La citazione pronunciata da Papa Francesco durante l’Angelus del 21 dicembre 2014 si colloca nel cuore del tempo di Avvento, ma il suo significato va ben oltre il calendario liturgico. «Quante volte Gesù passa nella nostra vita…» non è soltanto un invito alla preparazione natalizia, bensì una riflessione profonda sulla distrazione dell’uomo contemporaneo, sulla difficoltà di riconoscere il senso spirituale dell’esistenza e sulla necessità di riscoprire un atteggiamento di ascolto e di accoglienza interiore.
Quante volte Gesù passa nella nostra vita, e quante volte ci manda un angelo, e quante volte non ce ne rendiamo conto, perché siamo tanto presi, immersi nei nostri pensieri, nei nostri affari e addirittura, in questi giorni, nei nostri preparativi del Natale, da non accorgerci di Lui che passa e bussa alla porta del nostro cuore, chiedendo accoglienza, chiedendo un “sì”, come quello di Maria.
Il Natale per Papa Francesco
Il Papa costruisce il suo discorso attraverso una serie di ripetizioni che hanno una funzione precisa: “quante volte”. Questa formula insiste sul carattere quotidiano e ricorrente della presenza di Dio nella vita umana. Gesù non passa una volta sola, in un evento straordinario e irripetibile; passa molte volte, in forme diverse, spesso silenziose, talvolta inattese. La fede, in questa prospettiva, non è un’esperienza eccezionale riservata a momenti speciali, ma un incontro possibile nel tessuto ordinario dei giorni.
Accanto a Gesù, Papa Francesco introduce un’altra figura centrale: l’angelo. Nella tradizione cristiana, l’angelo è il messaggero, colui che annuncia, che prepara, che orienta. Ma nel linguaggio pastorale del Papa, l’angelo non è soltanto una figura soprannaturale: può essere una persona concreta, una parola ascoltata per caso, un evento che interpella la coscienza. L’angelo diventa il simbolo di tutte quelle mediazioni attraverso cui Dio cerca di farsi riconoscere.
Il nodo drammatico della citazione sta però nell’ammissione: “quante volte non ce ne rendiamo conto”. Qui Papa Francesco non formula un’accusa, ma una constatazione umana, quasi compassionevole. La mancata percezione della presenza di Dio non nasce da cattiveria o rifiuto esplicito, bensì da una sovrabbondanza di pensieri, impegni, preoccupazioni. L’uomo moderno è descritto come “preso”, “immerso”, quasi sommerso dalla propria attività mentale e pratica.
L’elenco che segue — “i nostri pensieri, i nostri affari, e addirittura, in questi giorni, i nostri preparativi del Natale” — è particolarmente significativo. Il Papa sottolinea un paradosso: proprio nel tempo in cui si celebra la venuta di Cristo, si rischia di non accorgersi di Lui. I preparativi del Natale, che dovrebbero essere un mezzo per l’attesa, diventano un ostacolo. Il rito, il consumo, l’organizzazione prendono il posto dell’interiorità.
Un Natale evangelico
Questa critica non è moralistica, ma profondamente evangelica. Papa Francesco non condanna il fare, ma invita a non lasciarsi assorbire completamente dall’esterno, dimenticando lo spazio interiore. Il problema non è avere impegni, ma perdere la capacità di fermarsi, di ascoltare, di riconoscere. In questo senso, la citazione tocca un tema centrale del pontificato di Francesco: la distrazione come malattia spirituale del nostro tempo.
L’immagine più potente del discorso è quella di Gesù che “passa e bussa alla porta del nostro cuore”. Qui il Papa riprende una metafora biblica antica, ma sempre attuale. Dio non irrompe con violenza, non forza la porta: bussa. Il bussare implica rispetto, attesa, pazienza. Ma implica anche una responsabilità da parte dell’uomo: qualcuno deve aprire. La fede, in questa visione, non è imposizione, ma risposta libera.
Il Papa chiarisce subito cosa Gesù chiede: “accoglienza, chiedendo un ‘sì’”. Non chiede imprese eroiche, né perfezione morale; chiede un sì. Un consenso interiore, un’apertura, una disponibilità. Ed è qui che entra in scena la figura di Maria, richiamata come modello assoluto dell’accoglienza. Il “sì” di Maria non è privo di paura o di incertezza, ma è totale nella fiducia. Francesco propone Maria non come figura irraggiungibile, ma come paradigma umano: una donna che ha saputo ascoltare e rispondere.
Il riferimento a Maria sposta il discorso dalla teoria alla pratica. Non basta riconoscere che Gesù passa; occorre decidere come rispondere. Il “sì” è un atto semplice e radicale insieme, che può tradursi in piccoli gesti quotidiani: un’attenzione in più all’altro, un momento di silenzio, una scelta di sobrietà, un’apertura alla misericordia.
In conclusione, la citazione di Papa Francesco offre una meditazione intensa sulla presenza discreta di Dio nella vita quotidiana e sulla difficoltà dell’uomo a riconoscerla. È un invito a rallentare, a svuotarsi di ciò che ingombra, per fare spazio all’essenziale. Gesù continua a passare, continua a bussare. La domanda che resta aperta — soprattutto nel tempo del Natale — non riguarda la sua presenza, ma la nostra disponibilità ad accoglierla.
