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Il significato del verso “Nel pensier mi fingo” tratto da “L’infinito” di Leopardi

“Nel pensier mi fingo” è la frase centrale e il punto cardine dell’immortale poesia di Giacomo Leopardi. Scopriamo il significato del celebre verso

Esiste un passo della celebre poesia di Giacomo LeopardiL’infinito” che rappresenta il punto cardine del celebre componimento del poeta di Recanati.

“Nel pensier mi fingo”

Ma cosa significa realmente? Come si è arrivati a questo verso e cosa comporterà il compimento di questo “fingersi” nel pensiero? Scopriamolo subito.

Il significato del verso di Leopardi

La poesia “L’infinito” comincia con “Sempre caro mi fu quest’ermo colle, / e questa siepe che da tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Possiamo vedere che in questi primi tre versi siamo ancora sul piano del “finito”, di quell’orizzonte precluso dalla “siepe” ovvero la pineta davanti al poeta.

Subito dopo, i versi: “Ma sedendo e mirando interminati / spazi di là da quella, e sovrumani / silenzi e profondissima quiete”.Il poeta in questi successivi tre versi si sposta dal finito all’ “indefinito” degli “interminati spazi” ma non è questo che cerca, cerca “l’infinito”, e quest’ultimo lo può trovare solo dentro di se: “io nel pensier mi fingo”:

Così ripiegato e immerso in se stesso, annullata qualsiasi realtà esterna, la mente di Leopardi comincia a creare. «Io nel pensier mi fingo» (v. 7): “fingo”è un latinismo che vale plasmare, dar forma, creare, dare origine, modellare. Significa probabilmente anche conoscere: perché, qualche mese più tardi, nel luglio 1820, annotava che la natura non ha voluto che l’uomo considerasse l’immaginazione come «facoltà ingannatrice, ma la confondesse colla facoltà conoscitrice, e perciò avesse i sogni dell’immaginazione per cose reali».

Mai, come nel passo dell’Infinito, il pensiero è così attivo. Come un palombaro, Leopardi si immerge nella propria profondità. Ma questo plasmarsi, crearsi nel pensiero è un atto terribile perché, come scrive Pietro Citati: “come se uno di noi cercasse di immaginare Dio al di fuori di ogni parola, di ogni tempo, di ogni eternità, di ogni numero: un punto fermo e invisibile nel cielo”. Infatti la forza sovrumana dura il tempo di un attimo, quanto basta per non perdersi per sempre, infatti, a metà del verso seguente torniamo già nel mondo sensibile, attraverso lo stormire del vento.

L’infinito, la poesia di Leopardi

Giacomo Leopardi compose la poesia “L’infinito” nel 1819, ma la data esatta della sua stesura rimane incerta. Questo anno segnò uno dei periodi più cupi della sua vita, caratterizzato da disperazione, quasi cecità, impossibilità di pensare, tentativi falliti di fuga, scherni e rifiuti. Nonostante queste difficoltà, Leopardi riuscì a esprimere una profondità e una serenità uniche nel suo lavoro.

Leopardi, nonostante la sua sofferenza personale, manifestava una capacità straordinaria di distacco e sdoppiamento. “L’infinito” non rivela alcuna traccia della sua disperazione o solitudine, ma piuttosto una dolcezza e una serenità intellettuale che non raggiunse mai più nella sua vita. Questo poema rappresenta una sorta di rifugio spirituale e intellettuale, dove il poeta, attraverso un linguaggio raffinato e delicato, esplora la vastità dell’esperienza umana e dell’immaginazione.

Quando compose “L’infinito”, Leopardi aspirava a creare una nuova forma di poesia, una che fosse moderna, malinconica e sentimentale. Aveva l’intenzione di dare vita a una poesia che, a differenza di quella di Omero, che aveva rivelato il “bello aereo”, fosse radicata in una sensibilità più audace e sofisticata. Nel suo “Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica”, Leopardi aveva immaginato una poesia che fosse filosofica e matematica, indefinita e trascendente.

Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 a Recanati, una cittadina nella regione delle Marche, in Italia. Figlio del conte Monaldo Leopardi e della marchesa Adelaide Antici, cresce in un ambiente familiare caratterizzato da una rigida educazione religiosa e da una forte tradizione culturale. La sua infanzia è segnata da una salute precaria e da un’educazione severa che lo porta a dedicarsi intensamente agli studi classici e letterari, coltivando fin da giovanissimo una vasta cultura umanistica.

Leopardi si distingue per la sua straordinaria intelligenza e passione per lo studio. A soli dieci anni, già dimostra una sorprendente competenza in latino e greco, e a quindici anni è in grado di leggere fluentemente in diverse lingue antiche e moderne. Nonostante l’isolamento e le rigide condizioni familiari, si dedica con fervore allo studio, accumulando una vasta conoscenza in vari campi del sapere, dalla filologia alla filosofia, dalla letteratura alla scienza. Nel corso degli anni la sua produzione letteraria si arricchisce di capolavori.

Negli ultimi anni della sua vita, Leopardi si trasferisce a Napoli, dove continua a scrivere e a riflettere sulla condizione umana. Qui completa le “Operette morali”, una serie di dialoghi filosofici che esprimono la sua visione del mondo e della vita, e il “Ciclo di Aspasia”, una serie di poesie dedicate all’amore infelice e alla delusione.

Giacomo Leopardi muore il 14 giugno 1837 a Napoli, a soli 38 anni, lasciando un’impronta indelebile nella letteratura italiana e mondiale. La sua opera continua a essere studiata e ammirata per la profondità delle sue riflessioni, la bellezza della sua poesia e la sua straordinaria capacità di esplorare i temi fondamentali dell’esistenza umana.

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