“La realtà è il sogno che tutti sognano.” Con queste parole Miguel de Unamuno, nella sua opera Nebbia (1914), ci invita a riflettere sul confine tra ciò che percepiamo come reale e ciò che esiste come pura proiezione della mente. La citazione racchiude in sé un’affascinante tensione filosofica, intrecciando temi come l’individualità, il collettivo, e la natura stessa della realtà.
“Il sogno di uno solo è l’illusione, l’apparenza; il sogno di due è già la verità, la realtà. Cos’è il mondo reale, se non il sogno che tutti sognano, il sogno comune a tutti?”
Miguel de Unamuno e il sogno attaccato al reale se condiviso
Unamuno, in questa riflessione, distingue chiaramente tra il sogno di un singolo individuo e il sogno condiviso. Il sogno individuale, vissuto da un’unica persona, è illusione, apparenza; manca di concretezza e di quella legittimazione che nasce dalla condivisione. Questo punto richiama la fragilità delle percezioni soggettive: ciò che appare reale a uno solo può facilmente essere liquidato come immaginario o privo di valore.
Questo concetto trova radici profonde nella filosofia occidentale, a partire da Platone, che nel mito della caverna descrive la difficoltà di distinguere tra ombra e realtà. L’individuo isolato, secondo Unamuno, non può essere arbitro unico della verità, poiché la sua visione è limitata, parziale e soggetta a fraintendimenti.
Quando il sogno è condiviso da due persone, afferma Unamuno, esso acquista verità e realtà. È in questa interazione che emerge il senso di una realtà comune. Qui si profila un’idea fondamentale: la realtà non è oggettiva e indipendente, ma costruita dalla condivisione tra soggetti.
Questo tema si collega al pensiero fenomenologico, in particolare a Edmund Husserl, che sottolinea come la realtà venga costituita intersoggettivamente. La verità non è qualcosa che semplicemente si trova, ma qualcosa che emerge dal dialogo, dal confronto e dalla relazione tra le coscienze. In questa prospettiva, il mondo reale diventa il prodotto dell’interazione umana, un sogno collettivo che tutti condividono e alimentano.
La citazione di Unamuno anticipa, in un certo senso, teorie sociologiche come quella della “costruzione sociale della realtà” di Berger e Luckmann. Secondo questa visione, il mondo che percepiamo come reale è il risultato di processi sociali: norme, linguaggi, valori e credenze condivise che danno forma alla nostra esperienza quotidiana.
Unamuno sembra suggerire che il sogno condiviso – ciò che chiamiamo realtà – esista solo finché vi partecipano tutti i sognatori. Questo ci porta a interrogarci sulla precarietà della realtà: se la maggioranza smettesse di credere in un determinato aspetto del mondo, ciò potrebbe smettere di esistere? La storia stessa ci fornisce numerosi esempi, come il crollo degli imperi, che una volta sembravano immutabili perché sorretti dalla fede collettiva e che poi sono scomparsi quando quella fede è venuta meno.
Un altro aspetto interessante della riflessione di Unamuno è la relazione tra l’individuo e il collettivo. Se da una parte il sogno individuale è definito come illusione, non possiamo ignorare che la collettività stessa è composta di individui. La condivisione del sogno implica quindi un compromesso: le persone devono rinunciare a parte della propria visione per abbracciare una verità comune.
Questo crea una tensione inevitabile: quanto del sogno collettivo è veramente autentico? Quanto di esso risponde ai bisogni e alle aspirazioni di ciascun individuo? Questa domanda è particolarmente rilevante in una società globalizzata come la nostra, dove le narrazioni collettive spesso rischiano di schiacciare le peculiarità individuali.
L’universalità del sogno comune
L’idea di una realtà come sogno condiviso ha implicazioni profonde anche a livello metafisico e religioso. Alcuni pensatori orientali, come quelli della filosofia indiana o buddista, sostengono una visione simile: la realtà è una sorta di illusione collettiva, un “velo di Maya” che nasconde la verità ultima.
Unamuno, con la sua prospettiva cristiana e umanistica, sembra invece guardare al sogno comune come a un’occasione di redenzione. La realtà non è data, ma costruita attraverso la collaborazione e il riconoscimento reciproco, offrendo la possibilità di un senso condiviso.
Miguel de Unamuno, con la sua capacità di mescolare letteratura, filosofia e introspezione, ci invita a ripensare la realtà come un sogno collettivo. Questa visione sposta l’accento dall’oggettività al dialogo, sottolineando il ruolo fondamentale dell’interazione umana nella creazione di ciò che percepiamo come reale.
In un mondo sempre più complesso e interconnesso, le parole di Unamuno ci ricordano che la verità e la realtà nascono dalla condivisione, dall’ascolto e dal riconoscimento reciproco. Così, il sogno di due – o di molti – può trasformarsi in quella fragile ma preziosa costruzione che chiamiamo mondo.