Una frase di Oscar Wilde sul valore della realtà attorno a noi

14 Ottobre 2025

Leggiamo assieme questa citazione di Oscar Wilde in cui l'intellettuale irlandese ci ricorda come sia difficile fare una scala di valori sul reale.

Una frase di Oscar Wilde sul valore della realtà attorno a noi

Con queste parole, tratte dal De Profundis, Oscar Wilde ci consegna una delle riflessioni più intime e mature della sua esistenza. Scritta durante il suo periodo di detenzione nel carcere di Reading, l’opera rappresenta il punto più profondo del suo percorso umano e spirituale: una lunga lettera di confessione, di dolore e di rinascita interiore. In essa, Wilde — l’esteta brillante, il dandy raffinato che aveva vissuto per la bellezza e per il piacere — riscopre un’altra forma di grandezza, quella che nasce dall’umiltà e dalla capacità di guardare il mondo senza gerarchie, senza distinzioni di importanza, di status o di valore.

«Nella vita non c’è in realtà nessuna cosa piccola o grande. Tutte le cose hanno uguale valore e uguale dimensione.»

Il suo pensiero, che a prima vista potrebbe apparire paradossale, si fonda su una visione radicalmente democratica dell’esistenza. Dire che “non esistono cose piccole o grandi” significa negare ogni scala di giudizio fondata sulla quantità, sull’apparenza o sulla convenzione sociale, e affermare invece che tutto ciò che esiste, per il solo fatto di esistere, ha un valore equivalente. È un’idea che nasce non dalla leggerezza, ma dal dolore: Wilde la matura mentre è spogliato di tutto ciò che prima costituiva la sua identità — la fama, la ricchezza, la libertà — e impara a vedere il mondo da una prospettiva nuova, quella di chi non ha più nulla da difendere.

L’uguaglianza delle cose e la relatività dei valori nella citazione di Oscar Wilde

Quando Oscar Wilde scrive che non esistono cose grandi o piccole, mette in discussione la logica stessa del successo e del fallimento, dell’importanza e della futilità. In una società che misura ogni gesto, ogni evento e ogni persona in base alla loro visibilità o al loro impatto, l’autore del De Profundis propone una forma di eguaglianza ontologica: tutto ciò che accade nella vita — un sorriso, una perdita, un tramonto, una condanna, un incontro — partecipa dello stesso tessuto dell’esistenza, e quindi ha lo stesso diritto di essere riconosciuto.

È una riflessione che si avvicina al pensiero cristiano e, in parte, anche a quello buddista. In entrambe le visioni del mondo, ogni cosa, anche la più umile, è una manifestazione del tutto. Non esiste il gesto insignificante, perché tutto contribuisce a formare il senso complessivo del vivere. Wilde, che era stato l’uomo dell’eccesso e dell’apparenza, comprende in carcere che la vera grandezza è nell’attenzione, nel riconoscere il valore nascosto delle cose minute.

Da questa prospettiva, l’autore ribalta la gerarchia dei valori: ciò che è piccolo agli occhi del mondo — un atto di gentilezza, un gesto di perdono, un pensiero silenzioso — può avere lo stesso peso di un’impresa grandiosa. La distinzione fra il “grande” e il “piccolo” appartiene, in fondo, allo sguardo superficiale dell’uomo che misura e confronta, non a quello dell’anima che contempla e comprende.

La conversione dello sguardo

Il De Profundis è anche un percorso di trasformazione dello sguardo. Prima della prigionia, Oscar Wilde aveva vissuto secondo il principio dell’arte per l’arte, cercando nella bellezza la forma più alta di libertà. Dopo la caduta, scopre che la vera bellezza non risiede solo nella perfezione, ma anche nella fragilità, nel dolore, nella mancanza. Vedere che “tutte le cose hanno uguale valore” significa accettare che ogni esperienza — anche quella più terribile — contribuisce alla pienezza della vita.

In questa nuova prospettiva, Wilde non rinnega il suo passato, ma lo rilegge. Comprende che i momenti di gloria e quelli di umiliazione, le gioie e le sconfitte, sono manifestazioni dello stesso processo vitale. La grandezza non è nei fatti in sé, ma nella coscienza che li accoglie. È una lezione di umiltà, ma anche di saggezza: l’animo che sa riconoscere la pari dignità di tutte le cose diventa capace di vivere con serenità anche ciò che non può cambiare.

La misura dell’uomo e il valore dell’esperienza

Oscar Wilde ci invita, con questa frase, a superare il giudizio. Viviamo in un mondo che tende a classificare e a graduare: ci sono successi e fallimenti, momenti importanti e momenti trascurabili. Eppure, nella profondità dell’esperienza umana, tutto è intrecciato. L’uomo che piange nel silenzio di una cella e il bambino che gioca in un giardino partecipano della stessa sostanza di vita.

Riconoscere questa verità significa anche recuperare una visione poetica del mondo, in cui la realtà non è più suddivisa in compartimenti di valore, ma vissuta come un continuum. È lo sguardo dell’artista e del saggio, che trova significato tanto in un dettaglio quanto in un evento epocale.

In questa luce, il pensiero di Oscar Wilde diventa un invito alla presenza consapevole: se tutto ha uguale valore, allora ogni istante merita la stessa attenzione, la stessa cura. Non esiste un momento troppo piccolo per essere vissuto pienamente.

Un’etica della semplicità

Nel dire che “tutte le cose hanno uguale valore e uguale dimensione”, Wilde propone anche una nuova etica, quella della semplicità e della compassione. È un’etica che non giudica, che non misura, che accoglie. Quando si abbandonano le distinzioni tra grande e piccolo, tra importante e secondario, si scopre che tutto può essere fonte di apprendimento, che anche la sofferenza più umile può insegnare.

Alla fine del De Profundis, Oscar Wilde appare come un uomo che ha imparato a guardare il mondo senza gerarchie. La sua voce non è più quella del dandy ironico, ma quella di un essere umano riconciliato con la complessità del reale. E così, nella sua affermazione, si rivela un’intuizione profonda: il senso della vita non si misura in grandezze, ma in intensità, e ogni cosa, dal più piccolo gesto d’amore al più grande dolore, è parte dello stesso miracolo.

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