Sei qui: Home » Frasi » I versi di Tonino Guerra su bellezza e importanza degli animali

I versi di Tonino Guerra su bellezza e importanza degli animali

Leggiamo questi versi di Tonino Guerra tratti dalla poesia "Il paradiso è brutto", in cui mette in scena l'iperbole d'un paradiso indegno senza animali.

In questi pochi, limpidi versi, Tonino Guerra — poeta, sceneggiatore e narratore tra i più sensibili del Novecento italiano — ci consegna una visione che sembra infantile nella semplicità eppure nasconde una profonda riflessione etica ed esistenziale: che senso l’idea di un paradiso, se vi manca ciò che rende bella, vivibile e sacra la vita? L’assenza degli animali nel paradiso immaginato da Guerra trasforma quel luogo, da sempre promesso come regno della perfezione, in uno spazio “brutto”, inospitale, svuotato di meraviglia e armonia.

“Il paradiso è brutto
se mancano gli animali
se non c’è la giraffa dal collo lungo
se non ci sono gli stormi d’uccelli che restano acquattati”

Tonino Guerra e un Paradiso triste

La poesia non ha bisogno di artifici retorici: procede per accumulo di immagini concrete, familiari, quasi fiabesche. La giraffa dal collo lungo, immagine di grazia e stranezza, simbolo della bellezza della varietà naturale, affianca gli uccelli che non volano più: un’immagine di privazione, di lutto silenzioso, che allude all’interferenza brutale dell’uomo sul mondo animale — i cacciatori sono i responsabili della stasi, della paura, della mutilazione del cielo.

Guerra, con la sua consueta capacità di dire l’essenziale con tono disarmante, sembra suggerire che la bellezza del creato è indivisibile, e che ogni esclusione — soprattutto quella degli esseri viventi non umani — è un’offesa all’armonia dell’universo. Un paradiso senza animali non è paradiso, perché gli animali sono parte integrante del nostro stupore, della nostra gioia, della nostra stessa idea di pace.

Questa poesia si inserisce nel più ampio pensiero poetico e umano di Guerra, da sempre attento ai valori della natura, della terra, della memoria contadina e infantile. Il suo sguardo è spesso quello di un bambino incantato, capace di vedere la bellezza dove gli adulti vedono solo funzione, o al più ornamento. Per Guerra, la natura non è mai sfondo, ma protagonista della vita e della poesia. E gli animali non sono presenze marginali, ma creature sacre, compagne del cammino umano.

Il tono dell’intero componimento è in bilico tra ironia e malinconia. Definire “brutto” il paradiso è un rovesciamento semantico: l’aggettivo, solitamente applicato a cose materiali, viene usato per un concetto astratto e spirituale. È una scelta deliberata che umanizza il paradiso, lo porta a livello terreno, e quindi lo rende giudicabile secondo i criteri dell’esperienza sensibile. Se il paradiso è privo di animali, allora è come un giardino senza fiori, un cielo senza stelle, una casa senza affetti: un luogo desolato, non desiderabile.

Il riferimento agli uccelli che “restano acquattati” introduce un elemento perturbante: l’intervento dell’uomo come forza distruttiva. Gli uccelli non volano più non per scelta, non per stanchezza, ma per paura. La loro assenza dal cielo non è una semplice omissione, ma il segno di una ferita, di un mondo alterato, in cui la libertà animale — e quindi anche quella umana — è minacciata. Il cacciatore diventa qui metafora della violenza umana, non solo verso gli animali, ma verso tutto ciò che è fragile, libero, vitale.

C’è anche un richiamo ecologico implicito, ma potente. Guerra, senza fare proclami o invocare ideologie, ci mostra le conseguenze del disamore per la natura. Un mondo senza animali è un mondo impoverito, mutilato. E se tale mondo è anche il nostro paradiso, allora abbiamo fallito nell’immaginare l’eternità. La poesia ci invita, dunque, a rivedere non solo la nostra idea di paradiso, ma anche e soprattutto il nostro rapporto con gli altri esseri viventi nel presente.

La scelta di includere animali simbolici come la giraffa — creatura lontana, esotica, quasi irreale — accanto agli uccelli, più familiari, di casa nostra, ci suggerisce che tutte le forme di vita sono interconnesse, e tutte contribuiscono a un’idea di bellezza e completezza universale. L’assenza di una sola specie può compromettere l’equilibrio emotivo e spirituale di un luogo.

Forse è vero, un Paradiso senza animali è un Paradiso triste

In conclusione, i versi di Tonino Guerra ci spingono a riflettere sulla responsabilità dell’essere umano nei confronti del mondo vivente. Non possiamo concepire la salvezza — individuale o collettiva — in un luogo privo di quelle creature che, sulla terra, ci insegnano ogni giorno la grazia, l’istinto, la meraviglia. Il paradiso non può essere una selezione, un’esclusione. Deve essere pienezza, convivenza, rispetto. Solo allora, forse, potremo davvero chiamarlo “paradiso”.

© Riproduzione Riservata