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Una frase di Margherita Hack su tempo e cambiamento

Leggiamo la splendida citazione dell'astrofisica Margherita Hack in cui ci fa comprendere che il tempo è visibile solo in rapporto al cambiamento.

Con questa riflessione limpida e incisiva, Margherita Hack (12 giugno 1922 – 29 giugno 2013), astrofisica e divulgatrice tra le più amate del panorama scientifico italiano, ci propone una definizione del tempo che si fonda su un principio elementare, ma profondamente filosofico: il tempo si rivela attraverso il cambiamento. Non è un’entità astratta, assoluta, sospesa al di sopra della realtà; è invece una misura del divenire, un concetto che acquista senso solo perché tutto, dagli organismi viventi ai minerali, è sottoposto a trasformazione.

“Il tempo credo lo si possa capire solo per il fatto che tutto, tutto cambia, tutto invecchia. Si nasce, si muore. Gli esseri viventi, gli oggetti se sono nuovi, poi diventano vecchi. Anche le pietre, anche la nostra terra, nel corso dei 4 miliardi e mezzo d’età è mutata grandemente. Quindi il tempo lo possiamo definire solo grazie al fatto che tutto cambia.”

L’astrofisica Margherita Hack e la nozione di tempo

Margherita Hack rifiuta una concezione metafisica del tempo per abbracciarne una fenomenologica: il tempo, dice, non lo possiamo afferrare direttamente, non possiamo “vederlo” o “toccarlo” in sé, ma possiamo riconoscerlo negli effetti che produce. Se un bambino cresce, se una foglia appassisce, se una montagna si erode, se una galassia si trasforma, allora possiamo dire che è trascorso del tempo. In questo senso, il tempo è riconoscibile solo nella misura in cui qualcosa diventa altro da sé.

Questa idea si radica nella lunga tradizione del pensiero filosofico occidentale, da Eraclito a Bergson. Per Eraclito, il divenire era l’essenza stessa della realtà: “tutto scorre” (panta rei), nulla è fisso. Anche per Margherita Hack, figlia della modernità scientifica, il tempo non è una linea astratta né una misura imposta dall’uomo, ma una dimensione reale che si manifesta nella mutevolezza delle cose.

Un elemento notevole di questa citazione è l’ampliamento della scala di osservazione. Hack non si limita a parlare del tempo nella vita umana, ma estende la sua riflessione all’intero universo fisico. “Anche le pietre”, dice, “anche la nostra terra” mutano: non è solo il corpo biologico a invecchiare, ma anche ciò che consideriamo statico e immutabile. Questo allargamento di prospettiva è tipico del pensiero scientifico moderno, capace di cogliere l’incredibile dinamismo della materia inorganica.

La Terra stessa, con i suoi 4,5 miliardi di anni di età, è un immenso laboratorio del cambiamento: continenti che si formano e si separano, montagne che nascono e si sgretolano, mari che avanzano e si ritirano, climi che si modificano nel corso di milioni di anni. Anche le stelle, i pianeti, le galassie seguono cicli di nascita e morte. In questa visione cosmica, il tempo è la trama su cui si disegna l’evoluzione dell’universo.

Tempo biologico e coscienza del limite

Ma l’osservazione di Hack conserva anche una forte componente esistenziale. “Si nasce, si muore”, scrive con semplicità disarmante. Il tempo, nella nostra esperienza quotidiana, è il segno della finitezza. Ogni cosa che inizia, finisce. Questa consapevolezza è la base del nostro rapporto emotivo con il tempo: da un lato ci inquieta, perché ci ricorda la nostra mortalità; dall’altro ci sprona, perché dà valore al presente, conferisce urgenza alle scelte, rende preziosi i momenti.

Il cambiamento, dunque, è la manifestazione visibile del tempo, ma anche la prova tangibile della nostra condizione transitoria. Eppure, per Hack, non c’è tragedia in questo. La sua voce non è mai nostalgica, ma lucida. Non c’è malinconia, bensì consapevolezza: il tempo è ciò che ci permette di comprendere l’esistenza, non un nemico da combattere, ma un fatto naturale da osservare con occhi aperti.

Margherita Hack, pur essendo una scienziata rigorosa, non ha mai rinunciato a porsi domande di ordine filosofico. In questa citazione, il confine tra fisica e filosofia si assottiglia: il tempo, oggetto della fisica teorica e della cosmologia, diventa anche occasione per interrogarsi sul significato della vita, sul senso del mutamento, sulla permanenza e sull’impermanenza.

In un’epoca in cui spesso la scienza viene percepita come arida o distante, Hack ha mostrato come essa possa invece dialogare con la sensibilità umana, rispondere non solo al “come” ma anche, in parte, al “perché”. La sua definizione del tempo è al tempo stesso un’osservazione scientifica e una riflessione poetica: è nella consapevolezza del cambiamento che riconosciamo la trama del tempo.

In definitiva, la riflessione di Margherita Hack ci invita a un atteggiamento maturo nei confronti del tempo: non negarlo, non idealizzarlo, ma riconoscerlo nelle sue manifestazioni concrete. Il tempo non è un nemico da temere, ma un compagno di viaggio silenzioso. Ogni cambiamento, ogni trasformazione, ogni traccia di invecchiamento è una prova della sua presenza.

Comprendere il tempo, ci dice Hack, significa accettare che nulla resta uguale, che tutto evolve. Ma significa anche cogliere nella mutevolezza il senso stesso della realtà: solo ciò che cambia vive, e solo ciò che vive lascia traccia. È una lezione di realismo, ma anche di speranza: poiché se tutto cambia, allora nulla è mai davvero fermo, e il domani — pur incerto — è sempre una possibilità in divenire.

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