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Una frase di Valerio Massimo Manfredi sul Papa che lascia San Pietro

Leggiamo questa suggestiva citazione di Valerio Massimo Manfredi tratta dal racconto "L'ultimo natale" in cui si narra dell'ultimo Papa della storia.

Valerio Massimo Manfredi, noto per la sua capacità di intrecciare storia, mito e invenzione letteraria, nel volume Zeus e altri racconti, precisamente  nel racconto “L’ultimo natale” propone una suggestione intensa e drammatica: quella di un papa immaginario, Clemente XV, che abbandona il Vaticano, lasciando il suo incarico come ultimo pontefice della storia della Chiesa. La scena è descritta con toni sobri ma carichi di simbolismo:

Clemente XV si alzò in tutta la sua statura e in tutta la sua ascetica magrezza e la calca che si era richiusa dietro la barella si aprì come per miracolo. Si liberò uno stretto sentiero fra due ali di giornalisti improvvisamente silenziosi, incapaci di fare altre domande a quell’uomo solo e addolorato. Lo guardarono mentre si allontanava immergendosi nel traffico cittadino.

Questo passaggio, così breve e denso, contiene in sé una potente allegoria della fragilità del potere spirituale di fronte ai mutamenti della storia e della società, nonché un’amara riflessione sull’abbandono e sul destino della fede in un mondo che sembra aver perso il contatto con il sacro.

La solitudine del pontefice nelle parole di Valerio Massimo Manfredi

Il personaggio di Clemente XV, così come lo dipinge Valerio Massimo Manfredi, è una figura spoglia di orpelli, un uomo magro e ascetico, la cui immagine ricorda i santi eremiti più che i pontefici potenti della storia. La calca di giornalisti che lo circonda e poi lo lascia passare senza più domande descrive perfettamente lo scollamento tra il potere spirituale e quello mediatico, tra una Chiesa che si ritira e un mondo sempre più frenetico e distratto. È come se, di fronte a quell’uomo solo e addolorato, persino il clamore dell’informazione moderna trovasse un istante di silenzio, incapace di afferrare fino in fondo il significato di ciò che sta accadendo.

Questa immagine restituisce la dimensione umana e tragica di un Papa che, abbandonando la Basilica di San Pietro, abbandona un ruolo millenario. Si dissolve così un’istituzione che ha attraversato secoli di storia europea e mondiale, tra fasti e declino, grandezza spirituale e compromessi politici. La solitudine di Clemente XV nel momento in cui si immerge nel traffico cittadino è l’immagine di una spiritualità che si perde nella modernità, smarrita tra le strade di un mondo che non sa più riconoscerla.

La fine di un’epoca

Valerio Massimo Manfredi suggerisce, attraverso questo racconto, la fine di un’epoca, forse di una civiltà intera. La Chiesa, istituzione religiosa e politica, ha da sempre rappresentato una colonna portante della cultura occidentale, ma nella narrazione di Zeus e altri racconti, essa sembra ormai ridotta a una reliquia che, una volta abbandonata, non trova più il suo posto nel presente. La figura del Papa, privato della sua sede, diventa un uomo qualunque, il suo ruolo dissolto come neve al sole.

È interessante notare come Valerio Massimo Manfredi scelga di farlo allontanare tra il traffico cittadino e non in un luogo appartato o sacro: il papa che si confonde nella folla anonima è un segno di come l’individuo contemporaneo viva immerso nella collettività senza più riferimenti spirituali condivisi. È un potente simbolo di disorientamento e di abbandono.

Il racconto evoca inevitabilmente il pensiero su ciò che resta della fede in un mondo dominato dalla tecnologia, dall’informazione e dalla velocità. La stessa scena dei giornalisti che smettono di fare domande suggerisce che ci sono momenti in cui nemmeno la curiosità professionale può colmare il senso di perdita di fronte a eventi che segnano la fine di una storia millenaria.

La vicenda di Clemente XV sembra quindi rappresentare non solo la caduta di un potere, ma anche la dissoluzione di una narrazione collettiva che per secoli ha dato senso all’esistenza e scandito il tempo delle persone. Senza quella voce, senza quel punto di riferimento, il mondo sembra scivolare verso un’assenza di significato.

Il peso della memoria e del sacro

In controluce, il racconto di Manfredi è anche una meditazione sulla memoria e sul valore del sacro. Nel momento in cui il papa abbandona San Pietro, resta il vuoto di una presenza che aveva retto il dialogo tra umano e divino. È una perdita che parla del bisogno ancestrale di ogni civiltà di avere un tramite con l’eterno, con il mistero, con il sacro.

Il fatto che quel ruolo non venga più assunto da nessuno suggerisce che il tempo degli oracoli, dei sacerdoti e dei mediatori tra terra e cielo si sia esaurito. È l’uomo moderno che ora deve fare i conti con l’assenza di Dio, con la laicizzazione radicale, con la realtà priva di trascendenza.

Valerio Massimo Manfredi, con poche righe, compone un racconto che è insieme politico, filosofico e spirituale. La figura di Clemente XV che si allontana in silenzio è il simbolo della fine di un’epoca e di un potere spirituale che per secoli ha definito il senso della vita e della morte. È una riflessione amara e lucidissima su un Occidente che forse, proprio mentre dimentica le sue radici, smarrisce anche il senso profondo della propria identità.

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