Una frase di John Steinbeck sull’importanza dell’amicizia

29 Luglio 2025

Leggiamo assieme questa citazione dello scrittore americano John Steinbeck tratta da "Uomini e topi", piccolo, grande, enorme capolavoro.

Una frase di John Steinbeck sull'importanza dell'amicizia

In uno dei passaggi più toccanti di Uomini e topi (Of Mice and Men, 1937) di John Steinbeck, troviamo una citazione che cristallizza il senso profondo del romanzo e, più in generale, dell’esperienza umana nella solitudine e nella solidarietà:

“George riprese. ‘Per noi è diverso. Noi abbiamo un avvenire. Noi abbiamo qualcuno a cui parlare, a cui importa qualcosa di noi. Non ci tocca di sederci all’osteria e gettar via i nostri soldi, solamente perché non c’è un altro posto dove andare. Ma se quegli altri li mettono in prigione, possono crepare perché a nessuno gliene importa. Noi invece è diverso.’ Lennie interruppe. ‘Noi invece è diverso! E perché? Perché… perché ci sei tu che pensi a me e ci sono io che penso a te, ecco perché.'”

Questo dialogo tra George e Lennie — i due protagonisti del romanzo — è un momento di struggente umanità che racchiude il tema centrale dell’opera: la necessità di appartenere a qualcuno, di contare per qualcuno, in un mondo spesso crudele, disgregato e indifferente. Ambientato durante la Grande Depressione americana, Uomini e topi non racconta soltanto le difficoltà economiche e sociali dell’epoca, ma soprattutto lo sradicamento dell’individuo, la sua fragilità e, talvolta, la possibilità della speranza attraverso l’amicizia.

Un mondo di solitudini, il mondo di John Steinbeck

La solitudine è una condizione esistenziale ricorrente nei personaggi di Steinbeck. Nella California rurale e desolata degli anni Trenta, i braccianti agricoli vivono vite nomadi, instabili, sradicate: passano da un ranch all’altro, senza legami duraturi, senza prospettive, senza identità. In questo contesto, George e Lennie rappresentano un’eccezione: non sono semplicemente due lavoratori che si accompagnano, ma sono una coppia affettiva, nel senso più ampio del termine. La loro amicizia è un legame profondo che sfida le logiche utilitarie del mondo che li circonda.

George, che si prende cura di Lennie — mentalmente fragile ma dotato di una forza straordinaria — è cosciente del peso e della responsabilità che comporta questo rapporto. Ma proprio attraverso questo vincolo trova un senso alla propria vita, una direzione. Quando afferma: “Noi abbiamo un avvenire. Noi abbiamo qualcuno a cui parlare, a cui importa qualcosa di noi”, sta dicendo che ciò che li rende “diversi” non è tanto la possibilità concreta di un futuro migliore, ma il fatto stesso di condividere quel desiderio con un altro essere umano.

L’amicizia come via di salvezza anche senza redenzione

Nel dialogo, Lennie ribadisce con candore e assoluta verità: “Perché ci sei tu che pensi a me e ci sono io che penso a te, ecco perché.” È una frase che, nella sua semplicità, illumina una verità spesso trascurata: la cura reciproca è ciò che definisce la nostra umanità. In un mondo in cui la legge è quella della sopravvivenza, dell’egoismo, del denaro e della violenza, l’amicizia tra George e Lennie è un atto di resistenza morale. Non è solo un bisogno emotivo, ma una forma di opposizione etica alla disumanizzazione.

Nel ranch dove i due trovano lavoro, gli altri personaggi sono, ciascuno a modo proprio, segnati da una solitudine incolmabile. Candy, l’anziano bracciante mutilato; Crooks, l’uomo nero emarginato per il colore della pelle; Curley’s wife, la giovane moglie insoddisfatta e trascurata: tutti cercano un contatto, una parola, un riconoscimento. Ma nessuno lo trova davvero, tranne George e Lennie, legati da un patto che va oltre l’utilità, l’opportunismo, o l’interesse.

Un’utopia fragile

Il sogno che George e Lennie condividono — comprarsi un pezzo di terra e vivere del proprio lavoro, allevare conigli e coltivare la terra — è tanto irrealistico quanto necessario. È il sogno che dà loro forza, che li distingue, che li unisce. In fondo, è lo stesso sogno di milioni di esseri umani: non diventare ricchi, ma essere padroni del proprio destino, vivere con dignità e in pace. È un’utopia contadina e primitiva, radicata nel bisogno di appartenenza e di stabilità.

Tuttavia, come spesso accade nei romanzi di Steinbeck, questa utopia è tragicamente fragile. Il mondo che la circonda è troppo crudele, troppo meccanico, troppo ostile per permetterne la realizzazione. Ma ciò non la rende meno vera l’amicizia tra Lennie e George, novelli Aronne e Mosè.

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