La citazione di Paolo Cognetti tratta da Le otto montagne racchiude un concetto profondamente radicato nella nostra cultura: la necessità di lasciare il proprio luogo d’origine per completare il proprio percorso di crescita. Questa riflessione, oltre a essere autobiografica per lo stesso Cognetti, è un tema universale che attraversa la letteratura, la filosofia e l’esperienza di moltissime persone.
“Dai miei genitori avevo ereditato l’idea che, a un certo punto della giovinezza, uno debba dire addio al posto in cui è nato e cresciuto e andare a diventare grande da un’altra parte.”
Paolo Cognetti e il bisogno di evadere per crescere
Nel romanzo Le otto montagne, il protagonista Pietro eredita dai genitori l’idea che la crescita personale passi attraverso il distacco dalle proprie radici. Questa concezione non è solo una scelta individuale, ma un valore trasmesso di generazione in generazione. I genitori, che hanno compiuto a loro volta questo viaggio, insegnano al figlio che il mondo si allarga solo quando si ha il coraggio di partire.
Si tratta di un’eredità culturale che possiamo ritrovare anche nella storia del nostro Paese. Per secoli, gli italiani hanno lasciato la propria terra natale per cercare fortuna altrove, sia all’interno della stessa penisola sia all’estero. Questo fenomeno ha dato origine a intere generazioni di emigranti, ma anche a un’identità costruita sull’idea del viaggio come necessità e, talvolta, come destino.
L’idea di lasciare il proprio luogo d’origine per “diventare grande” è profondamente legata a un concetto antropologico di rito di passaggio. In molte culture, l’ingresso nell’età adulta è segnato da una prova che prevede l’allontanamento dal nucleo familiare e dalla comunità d’origine.
Nel mondo moderno, questa prova si traduce spesso nel trasferimento in una nuova città per studiare, lavorare o semplicemente cercare un’indipendenza economica ed emotiva. Andare via significa confrontarsi con un ambiente sconosciuto, con nuove responsabilità e con la necessità di reinventarsi.
Cognetti suggerisce che questo passaggio sia in qualche modo obbligato: non è solo una possibilità, ma una tappa necessaria del cammino verso la maturità. Restare nel luogo d’origine, al contrario, potrebbe significare rimanere ancorati a un’identità che non evolve, che non si confronta con il mondo esterno.
Nel romanzo di Cognetti, la montagna assume un ruolo simbolico fondamentale. Pietro cresce a Milano, ma il legame con la montagna è un aspetto centrale della sua identità. Tuttavia, per comprendere davvero se stesso, deve allontanarsi sia dalla città sia dalle montagne dell’infanzia.
Questo dualismo tra montagna e città è un riflesso del contrasto tra il bisogno di radici e il desiderio di scoperta. La città rappresenta il progresso, le opportunità, il cambiamento, mentre la montagna è il simbolo della stabilità, della tradizione e di un rapporto più autentico con la natura e con se stessi. Pietro si troverà a oscillare tra questi due mondi, cercando di trovare il proprio equilibrio.
Andarsene per ritrovare se stessi
La citazione di Cognetti non implica un rifiuto delle proprie origini, ma piuttosto la necessità di osservarle da una nuova prospettiva. Spesso, per comprendere il valore di un luogo o di una cultura, è necessario distaccarsene e guardarla da lontano.
Molti artisti, scrittori e pensatori hanno sperimentato questa dinamica. Pensiamo, ad esempio, a Cesare Pavese, che nelle sue opere descrive il contrasto tra la vita cittadina e la nostalgia per le colline delle Langhe. Anche Luigi Pirandello, nei suoi romanzi e nelle sue novelle, racconta il conflitto interiore di chi lascia la propria terra per poi sentire il richiamo delle radici.
Questo tema è presente anche nella letteratura internazionale: Ernest Hemingway, ad esempio, scrisse gran parte delle sue opere viaggiando tra Europa e America, raccontando storie di uomini che cercano il proprio posto nel mondo.
Se il distacco è necessario per la crescita, il ritorno può diventare un modo per riconciliarsi con le proprie radici. In Le otto montagne, Pietro si riavvicina alla montagna con una consapevolezza diversa. Il suo viaggio non è stato solo un allontanamento, ma anche una ricerca di significato.
Molte persone, dopo aver vissuto lontano dal proprio luogo d’origine, scoprono di volerci tornare, ma con uno sguardo rinnovato. A volte si tratta di un ritorno fisico, altre volte solo di una riconciliazione interiore. Quel che è certo è che l’addio iniziale non è una negazione delle proprie origini, ma un passo verso una conoscenza più profonda di sé.
La riflessione di Paolo Cognetti ci invita a considerare il viaggio e il distacco come elementi essenziali della crescita personale. Andarsene non significa rinnegare il proprio passato, ma concedersi la possibilità di diventare qualcosa di più di ciò che si è stati fino a quel momento.
Attraverso il racconto di Cognetti, Le otto montagne ci ricorda che il nostro percorso non è mai lineare: si parte, si esplora, si cambia, e talvolta si ritorna. Ma ogni passo, ogni addio e ogni incontro contribuiscono a costruire la nostra identità. In fondo, crescere significa proprio questo: trovare il proprio posto nel mondo, anche se per farlo bisogna prima lasciarlo alle spalle.