I versi di Valerio Magrelli sulla bellezza dell’amicizia

29 Luglio 2025

Leggiamo assieme questi versi di Valerio Magrelli che bene delineano il profilo della vera amicizia, che brinda ai successi e ai traguardi dell'altro.

I versi di Valerio Magrelli sulla bellezza dell'amicizia

I versi tratti dalla poesia Due amici di Valerio Magrelli offrono un’occasione intensa di riflessione sull’amicizia, sul passare degli anni e sulla percezione, inevitabilmente ironica e dolente, del tempo che ci trasforma. Scritta con una leggerezza solo apparente, questa poesia è un piccolo esercizio di vertigine esistenziale, dove l’amico che invecchia per primo diventa una figura da osservare con affetto e interrogare con pudore, come se si fosse affacciato appena un po’ più avanti sulla cima della vita.

Visto che compirai i tuoi settant’anni
sedici prima dei miei, dimmi:
com’è, da lassú, il panorama?
Qui non si vede niente,
è tutta una salita,
figurati che già mi sento stanco.
Allora brindo a te,
da questa cengia,
alla tua vetta altissima,
al tuo profilo
piú giovane del mio.

Valerio Magrelli e i versi dedicati all’amico Pino Varchetta

“Visto che compirai i tuoi settant’anni
sedici prima dei miei, dimmi:
com’è, da lassù, il panorama?”

L’immagine iniziale è tanto concreta quanto carica di metafora: l’amico più anziano viene paragonato a un alpinista che ha raggiunto per primo un’altura. Il poeta — e con lui, il lettore — rimane più in basso, affaticato da una salita che sembra infinita, senza ancora il privilegio del panorama. La montagna diventa allora una metafora evidente della vita stessa, del suo cammino, delle sue fatiche quotidiane, ma anche dell’invecchiamento, con le sue tappe, i suoi punti di sosta, e infine la vetta.

Il tono è quello dell’intimità colloquiale, uno scambio tra due amici che si conoscono da sempre, probabilmente legati da un affetto che non ha bisogno di spiegazioni. “Visto che compirai i tuoi settant’anni sedici prima dei miei” è una frase semplice, ma il calcolo preciso della distanza d’età introduce già un’ombra di malinconia: il tempo si misura ora in distanze di vetta, e ogni anno in più è un passo più vicino al punto finale del cammino.

“Qui non si vede niente,
è tutta una salita,
figurati che già mi sento stanco.”

Qui, Magrelli gioca con una disarmante sincerità. La salita che descrive non è solo la metafora dell’invecchiamento, ma anche quella della vita come sforzo quotidiano, come fatica del crescere, del comprendere, dell’accettare. Il poeta confessa: “già mi sento stanco”, anche se non è ancora arrivato. Non è un lamento, piuttosto una constatazione, venata d’ironia e affetto: la stanchezza non è solo fisica, ma anche spirituale, intellettuale. Eppure non c’è disperazione, piuttosto una sorta di dolce rassegnazione all’inevitabile percorso che accomuna tutti.

“Allora brindo a te,
da questa cengia,
alla tua vetta altissima,
al tuo profilo
più giovane del mio.”

La chiusa della poesia è di una delicatezza struggente. Il poeta alza il bicchiere — vero o metaforico che sia — e brinda all’amico che lo precede, che ha già “scollinato”. Lo fa da una “cengia”, termine tecnico dell’alpinismo che indica una sporgenza stretta sulla roccia, una sorta di punto intermedio, non ancora vetta ma nemmeno base. Il poeta è sospeso, in bilico, e guarda verso l’alto.

Colpisce in particolare il verso “al tuo profilo più giovane del mio”. È una frase paradossale, eppure perfettamente sensata. L’amico è più vecchio, ma è come se conservasse una giovinezza spirituale, una leggerezza nell’aver già raggiunto un punto da cui il poeta si sente ancora lontano. Forse l’amico ha imparato prima a lasciare andare, a vedere oltre. Oppure, più semplicemente, nell’amicizia vera, chi ci precede diventa eternamente giovane ai nostri occhi, proprio perché la memoria, la riconoscenza e l’affetto lo conservano in uno stato immutabile.

Un esercizio di affetto e misura

Magrelli, poeta della misura e dell’intelligenza poetica, ci regala una lirica che riesce a essere insieme scherzosa e profonda, priva di retorica eppure carica di emozione. Il poeta non si piange addosso, non celebra solenni elegie sull’età o sul tempo: costruisce invece una piccola scena umana, vivissima, dove la fatica della salita viene messa a confronto con la figura dell’amico che “è già lì”, più avanti. E non c’è invidia, né malinconia pura, ma piuttosto tenerezza. Il brindisi finale è il gesto simbolico che suggella l’amicizia, un ponte tra chi sale e chi già contempla il panorama.

In questo senso, la poesia è anche una riflessione sull’amicizia come compagnia nell’ascesa della vita. L’amico che ci precede non è solo colui che ha più anni: è colui che ha tracciato una via, che ci ha mostrato che la salita è possibile. E, sebbene sembri assurdo, può essere anche fonte di ispirazione, di forza.

Magrelli ci invita a guardare l’amico più anziano non come un testimone del declino, ma come qualcuno che, proprio per la sua esperienza, può restituirci la leggerezza dello sguardo: da lassù si vede meglio, forse con più distacco, con più ironia. Forse persino con più amore.

La poesia Due amici ci parla così della bellezza del legame umano e del modo in cui, attraverso l’altro, possiamo guardare alla nostra stessa esistenza con maggiore lucidità. E forse anche con più grazia.

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