ciò che in pochi avrebbero potuto immaginare è che proprio quel volto avrebbe avuto un profondo impatto sull’estetica visiva giapponese, a partire dalla scena manga e anime degli anni Settanta. In Giappone, Morte a Venezia fu un vero e proprio cult, e Björn Andrésen divenne una figura di culto: protagonista di spot pubblicitari, articoli, servizi fotografici, e, soprattutto, fonte di ispirazione per una nuova generazione di artisti e illustratori.

La mangaka Riyoko Ikeda, creatrice di “Lady Oscar” , dichiarò di essersi ispirata al volto di Andrésen per il suo personaggio più celebre, Oscar François de Jarjayes. Lineamenti affilati ma dolci, capelli lunghi, occhi penetranti: l’archetipo dell’ eroe androgino, bello e tragico, nasce anche da quella fascinazione visiva. E da lì si diffonde a cascata, influenzando interi generi narrativi: dagli shōjo agli shōnen, dalle figure romantiche agli antieroi malinconici.

Il volto che ha cambiato il concetto di bellezza maschile

Nella cultura giapponese del dopoguerra, dominata da una visione spesso rigida e dicotomica dei generi, Björn Andrésen rappresentava qualcosa di nuovo, di inquieto e meraviglioso. Il suo era un corpo che sfuggiva alla definizione, uno sguardo che conteneva sia fragilità che distanza.

Lungi dall’essere solo un “bel viso”, diventò simbolo di un’estetica fluida, capace di generare empatia, identificazione e sogno. Personaggi come Char Aznable in Gundam, Rei di Evangelion, o i protagonisti tormentati di Banana Fish o Nana, per citare solo alcuni esempi, portano in sé, consapevolmente o meno, l’eco visiva di quella figura algida e assoluta che fu Tadzio/Björn. E in un certo senso, ogni volta che oggi leggiamo un manga con protagonisti dai tratti androgini, dagli occhi grandi e pieni di ombre, ci stiamo ancora confrontando con l’onda lunga di quel modello.

Oltre la bellezza: l’uomo dietro l’icona

Ma Björn Andrésen non fu solo un simbolo. Fu anche un uomo schivo, segnato da lutti personali e da una notorietà precoce che spesso lo fece sentire intrappolato. Lo racconta lui stesso nel documentario del 2021 The Most Beautiful Boy in the World, dove confessa con struggente lucidità quanto fosse difficile vivere in un corpo diventato pubblico prima ancora di potersi conoscere.

Tuttavia, proprio in questo risiede la forza della sua eredità: aver trasformato una condanna in una forma d’arte inconsapevole, che ha ispirato generazioni di creativi dall’altra parte del mondo. Un’eredità pop colta e transnazionale. Oggi l’immaginario manga e anime è una delle principali forze culturali globali.

Ma spesso dimentichiamo quanto questo linguaggio visivo sia stato influenzato da modelli esterni, e quanto, anche nell’invenzione più moderna, si annidino tracce di corpi, volti e sogni del passato. La bellezza di Björn Andrésen, così fuori dal tempo, ha attraversato confini geografici e artistici, ed è ancora lì, nel tratto di una matita, nello sguardo malinconico di un personaggio, nei capelli lunghi che sfidano il vento.

 

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