I versi di Sandro Penna su amore e solitudine

29 Ottobre 2025

Leggiamo assieme la prima strofa di di una poesia di Sandro Penna in cui l'amore è intravisto da lontano, su uno scoglio.

I versi di Sandro Penna su amore e solitudine

I versi di Sandro Penna  appartengono a quel lirismo essenziale e luminoso che caratterizza tutta la sua produzione poetica. In poche parole, Sandro Penna riesce a condensare la malinconia e la leggerezza, la sofferenza e la grazia, costruendo un universo in cui la poesia si fa luogo di equilibrio tra dolore e bellezza. La “dolce pena” che il poeta porta con sé è il nucleo di una sensibilità inquieta, ma mai cupa: un dolore lieve, che non distrugge ma accompagna, un sentimento che rende più acuto il senso del vivere.

«Porto con me la dolce pena. Erro
entro terre più belle dell’amore.
E mi affaccio sul mare che si batte
contro scogli per ridere con sé.»

La dolce pena: la nostalgia come compagnia vitale

Il primo verso, «Porto con me la dolce pena», introduce subito un ossimoro che è tipico dell’universo poetico di Sandro Penna: la compresenza del dolore e della dolcezza. Il poeta non parla di una pena atroce, devastante, ma di una pena “dolce”, quasi accettata, interiorizzata, persino amata. Essa diventa un tratto costitutivo della sua identità.
In questa espressione si avverte la nostalgia di chi vive l’esistenza come una tensione continua tra desiderio e realtà, tra l’intensità del sentimento e la consapevolezza della sua caducità. La pena non è più qualcosa da evitare, ma un elemento necessario, una nota che dà spessore alla melodia della vita.

Il verbo “porto” suggerisce movimento e continuità: la pena non è un peso statico, ma un compagno di viaggio. E infatti il verso successivo apre subito un orizzonte dinamico — «Erro entro terre più belle dell’amore» — dove l’erranza diventa metafora dell’esistenza poetica.

Erranza e libertà: il viaggio oltre l’amore

L’immagine del poeta che “erra” — che vaga, senza una meta precisa — è profondamente simbolica. Penna si muove entro terre più belle dell’amore, un’espressione che ha il sapore della sfida e della rivelazione. L’amore, per il poeta, non è negato, ma superato: esistono spazi interiori, emozioni e paesaggi che vanno oltre il sentimento amoroso, perché più vasti, più liberi, più indefinibili.

Le “terre più belle dell’amore” potrebbero rappresentare la dimensione dell’arte, della contemplazione, della bellezza pura che trascende l’oggetto del desiderio. In questo senso, la poesia stessa diventa una di queste terre: un luogo dove il sentimento si sublima, dove l’amore trova una forma che non conosce possesso né fine.

C’è anche, in questo movimento errante, un senso di solitudine. Sandro Penna, come molti poeti del Novecento, vive l’amore come una forza ambivalente: sorgente di gioia e insieme di pena, legame e perdita, comunione e isolamento. Ma l’erranza, pur solitaria, non è amara. È anzi piena di stupore, di libertà, di apertura al mondo.

Il mare come specchio dell’anima

La seconda parte della poesia introduce un’immagine potente e familiare nella tradizione poetica: «E mi affaccio sul mare che si batte / contro scogli per ridere con sé.»
Il mare, simbolo per eccellenza dell’infinito e della vita interiore, diventa qui una figura speculare del poeta stesso. Il mare “si batte contro gli scogli”, cioè si scontra con i limiti, ma non per distruggersi: lo fa per ridere con sé. È un gesto vitale, non disperato. La risata del mare è quella del poeta che accetta la propria lotta, la propria inquietudine, come parte integrante dell’esistenza.

Il verbo “affacciarsi” suggerisce un atto contemplativo: il poeta non è immerso nel mare, ma lo guarda da una soglia, da un confine. È il punto di equilibrio tra partecipazione e distacco, tra immersione nel sentimento e consapevolezza della sua forza. L’affacciarsi implica curiosità, desiderio, ma anche misura: il poeta osserva la vita da vicino, senza mai smettere di sentirsene parte.

Un sentimento naturale e universale

La poesia di Sandro Penna si distingue per la capacità di coniugare l’intimità personale con la dimensione universale. La “dolce pena” non è solo sua: appartiene a chiunque viva intensamente, a chiunque riconosca nel dolore una componente inevitabile della bellezza.
Il mare, le “terre più belle dell’amore”, gli scogli: sono immagini naturali, concrete, che diventano metafore del sentire umano. Penna non ricorre a simbolismi oscuri, ma a una lingua limpida, quasi infantile nella sua immediatezza. E proprio questa semplicità è la sua forza: la poesia di Penna tocca le corde più profonde senza mai alzare la voce.

La leggerezza malinconica di Sandro Penna

In questi versi, come in gran parte della sua produzione, si avverte quella che potremmo chiamare leggerezza malinconica: un modo di guardare il mondo con occhi pieni di tenerezza, anche quando si riconosce la sofferenza. Sandro Penna appartiene a quella linea della poesia novecentesca che non rinuncia alla musica del verso, alla dolcezza del ritmo, alla luminosità dell’immagine.

La sua è una malinconia che non pesa, ma illumina. La pena, in fondo, è dolce perché è consapevole, perché nasce da un amore profondo per la vita, nonostante le sue ombre. Il mare che ride con sé è l’immagine più pura di questa filosofia: la vita è movimento, scontro, risata; è accettazione del proprio destino, persino nelle sue ferite.

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