Una frase di Plinio il Vecchio sul valore dell’apprendimento

18 Settembre 2025

Leggiamo questa citazione di Plinio il Vecchio tratta dal VII libro della sua Naturalis Historia, in cui ci parla della facoltà dell'essere umano d'imparare

Una frase di Plinio il Vecchio sul valore dell'apprendimento

Questa affermazione di Plinio il Vecchio, tratta dalla Naturalis Historia, colpisce ancora oggi per la sua lucidità e per il suo potere di sintesi. In poche parole, il grande enciclopedista latino mette in luce una verità antropologica fondamentale: la condizione dell’essere umano alla nascita è di radicale dipendenza, di vulnerabilità assoluta.

“L’uomo è l’unico animale che non apprende nulla senza un insegnamento: non sa parlare, né camminare, né mangiare, insomma non sa far nulla allo stato di natura tranne che piangere.”

Plinio osserva che, a differenza degli altri animali, l’uomo non possiede competenze istintive pronte all’uso. I cuccioli di molte specie sanno camminare o cercare nutrimento poco dopo la nascita; gli esseri umani invece devono imparare tutto attraverso la cura, l’educazione e l’interazione con i simili. Questo dato biologico e culturale diventa il punto di partenza per una riflessione più ampia sul significato dell’educazione, sul ruolo della società e sulla natura stessa dell’umanità.

Plinio il Vecchio e la sua opera monumentale

La citazione mette in evidenza un concetto che sarà sviluppato nei secoli successivi da filosofi, pedagogisti e antropologi: l’uomo è un essere incompiuto. Nasce privo di strumenti pratici, incapace di sopravvivere da solo, ma proprio questa incompletezza lo spinge a sviluppare cultura, linguaggio, tecniche e istituzioni.

È significativo che Plinio individui nell’atto del piangere l’unica “competenza” originaria: il pianto non è solo espressione di dolore, ma è soprattutto una forma primordiale di comunicazione, un segnale vitale che chiama all’intervento dell’altro. Sin dalla nascita, dunque, l’essere umano non è autosufficiente ma è costitutivamente in relazione: ha bisogno di essere accolto, nutrito, istruito.

Natura e cultura: un binomio inscindibile

Il pensiero di Plinio anticipa, in qualche modo, il dibattito moderno sulla distinzione tra natura e cultura. Se in molti animali l’istinto garantisce la sopravvivenza, nell’uomo la sopravvivenza è resa possibile solo dalla trasmissione culturale. Parlare, camminare correttamente, persino alimentarsi in modo adeguato non sono azioni spontanee, ma risultati di un lungo processo di apprendimento.

La cultura, dunque, non è un “di più” rispetto alla natura, ma è ciò che compensa l’assenza di istinti forti e definiti. L’uomo non sa istintivamente come vivere: deve impararlo. Ed è proprio questa necessità che ha dato origine alla civiltà, alle scuole, alle leggi, alle tradizioni.

Il ruolo decisivo dell’educazione

Se l’uomo nasce in questa condizione di fragilità, allora l’educazione diventa la sua vera forza. Plinio sembra suggerire che la differenza tra l’essere umano e gli altri animali non sia tanto nella superiorità fisica o nell’intelligenza innata, ma nella capacità di ricevere e trasmettere insegnamenti.

Questa osservazione conserva un’attualità impressionante. Senza educazione, senza un contesto che lo formi, l’individuo rischia di non sviluppare appieno le proprie potenzialità. Non è un caso che nel corso della storia filosofi come Aristotele, Comenio, Rousseau o Montessori abbiano posto l’accento sulla necessità di guidare i bambini in un percorso graduale di apprendimento. Plinio, pur non essendo un pedagogo in senso stretto, coglie l’essenza stessa del problema: la condizione umana è inseparabile dall’insegnamento.

Una debolezza che diventa forza

C’è un paradosso affascinante nelle parole di Plinio il Vecchio. Quello che appare come un difetto — la totale dipendenza del neonato — è in realtà la condizione che rende possibile lo sviluppo di facoltà uniche. Proprio perché deve imparare tutto, l’uomo diventa capace di apprendere in modi illimitati. La sua debolezza originaria si trasforma in apertura al mondo, in adattabilità, in creatività.

Un animale guidato dall’istinto ripeterà comportamenti simili per generazioni; l’uomo, invece, è costretto a inventare, a trasmettere, a rinnovare. Da questa necessità nascono le lingue, le arti, le scienze, i sistemi politici. La civiltà intera si può considerare come la risposta al pianto originario dell’essere umano.

Il passo di Plinio suggerisce anche che l’uomo è animale sociale non per scelta, ma per necessità. Senza l’aiuto della comunità non potrebbe sopravvivere né svilupparsi. La famiglia, il villaggio, la città diventano dunque strumenti indispensabili di protezione e di formazione.

In questo senso, il pensiero di Plinio il Vecchio dialoga con quello di altri grandi autori classici, come Aristotele, che definì l’uomo “animale politico”. La politica, l’educazione, il linguaggio: tutte queste dimensioni nascono dalla vulnerabilità originaria che costringe l’essere umano a vivere con e per gli altri.

Attualità della lezione di Plinio

Oggi, in un mondo dominato dalla tecnologia e dall’idea di autonomia individuale, le parole di Plinio il Vecchio ci ricordano che nessuno è realmente autosufficiente. Tutti noi siamo il risultato di insegnamenti ricevuti: dai genitori, dagli insegnanti, dalla comunità, dalle generazioni precedenti. Anche l’innovazione più radicale è figlia di un patrimonio di conoscenze condivise.

La citazione mette in crisi l’illusione moderna di un individuo “fatto da sé”. Nessuno “si fa da solo”: ogni competenza, ogni abilità è frutto di una catena di trasmissioni che risale a tempi antichi.

La riflessione di Plinio il Vecchio sulla condizione umana alla nascita è molto più che un’osservazione biologica: è una lezione filosofica e culturale. L’uomo nasce fragile, incapace di sopravvivere da solo, ma questa mancanza diventa la sua più grande risorsa. Deve imparare, e quindi può crescere indefinitamente.

Il pianto originario, unico gesto naturale dell’essere umano, diventa il simbolo della sua apertura al mondo: un appello che chiede cura, relazione, educazione. Da questo gesto elementare si sviluppa la storia intera dell’umanità, una storia che non è mai solo natura, ma sempre e inevitabilmente cultura.

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