Una bellissima frase di una canzone di Lucio Battisti, scritta da Mogol ci spinge a riflettere sulla possibilità di poter affrontare la vita, l’amore, le relazioni che contano con la dovuta libertà. Molte volte, soprattutto in amore, questo vale ancor più per le donne, si finisce per reprimere sé stessi, evitando di suscitare critiche, dare spazio al pettegolezzo, subire violenza verbale e purtroppo alcune volte anche fisica.
“In un mondo che prigioniero è respiriamo liberi io e te”
La frase di Lucio Battisti è tratta da Il mio canto libero, canzone scritta nel 1972 dal duo Lucio Battisti e Mogol, il cui testo ha spunti autobiografici, Mogol fu ispirato dalla separazione dalla moglie e l’incontro con la pittrice-poetessa Gabriella Marazzi.
Una frase di Lucio Battisti e Mogol sulla libertà personale e l’amore
La frase di Lucio Battisti e Mogol, in sintonia con tutto il testo de Il mio canto libero, rende merito al valore dell’amore e della passione, stimolando ad emanciparsi dal “controllo sociale” per vivere un’esistenza libera dai condizionamenti esterni, dalle convenzioni sociali.
Una frase che rompe con le convenzioni
La frase nasce nei primi anni ‘70, un periodo protagonista di grandi cambiamenti sociali e culturali. In Italia si viveva un clima di tensione tra spinte rivoluzionarie, conformismo e voglia di emancipazione. La canzone riflette proprio questa dualità, da un lato si ha a che fare con un mondo chiuso e oppressivo, dall’altro, si può avere la possibilità di liberarsi dal giudizio degli altri e vivere il proprio amore
Una frase rivoluzionaria che è espressione del contesto sociale e filosofico tipico di quegli anni, ma che pensiamo sia attuale ancora oggi.
Nell’era dei social paradossalmente il controllo sociale è diventato ancora più intenso. Si finisce inevitabilmente per diventare “vittime” del commento altrui. Questi molte volte può davvero fare male, riuscendo a trainare la voglia di voler “condannare” che fa parte della natura umana.
Quando uscì la canzone diventò subito il manifesto di tutti coloro che vedevano nelle convenzioni sociali un forte limite alle proprie scelte individuali.
Ricordiamo che la legge sul divorzio fu accolta nel nostro ordinamento solo l’1 dicembre del 1970. Una legge che non fu accolta positivamente dal mondo cattolico che cercò di farla abrogare con il referendum abrogativo del 12 maggio 1974. La maggioranza degli italiani si opposero all’abrogazione.
Quando non si vive seguendo l’autenticità
“In un mondo che prigioniero è” vuol fare emergere come molte volte la società, la cultura finiscono per inquadrare il modo d’agire collettivo, non offrendo la possibilità di poter agire seguendo le proprie inclinazioni personali, i propri desideri, le proprie emozioni, i propri sogni.
Accade alle società di tutte le epoche di costruire delle gabbie dove l’autenticità dei propri sentimenti va repressa o meglio mitigata. Certo, in quel periodo l’Italia era ancora molto tradizionale e le relazioni amorose subivano severi controlli da parte della pubblica opinione. Le donne soprattutto erano costrette a dover subire ancor più la “mannaia” del giudizio sociale.
Ma, ancora oggi il mondo rimane prigioniero, quando finisce per seguire l’apparenza, la forma. Quando la diversità diventa motivo di forte critica e di pubblico dileggio. Quando si finisce inevitabilmente per rinunciare all’essere liberi dalle convenzioni che oggi impongono i media, la tecnologia, i social.
Mogol quando scrisse la canzone con e per Battisti, sembrava ispirarsi all’esistenzialismo e a due grandi pensatori come Jean-Paul Sartre e Albert Camus. Per Sartre, il mondo è un luogo in cui l’essere umano si trova “gettato” senza una guida o un significato predefinito.
La “prigione” qui potrebbe rappresentare il determinismo sociale, le norme imposte dalla cultura e dalle convenzioni che limitano la vera autenticità dell’individuo. Anche Camus, con il “concetto dell’assurdo”, parla di un mondo che sembra impenetrabile e soffocante, in cui l’essere umano deve trovare la sua libertà nonostante l’assenza di un ordine prestabilito.
Se proviamo a pensare a cosa sono costrette a vivere molte donne ancora oggi, il mondo prigioniero purtroppo continua ad esistere e l’evasione da una condizione di grande disagio dovrebbe essere l’unica soluzione possibile.
Evadere dalla prigione grazie al vero amore
“Respiriamo liberi io è te” è la possibilità di crearsi la giusta condizione per poter vivere senza dover sopportare nessuna restrizione esistenziale.
La frase suggerisce che bisogna saper osare e agire per trovare la propria libertà. Molte volte si ha bisogno dell’altro per decidere che non è sostenibile vivere nella finzione e nella bugia. Ma, solo riuscendo a dare spazio all’essere si possono spezzare le catene e trovare benessere e felicità.
La libertà non è mai assoluta, ma può essere conquistata. Qui emerge un’eco dell’idea di autenticità di Martin Heidegger, in un mondo dominato dalla “chiacchiera” e dalla routine, solo attraverso un’esperienza intima e vera possiamo trovare un senso autentico di libertà.
Molte volte basta poco per slegarsi dalle catene ed avere la possibilità di poter concretizzare ciò che si è sempre desiderato. Nella relazioni amorose questo è davvero importante, ciò che chiude finisce per danneggiare l’anima, la mente, lo stesso corpo.
Serve coraggio ma il “respirare” la propria essenza è fondamentale per aumentare la propria autostima, far emergere la personalità.
Oggi, troppa finzione vestita di libertà, sta generando l’insano annullamento del proprio modo di essere e di fare. Sta sviluppando un isolamento che finisce inevitabilmente per uccidere l’amore, la passione, la pulsione. Si cerca di essere più perfetti possibile, dimenticando che i difetti sono dei vezzi bellissimi da vedere e da gustare.
Bisogna avere il coraggio di riscoprire il vero amore, il volersi bene senza artefici, ritornare a far esplodere tutti i sensi nessuno escluso per donare e donarsi il massimo del buono e del bello.
Lucio Battisti con quella canzone contribuì a generare un diverso modo di pensare da parte di molti giovani e meno giovani che aiutarono a migliorare la società e la cultura. Oggi, c’è tanto bisogno di un nuovo “canto libero”, c’è tanto bisogno di vero amore, c’è l’assoluta esigenza di una vita più vera e di relazioni autentiche.