I versi di Omero sul valore del viaggio e sui viaggiatori

24 Settembre 2025

Leggiamo assieme questi versi di Omero ( attribuiti a lui) facenti parte del quindicesimo libro dell'Odissea.

I versi di Omero sul valore del viaggio e sui viaggiatori

Questi versi di Omero, collocati all’interno del XV libro dell’Odissea, contengono una riflessione che va ben oltre l’episodio narrato. Siamo davanti a un principio di ospitalità equilibrata, che unisce cortesia, rispetto e misura. L’ospite, ci dice Omero, va accolto con calore, ma non va mai costretto, né a restare oltre il suo desiderio, né a partire prima del tempo. Questa affermazione, apparentemente semplice, racchiude un’idea profonda di equilibrio etico e sociale che ha attraversato i secoli e che conserva ancora oggi una straordinaria attualità.

«Pecca ugualmente chi all’ospite, che non vuole partire,
fa fretta, e chi, mentre già parte, lo ferma.
L’ospite va ben trattato se resta, lasciato partire, se vuole.»
(Odissea, libro XV)

Omero e l’ospitalità nel mondo antico

Nel mondo greco antico, l’ospitalità era regolata da un codice sacro: lo xenía, cioè il rapporto che legava ospite e ospitante. Non si trattava di un semplice gesto di cortesia, ma di un dovere religioso e sociale. Ogni straniero era posto sotto la protezione di Zeus Xenios, il dio garante dell’ospitalità. Accogliere un viandante, offrirgli cibo, un giaciglio e sicurezza era dunque un obbligo, non solo morale ma anche divino.

L’Odissea è costellata di episodi che mettono in scena la xenía: basti pensare all’accoglienza generosa dei Feaci a Ulisse, che lo aiutano a tornare in patria, o al comportamento opposto dei Proci, che abusano dell’ospitalità nella casa di Ulisse, trasformandosi da ospiti a usurpatori. L’arte di accogliere diventa quindi un banco di prova dell’etica individuale e collettiva.

Il valore della misura

Nel passo citato, Omero aggiunge però un elemento importante: la misura. Non basta accogliere, bisogna saper dosare l’accoglienza. Fare fretta a chi non vuole partire significa mancare di generosità; trattenere chi desidera andare via significa mancare di rispetto alla sua libertà. In entrambi i casi si commette una colpa, perché si oltrepassa il giusto limite.

Il termine chiave è dunque la moderazione, che nel pensiero greco è virtù fondamentale. La sophrosýne, la temperanza, consisteva proprio nella capacità di non eccedere né in un senso né nell’altro, di trovare il giusto mezzo tra due estremi. Applicata all’ospitalità, questa virtù si traduce nel saper bilanciare calore e discrezione, accoglienza e libertà.

Una lezione di libertà e rispetto

Questi versi non parlano soltanto dell’ospite, ma contengono una riflessione più ampia sulla libertà personale. Omero ci invita a riconoscere all’altro il diritto di scegliere: se l’ospite vuole restare, deve essere accolto; se vuole partire, non deve essere trattenuto. In questo senso, l’ospitalità diventa anche una forma di riconoscimento della dignità altrui.

Il legame tra ospite e ospitante, infatti, non deve trasformarsi in possesso. È un rapporto che nasce dalla gratuità e che si dissolve nella libertà. Solo così mantiene la sua autenticità.

Attualità del messaggio

La riflessione omerica risuona sorprendentemente attuale nel mondo contemporaneo. In un’epoca caratterizzata da mobilità, migrazioni e contatti tra culture diverse, la questione dell’accoglienza è più che mai centrale. Accogliere significa aprirsi, ma sempre nel rispetto della libertà reciproca.

Da un lato, vi è il rischio di chiudersi, di rifiutare l’ospite o di spingerlo ad andarsene in fretta: un atteggiamento che può tradursi in esclusione, discriminazione o indifferenza. Dall’altro, vi è il rischio opposto: trattenere l’altro oltre misura, inglobarlo senza rispettarne l’autonomia, come fecero i Proci nell’Odissea.

Il passo omerico ci ricorda che il giusto equilibrio sta nel saper offrire ospitalità autentica: non un vincolo, ma un dono che lascia spazio alla libertà.

Una regola di convivenza universale

Questa lezione, pur scaturita da un contesto epico, ha il valore di una regola universale. La troviamo, con formulazioni diverse, anche in altre culture. Nella tradizione cristiana, ad esempio, l’ospitalità è un dovere di carità, ma anche lì si insiste sul rispetto dell’altro. Nelle culture orientali, come quella giapponese, l’accoglienza si traduce in gesti di riguardo che non devono mai diventare invadenza.

Omero, dunque, ci consegna una verità senza tempo: la vera ospitalità non è possesso, ma libertà.

I versi del XV libro dell’Odissea ci mostrano che l’ospitalità è un’arte che richiede misura, intelligenza e rispetto. Accogliere non significa trattenere, così come lasciar andare non significa rifiutare. Tra questi due estremi si colloca la virtù della moderazione, che rende autentico il rapporto tra ospite e ospitante.

Ancora oggi, in un mondo globalizzato e interconnesso, questa antica saggezza può guidarci: accogliere chi resta, lasciare partire chi vuole, riconoscere la libertà come fondamento di ogni relazione. Così, l’insegnamento di Omero continua a vivere, non solo nelle pagine immortali dell’epica, ma nella pratica quotidiana delle nostre relazioni umane.

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