Nella poesia “A vacanza conclusa” di Vivian Lamarque, l’autrice coglie un istante semplice e comune – il ritorno da una vacanza in treno, lo sguardo che scorre sui paesaggi, sulle spiagge ancora abitate – e lo trasforma in una profonda meditazione esistenziale. I versi:
A vacanza conclusa dal treno vedere
chi ancora sulla spiaggia gioca si bagna
la loro vacanza non è ancora finita:
sarà così sarà così
lasciare la vita?
sono un esempio della capacità di Vivian Lamarque di interrogare il senso della vita e della morte partendo da dettagli apparentemente marginali, attraverso una lingua tenue, dimessa eppure potentemente evocativa.
Un’immagine di soglia
L’immagine iniziale è familiare a molti: il treno che si allontana dal mare, mentre fuori dal finestrino si vedono ancora persone che giocano e fanno il bagno. Questo punto di osservazione – il treno – diventa simbolo del distacco, della separazione tra chi ha già lasciato e chi è ancora dentro l’esperienza: chi sta tornando alla quotidianità e chi è ancora immerso nel tempo sospeso delle vacanze.
Vivian Lamarque riesce a trasmettere, con pochi tratti, un sentimento misto di malinconia, invidia e contemplazione. C’è una consapevolezza silenziosa e delicata: il tempo non è uguale per tutti, ciascuno vive il proprio ritmo, la propria stagione. La vacanza diventa metafora dell’esistenza stessa, uno spazio luminoso e irripetibile che prima o poi bisogna lasciare.
La domanda finale: morte e consapevolezza
Il cuore della poesia si concentra nella domanda finale: “sarà così sarà così / lasciare la vita?” Qui il testo compie un salto ontologico ed emotivo, passando dalla semplice osservazione alla riflessione ultima. Lasciare la spiaggia equivale a lasciare la vita: mentre noi stiamo partendo, altri restano, vivono ancora, si godono il sole e il mare. La nostra uscita dalla scena non interrompe il mondo; esso continua, con la sua bellezza e la sua indifferenza.
È un’immagine potente, resa con apparente leggerezza, eppure gravida di significati. La ripetizione “sarà così sarà così” esprime incertezza, stupore, ma anche un senso di rassegnata accettazione. La poetessa non formula un’affermazione, ma una domanda che resta aperta, sospesa, come sospeso è lo sguardo da quel finestrino che osserva i bagnanti.
Il tema del tempo e dello sguardo
Uno degli aspetti più affascinanti della poesia è la sua riflessione implicita sul tempo e sulla soggettività. Il treno è il luogo del passaggio, del “non più” e del “non ancora”. Chi è sul treno ha già lasciato qualcosa, ma non è ancora tornato alla routine. Eppure, in quello stesso istante, altrove, il tempo ha un altro ritmo: sulla spiaggia, il presente continua ad essere festa, gioco, corpo immerso nel mare.
Vivian Lamarque sottolinea così come la nostra esperienza temporale sia sempre parziale, relativa, e che ogni vita – come ogni vacanza – si muove su binari diversi. Nessuno lascia il mondo insieme a tutti gli altri. Chi muore, lo fa mentre gli altri continuano a vivere. E forse è proprio questa dissonanza – tra la fine di un’esperienza e la sua prosecuzione altrove – a rendere l’uscita dalla scena così disarmante.
Una poesia della sottrazione
Come spesso accade nella poesia di Lamarque, anche qui domina la sobrietà, l’ellissi, l’essenzialità. La sua è una poetica della sottrazione, che rinuncia agli eccessi e all’enfasi per concentrarsi sull’essenziale. I versi sono brevi, senza punteggiatura marcata, lasciati aperti come pensieri affioranti, non del tutto conclusi.
Eppure, proprio questa semplicità formale è ciò che dà forza al messaggio. Non c’è bisogno di parole solenni o concetti astratti per parlare della morte. Basta uno sguardo dal finestrino, un’ombra di malinconia, un pensiero che si insinua guardando chi gioca ancora, mentre noi ci stiamo allontanando.
La leggerezza come profondità
Vivian Lamarque appartiene a quella tradizione poetica che sa coniugare leggerezza e profondità, semplicità e inquietudine. Il tono infantile e dimesso che caratterizza spesso la sua scrittura non va inteso come debolezza, ma come scelta precisa di stile e di visione del mondo. La sua poesia è abitata da voci piccole, domande ingenue, riflessioni quotidiane – eppure riesce a toccare le questioni più radicali: il tempo, la memoria, l’identità, la morte.
La poesia “A vacanza conclusa” ci invita a riflettere su una verità tanto semplice quanto scomoda: non si parte mai tutti insieme. La vita, come la vacanza, si interrompe per ciascuno in tempi diversi, mentre il resto del mondo prosegue. E allora quel treno che si allontana dalla spiaggia non è solo il simbolo del ritorno alla realtà, ma anche una meditazione sulla condizione umana: essere viaggiatori, passeggeri temporanei in un mondo che resta, che continua, che ci sopravvive.
In questo senso, la poesia di Vivian Lamarque è insieme dolente e pacificata, malinconica e luminosa. Un invito a guardare il mondo dal finestrino, senza smettere di porre domande.