Una frase di Isabel Allende sui cambiamenti inevitabili

31 Luglio 2025

Leggiamo assieme questa citazione della scrittrice cilena Isabel Allende tratta dal suo tanto fortunato romanzo "La casa degli spiriti".

Una frase di Isabel Allende sui cambiamenti inevitabili

La citazione di Isabel Allende tratta dal suo celebre romanzo La casa degli spiriti  ci consegna una riflessione profonda e luminosa sulla natura della morte, offrendo un’alternativa poetica e pacificata a una delle esperienze più temute dell’esistenza umana. L’autrice cilena, con il suo stile narrativo capace di coniugare realismo magico e densità emotiva, ci invita a riconsiderare il significato del passaggio finale, collocandolo in una prospettiva ciclica e spirituale.

“Così come quando si viene al mondo, morendo abbiamo paura dell’ignoto. Ma la paura è qualcosa d’interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà. Morire è come nascere: solo un cambiamento.”

Isabel Allende e il ciclo della vita

L’analogia che Isabel Allende stabilisce tra la nascita e la morte non è nuova nella filosofia e nella letteratura, ma è proposta con una semplicità e una dolcezza disarmanti. “Morire è come nascere: solo un cambiamento.” Questa frase disinnesca il senso di catastrofe che spesso accompagna l’idea della fine, proponendo invece un’immagine di continuità, di trasformazione, di passaggio da una forma dell’esistenza a un’altra. Isabel Allende parla per bocca dei suoi personaggi, spesso immersi in un mondo in cui i vivi e i morti coabitano, in cui lo spirito non muore ma cambia forma, si libera dalla materia, si sposta su un altro piano.

In questa visione, la morte non è una negazione, ma una soglia, come lo è la nascita. Nessuno sa cosa ci sia “dall’altra parte”, ma lo stesso si può dire della nascita: prima di venire al mondo, non abbiamo coscienza, non abbiamo esperienza del mondo — eppure vi entriamo. E lo facciamo, come nota Allende, con paura, con pianto, con resistenza. È la stessa reazione che abbiamo all’idea della morte, che ci appare ignota, totalizzante, definitiva.

La paura come costruzione interiore

Nella seconda parte della citazione, la scrittrice compie una distinzione importante:
“La paura è qualcosa d’interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà.”
Qui Isabel Allende ci propone una visione quasi buddhista del sentimento della paura, come un moto della mente, una costruzione del nostro io che anticipa sofferenze e pericoli che forse non esistono. La realtà — quella esterna, oggettiva — non è spaventosa di per sé. È la nostra interpretazione, la nostra proiezione, che la rende tale. In questo senso, Allende si allinea a una lunga tradizione filosofica che distingue tra l’esperienza diretta e la rappresentazione mentale.

Quando si ha paura della morte, raramente si teme il momento in sé: ciò che inquieta è l’annientamento dell’io, la perdita dei legami, l’impossibilità di controllare. Ma la morte, come la nascita, non chiede il nostro consenso, avviene. E in questo scarto tra ciò che la mente teme e ciò che realmente avviene, si apre uno spazio per la riflessione.

Il contesto narrativo: La casa degli spiriti

Nel romanzo La casa degli spiriti, da cui è tratta la citazione, questa visione si radica in una narrazione familiare lunga generazioni, dove il confine tra vivi e morti è costantemente attraversato. Gli spiriti, come il titolo annuncia, abitano le stanze, conversano con i viventi, continuano a esistere nella memoria e nella materia. La morte, quindi, non rappresenta mai una fine definitiva: è piuttosto un cambiamento di stato, una dissoluzione che non equivale alla scomparsa.

Clara, uno dei personaggi centrali del romanzo, possiede doti medianiche e una sensibilità spirituale che le permettono di dialogare con l’invisibile. La sua morte non è temuta, è preparata con serenità, quasi con naturalezza. Questo atteggiamento si riflette nella citazione di Allende: la paura è solo umana, transitoria, e può essere superata con uno sguardo più ampio.

Una visione che riconcilia

La bellezza della riflessione di Allende sta proprio nella sua capacità di riconciliare la vita con la morte, due polarità che spesso vengono pensate come opposte, ma che in realtà — ci suggerisce l’autrice — sono facce della stessa medaglia. Non possiamo evitare né la nascita né la morte; non le scegliamo, non le comprendiamo fino in fondo. Ma possiamo scegliere come pensarle, come viverle, come farle nostre nel tempo che ci è dato.

Questa visione, oltre a essere spirituale, ha anche una potenza etica: ci invita a vivere meglio, a non lasciare che la paura della fine paralizzi la pienezza del presente. Se morire è solo un cambiamento, allora non c’è nulla da temere, ma molto da accogliere.

La frase di Isabel Allende ci accompagna dolcemente verso una filosofia della trasformazione, che non nega la tristezza della separazione o il mistero dell’ignoto, ma li inserisce in un disegno più vasto, dove tutto è movimento, passaggio, metamorfosi. Morire è come nascere: non un evento da temere, ma un ritorno, una nuova forma, una porta che si apre invece di chiudersi.

In un’epoca in cui la morte è spesso rimossa, nascosta, medicalizzata, Isabel Allende ci riporta a un pensiero più intimo, umano e poetico: vivere è già un miracolo, e morire, forse, lo è altrettanto.

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