Una frase di Sant’Agostino sul valore dell’ascolto

11 Novembre 2025

Leggiamo assieme questa breve, ma pregna di significato, citazione di Sant'Agostino tratta dalle sue Epistole (166,4,9).

Una frase di Sant'Agostino sul valore dell'ascolto

La citazione di Sant’Agostino, tratta dalle Epistole racchiude una delle riflessioni più profonde sulla natura del sapere, sul ruolo dell’umiltà nell’apprendimento e sulla relazione autentica tra maestro e discepolo. Dietro la semplicità apparente di questa frase si cela una concezione radicale del rapporto tra conoscenza e verità, in cui la ricerca interiore prevale sulla posizione esteriore del “sapiente”.

«A me piace piuttosto sentire un maestro che essere ascoltato come maestro»

Sant’Agostino, vescovo di Ippona e uno dei più grandi pensatori cristiani del IV-V secolo, scrive queste parole in un contesto in cui il sapere non è ancora concepito come accumulo di nozioni, ma come cammino spirituale. Egli non parla del maestro come figura di autorità sociale o accademica, ma come colui che accompagna gli altri nella scoperta della verità. E la verità, secondo la sua filosofia, non si trasmette mai come un bene posseduto, ma si cerca insieme, attraverso l’ascolto.

Sant’Agostino e l’importanza dei maestri

Dire «mi piace piuttosto sentire un maestro» significa riconoscere che l’ascolto è il primo atto del sapere. In un’epoca come la nostra, in cui tutti desiderano essere ascoltati e pochi desiderano ascoltare, la frase di Agostino suona di un’attualità disarmante.
L’ascolto, per lui, non è una passività: è una forma di apertura attiva, un modo di prepararsi alla verità. Ascoltare un maestro implica la volontà di mettersi in discussione, di riconoscere i propri limiti, di accettare che la conoscenza non nasce dal predominio ma dall’umiltà.

Per Sant’Agostino, il vero insegnamento non si riduce alla parola detta, ma si radica nel silenzio interiore in cui la mente accoglie la luce della verità divina. Nel De Magistro, dialogo giovanile con il figlio Adeodato, egli afferma che nessuno insegna veramente a un altro uomo, perché l’unico vero Maestro è Cristo che parla nell’anima. Tutti gli altri insegnamenti sono strumenti, ponti, preparazioni. Ascoltare un maestro, dunque, non è adorare una voce esterna, ma imparare a riconoscere in sé la voce della verità.

L’umiltà del sapere

Quando Agostino aggiunge che preferisce “sentire un maestro” piuttosto che “essere ascoltato come maestro”, egli esprime anche una critica all’orgoglio intellettuale. In molti suoi scritti, e in particolare nelle Confessioni, il santo africano racconta come la sua giovinezza fu segnata dal desiderio di “piacere con le parole”, di essere ammirato come oratore, come uomo di cultura. Fu solo dopo la conversione che comprese quanto fosse sterile la conoscenza priva di carità e di umiltà.

Essere “ascoltato come maestro” può diventare una tentazione di vanità: il rischio di identificarsi con il ruolo e dimenticare la verità. Per questo Agostino preferisce l’atteggiamento del discepolo: egli sa che la sapienza è infinita, che nessun uomo può possederla pienamente, e che ogni vera conoscenza nasce da un costante ritorno alla condizione dell’allievo.
In questa prospettiva, il sapere non è mai definitivo: è un pellegrinaggio, un dialogo continuo tra ciò che si sa e ciò che si deve ancora imparare.

l maestro come testimone, non come padrone

Agostino, da vescovo e da insegnante di retorica, sapeva che ogni parola pronunciata davanti agli altri porta con sé una responsabilità. Il maestro, nel suo pensiero, non è colui che domina, ma colui che serve: la sua autorità deriva dalla sua capacità di ascoltare e di trasmettere senza imporsi.

Questo rovesciamento del rapporto maestro-discepolo anticipa in parte la concezione educativa che secoli dopo svilupperanno pensatori come Erasmo da Rotterdam o Montaigne, per i quali l’insegnante è prima di tutto un compagno di viaggio. Agostino, però, va oltre: il maestro non solo accompagna, ma ascolta egli stesso la verità mentre la trasmette. In ogni insegnamento autentico, infatti, anche chi parla impara.

Questa idea è straordinariamente moderna: nella pedagogia contemporanea, si parla spesso di “educazione reciproca” o di “maieutica”, richiamando implicitamente il modello socratico, ma anche quello agostiniano. L’ascolto del maestro non è sottomissione, ma dialogo spirituale: chi insegna ascolta l’altro e, nel farlo, si rinnova.

Sapere come comunione

Il pensiero agostiniano si fonda sull’idea che la verità non si possiede individualmente, ma si condivide. Dire che si preferisce ascoltare piuttosto che essere ascoltati significa rifiutare la logica del potere per abbracciare quella della comunione.
Ogni parola di Agostino è radicata nella convinzione che la verità non è oggetto di conquista, ma incontro tra anime. Il maestro autentico non parla per imporsi, ma per far nascere nell’altro la voce interiore che già possiede.

In questa visione, l’ascolto diventa atto d’amore: chi ascolta riconosce la dignità dell’altro, ne accoglie la verità. Non a caso, nella tradizione cristiana, la fede stessa nasce dall’ascolto — “fides ex auditu” scrive san Paolo — e l’ascolto diventa così la prima via alla sapienza.

L’attualità della lezione agostiniana

In un tempo dominato dalla retorica del protagonismo, la frase di Agostino assume il valore di una controcultura. Viviamo in una società che premia chi parla di più, chi si espone, chi si fa ascoltare, e dimentica la virtù silenziosa di chi sa mettersi in ascolto. Eppure, come suggerisce Agostino, solo chi ascolta può davvero insegnare, perché solo chi sa ricevere la verità può trasmetterla senza deformarla.

Il pensatore di Ippona ci offre dunque un modello alternativo di sapienza: la sapienza umile, quella che nasce dal riconoscimento dei propri limiti e dalla gratitudine verso chi ci aiuta a superarli.
Essere maestri, per Agostino, non è mai un punto d’arrivo: è una condizione temporanea, un servizio che implica l’obbligo morale di continuare ad imparare.

La citazione «A me piace piuttosto sentire un maestro che essere ascoltato come maestro» è un piccolo gioiello di modestia intellettuale e profondità spirituale. In essa si riflette l’intero spirito del pensiero agostiniano: la sapienza come ascolto, la conoscenza come cammino, l’insegnamento come servizio.

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