Una frase di Roberto Vecchioni sulla forza dei sentimenti

22 Dicembre 2025

Leggiamo assieme questa lezione del professore Roberto Vecchioni sui sentimenti che passano attraverso l'intelligenza.

Una frase di Roberto Vecchioni sulla forza dei sentimenti

La citazione tratta da Lezioni di volo e di atterraggio di Roberto Vecchioni è una delle riflessioni più limpide e profonde sul senso della poesia e, più in generale, sull’atto creativo. A partire da un’apparente “lezione di metrica”, Vecchioni smonta l’idea scolastica e riduttiva della forma poetica come insieme di regole astratte, per restituirle la sua natura più autentica: la forma come espressione necessaria dell’anima. Non c’è artificio, non c’è sovrastruttura intellettuale fine a se stessa; c’è piuttosto un dialogo continuo tra istinto ed elaborazione, tra emozione e intelligenza.

No, non era stata una lezione di metrica, la metrica gli era servita da pretesto. Aveva voluto dirci che non c’è casualità, artificio, o sovrastruttura intellettuale nella forma poetica. Il ritmo e i toni rispecchiano l’anima. Non si canta la morte ridendo, non si piange quando torna un amico.

Il riso e il pianto sono in sé istintivi, ma quando li devi descrivere, trasmettere ad altri, dai nervi passano all’intelligenza e l’intelligenza si fa sentimento e li propone, li espone, con le pause e le ripartenze, gli acuti e i gravi della parola scritta, della parola cantata: l’intelligenza incanala l’emozione nella spirale che le compete e poi si fa da parte, si sposta, abbandona il suo regno che è quello del capire e lascia spazio all’altro regno, quello del sentire. E noi avevamo capito e sentito.

Il punto di partenza è significativo: “No, non era stata una lezione di metrica”. La metrica, spesso percepita come una disciplina fredda, tecnica, quasi matematica, viene qui dichiarata un pretesto. Vecchioni suggerisce che il vero insegnamento non riguarda il conteggio delle sillabe o la classificazione dei versi, ma la comprensione profonda di ciò che la forma poetica realmente fa: trasforma l’emozione in comunicazione. La poesia non nasce dalla casualità, ma nemmeno da un calcolo artificioso; nasce da una necessità interiore che trova nella forma il suo canale naturale.

Roberto Vecchioni e i sentimenti

Quando Roberto Vecchioni afferma che “il ritmo e i toni rispecchiano l’anima”, tocca il cuore della questione. Ogni stato d’animo ha un suo ritmo, una sua musicalità intrinseca. La morte non può essere cantata ridendo, così come il ritorno di un amico non può essere pianto: queste affermazioni, apparentemente ovvie, ribadiscono un principio fondamentale dell’arte poetica. La forma non è un rivestimento esterno del contenuto, ma la sua diretta emanazione. Il modo in cui una cosa viene detta è inseparabile da ciò che viene detto.

Roberto Vecchioni insiste sul carattere istintivo delle emozioni: il riso e il pianto nascono dai nervi, dal corpo, da una reazione immediata e primaria. Ma la poesia — ed è qui il passaggio decisivo — non si limita a vivere l’emozione; deve trasmetterla. Nel momento in cui l’emozione deve essere comunicata ad altri, essa compie un passaggio fondamentale: “dai nervi passa all’intelligenza”. Questo non significa che venga raffreddata o snaturata, ma che venga resa condivisibile.

L’intelligenza, in questa visione, non è un nemico del sentimento, ma il suo alleato più prezioso. È l’intelligenza che organizza l’emozione, che le dà forma attraverso “le pause e le ripartenze, gli acuti e i gravi della parola scritta, della parola cantata”. Qui Vecchioni, musicista e poeta, unisce inscindibilmente scrittura e canto, mostrando come la poesia sia sempre, in qualche modo, un fatto sonoro, ritmico, corporeo.

La metafora dell’intelligenza che “incanala l’emozione nella spirale che le compete” è particolarmente efficace. L’emozione, lasciata a se stessa, è informe, caotica, inafferrabile. La forma poetica non la imprigiona, ma le permette di muoversi, di salire, di avvolgere chi ascolta o legge. È un processo dinamico, non statico, in cui l’intelligenza svolge una funzione di guida, non di dominio.

E qui avviene il passaggio più alto e più delicato della riflessione: dopo aver organizzato l’emozione, l’intelligenza “si fa da parte”, abbandona il suo regno — quello del capire — e lascia spazio all’altro regno, quello del sentire. È un’idea di straordinaria finezza: la razionalità è necessaria, ma non è il fine ultimo. Serve a preparare il terreno affinché il sentimento possa manifestarsi in tutta la sua forza. La vera poesia accade quando la tecnica diventa invisibile e l’emozione arriva al lettore o all’ascoltatore come un’esperienza viva.

L’ultima frase — “E noi avevamo capito e sentito” — suggella l’intero discorso. Capire e sentire non sono opposti, ma momenti di uno stesso processo. La lezione di Roberto Vecchioni è una lezione di umanità prima ancora che di letteratura: comprendere non basta, sentire da soli non basta. L’arte autentica nasce dall’incontro tra questi due poli, quando l’intelligenza si mette al servizio dell’emozione e poi, con discrezione, si ritira.

e oggi?

In un’epoca in cui spesso si contrappongono istinto e tecnica, spontaneità e forma, questa riflessione restituisce alla poesia la sua unità originaria. La forma non è una gabbia, ma una casa; la metrica non è un esercizio sterile, ma un modo per dare al sentimento un corpo, una voce, una durata nel tempo. La citazione di Roberto Vecchioni ci ricorda che la vera arte non nasce dal caso né dal calcolo puro, ma da un equilibrio fragile e necessario tra mente e cuore. Ed è in questo equilibrio che, come lettori e ascoltatori, possiamo davvero capire e sentire.

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