Nella lirica “Io le dicea tremando…” Mario Rapisardi esprime con struggente delicatezza l’assolutezza del sentimento amoroso, rivelando, nei versi iniziali della poesia, una dichiarazione d’amore intensa e totalizzante:
“Io le dicea tremando: Altra, già il sai,
Ricchezza altra io non ho, fuor che il tuo core,
Altra luce non ho fuor che i tuoi rai,
Altra fede non ho tranne l’amore.”
Questi versi, intrisi di pathos e spiritualità, pongono l’amore al centro dell’identità dell’io lirico. Non si tratta di una semplice passione giovanile o di un amore occasionale, ma di un sentimento che definisce totalmente l’esistenza del poeta. La forma poetica è al servizio di un contenuto universale: l’amore come unica ricchezza, unica fede, unica luce.
L’amore come valore assoluto nei versi e nella vita di Mario Rapisardi
L’io lirico si rivolge all’amata con voce tremante, segno non solo dell’emozione, ma anche della vulnerabilità che accompagna ogni vera confessione amorosa. Questo tremore è l’indizio di un’intimità scoperta, fragile, ma sincera. Nella dichiarazione, ogni possibile bene materiale o ideale viene escluso: non ci sono altri affetti, ricchezze, credenze, certezze. Solo il cuore dell’amata, la sua luce, il sentimento che li unisce.
Il poeta afferma: “Ricchezza altra io non ho, fuor che il tuo core”. Il cuore dell’amata è la sola ricchezza che egli possiede. Non si tratta di un’iperbole romantica, bensì di una dichiarazione esistenziale: tutto ciò che ha valore, per lui, è racchiuso nella relazione con lei. Si può leggere in questo anche un rifiuto del materialismo, un’esaltazione degli affetti contro i valori esterni o superficiali.
Il valore della luce: simbolo spirituale
Altrettanto potente è l’immagine della “luce”, tratto ricorrente nella poesia amorosa. La luce degli occhi dell’amata – “i tuoi rai” – è l’unica fonte di visione e orientamento per il poeta. In una lettura simbolica, ciò significa che l’amore è anche guida, stella polare, principio che illumina il cammino della vita.
Mario Rapisardi, poeta di fine Ottocento, fortemente influenzato sia dal Romanticismo sia da un certo razionalismo idealista, utilizza la luce non solo come bellezza fisica ma come metafora della verità. L’amore è ciò che dissipa le tenebre dell’esistenza, che dà senso al vivere. È come se l’io lirico dicesse: senza l’amore, tutto è buio, cieco, privo di direzione.
Forse il verso più profondo è l’ultimo: “Altra fede non ho tranne l’amore.”
Qui il poeta tocca un punto essenziale della sua poetica e della sua visione del mondo. La parola “fede” non va intesa solo in senso religioso, ma più ampiamente come fiducia, convinzione, principio fondante. L’amore diventa così un surrogato della religione, o meglio ancora: l’unica religione possibile per chi non si affida a dogmi ma a verità vissute.
Rapisardi, noto per il suo pensiero critico verso le istituzioni religiose e per la sua esaltazione della libertà di pensiero, riconosce nell’amore l’unica forma di fede sincera e legittima. È un sentimento che, proprio perché libero, umano e disinteressato, può aspirare a una forma di sacralità.
Il contesto poetico e culturale
Mario Rapisardi visse tra il 1844 e il 1912, un’epoca di grandi trasformazioni per l’Italia e per l’Europa. Fu testimone del Risorgimento, della nascita dello Stato unitario, delle lotte politiche e sociali del secondo Ottocento. Sebbene noto soprattutto per le sue poesie civili e filosofiche, Rapisardi non trascurò la dimensione lirica e personale, come dimostrano questi versi.
La sua poesia si nutre di un ideale umanistico, in cui la centralità dell’uomo, della coscienza individuale, e del sentimento amoroso come esperienza totalizzante e autentica, si pongono in contrasto con una società che egli percepiva spesso come corrotta o disumanizzata. In questo senso, l’amore è anche rifugio e opposizione: in un mondo che ha smarrito i valori, il poeta si affida alla sola certezza del cuore.
Una voce che parla all’eterno
Pur nella loro semplicità formale, questi versi di Rapisardi non sono banali o sentimentali: parlano con voce autentica, senza sovrastrutture, e per questo giungono al lettore con grande forza emotiva. L’amore è visto come una totalità: chi ama davvero non ha bisogno di altro, né di ricchezze, né di ideologie, né di altre certezze.
È una visione che attraversa la poesia occidentale da secoli – da Dante a Petrarca, da Leopardi a Montale – ma che in Rapisardi assume una coloritura del tutto personale: l’amore come ultima forma di resistenza contro il nichilismo. In un mondo che sembra crollare, l’amore resta.
“Io le dicea tremando…” è un frammento poetico che racchiude una verità universale: l’amore, quando è sincero, quando è assoluto, diventa tutto ciò che conta. Rapisardi ci offre un ritratto dell’amore come totalità dell’essere, come unica fede possibile in un mondo privo di certezze. Il tremore della voce poetica è il segno di una fragilità umana che si affida, completamente, al cuore dell’altro. Un sentimento che, nel suo dire essenziale, continua a parlare con potenza al lettore di ogni epoca.