Nel teatro di Luigi Pirandello, l’identità è sempre una questione in divenire, un gioco di maschere e riflessi, un campo instabile dove il singolo cerca, spesso invano, di riconoscersi. Tuttavia, in questa citazione tratta da Ciascuno a suo modo, il drammaturgo siciliano afferma qualcosa che a prima vista può sembrare semplice, quasi ingenuamente ottimista: l’amore per l’umanità nasce da una condizione individuale di equilibrio e serenità interiore. Ma a ben guardare, si tratta di un pensiero profondamente articolato, che tocca il cuore della filosofia pirandelliana: il rapporto tra il sé e gli altri, tra l’identità individuale e il contesto sociale.
“Quando uno è contento di sé stesso ama l’umanità.”
Luigi Pirandello e l’importanza dell’amor proprio
Essere “contenti di sé stessi”, in Pirandello, non significa essere vanitosi, né tanto meno autoindulgenti. La contentezza qui va intesa come una forma di pacificazione con la propria interiorità, come l’accettazione — forse persino la riconciliazione — con le molteplici sfaccettature del proprio io. Chi è in pace con sé stesso non ha bisogno di combattere il mondo, di giudicare gli altri per definirsi, né di proiettare all’esterno le proprie inquietudini.
Questo è il punto essenziale della citazione: l’amore per l’umanità non nasce da un dovere morale, da un’etica astratta o da un ideale filosofico, ma da uno stato emotivo e psicologico individuale. Il disprezzo, il cinismo, l’intolleranza nascono spesso dal disagio personale, dalla frustrazione, dall’incapacità di accettare i propri limiti o le proprie contraddizioni. Viceversa, chi è capace di guardarsi allo specchio senza rifiutarsi, può anche guardare gli altri con comprensione, empatia, amore.
Pirandello e la crisi dell’io
Nel contesto più ampio del pensiero pirandelliano, questa frase assume una valenza ancora più significativa. Pirandello è il grande autore della crisi dell’io, della frammentazione dell’identità, della relatività del punto di vista. Opere come Uno, nessuno e centomila, Il fu Mattia Pascal e Sei personaggi in cerca d’autore ruotano tutte attorno all’impossibilità di cogliere un sé stabile, autentico, definitivo. In questo contesto, “essere contenti di sé stessi” appare quasi come una conquista rivoluzionaria.
Non si tratta, infatti, di un contentamento narcisistico, ma di un risultato difficile da raggiungere in un mondo dove “si è come ci vedono gli altri” e non come ci sentiamo di essere. La serenità interiore presuppone un lavoro di consapevolezza, una maturazione che permetta di accettare la propria mutevolezza e, soprattutto, l’idea che non esista un io unico, ma molteplici maschere che si alternano in base alle circostanze. Chi riesce a convivere con questa consapevolezza, chi accetta il proprio essere molteplice senza andare in frantumi, può davvero aprirsi al mondo e agli altri.
L’amore per l’umanità come riflesso dell’equilibrio interiore
Il concetto di “amare l’umanità” potrebbe sembrare, nella sua vaghezza, una formula retorica. Eppure, in bocca a Pirandello, questa espressione assume un tono quasi provocatorio. L’amore per l’umanità non è un sentimento astratto, da predicatore o da filosofo morale; è il risultato concreto di una stabilità interiore. Se uno è in armonia con sé stesso, allora può vedere negli altri non dei nemici o degli ostacoli, ma degli esseri umani con fragilità e aspirazioni simili. Può riconoscere se stesso negli altri, può esercitare la comprensione anziché il giudizio, la tolleranza anziché la condanna.
Questa riflessione è particolarmente attuale in un mondo segnato da polarizzazioni, conflitti identitari, diffidenze reciproche. Laddove si assiste a un impoverimento del dialogo umano, a un’esasperazione delle differenze, il messaggio pirandelliano suona come un invito alla riconciliazione a partire dal sé. L’amore universale non si costruisce sui proclami, ma sulle micro-rivoluzioni interiori.
Il teatro come laboratorio dell’umano
In Ciascuno a suo modo, Pirandello mette in scena il teatro dentro il teatro, una costruzione metanarrativa che diventa anche uno spazio per interrogare le maschere sociali, i ruoli, le finzioni. La frase “Quando uno è contento di sé stesso ama l’umanità” emerge in questo contesto come un pensiero che, pur sembrando estraneo alla complessità pirandelliana, ne è invece l’esito più maturo. Solo dopo aver attraversato la crisi dell’identità, la molteplicità delle forme e la tragicità della relatività, si può forse arrivare a quella che appare, paradossalmente, una forma di saggezza: la serenità.
Conclusione: una lezione umana oltre il relativismo
Pirandello non è un autore che offre consolazioni facili. Le sue opere lasciano spesso l’amaro in bocca, perché mostrano l’impossibilità di una verità assoluta. Eppure, in mezzo a tanta incertezza, questa frase brilla come un possibile approdo: se riusciamo ad accettare noi stessi, nel nostro caos e nella nostra complessità, allora possiamo finalmente aprirci agli altri con amore. Non si tratta di idealismo, ma di realismo psicologico: l’amore per l’umanità non è il punto di partenza, ma il punto d’arrivo. E forse, nella prospettiva pirandelliana, è anche l’unica verità possibile.