Una frase di Howard Lovecraft sulla verità e sul suo valore

18 Agosto 2025

Leggiamo questa profonda citazione di H. P. Lovecraft sulla natura della verità: essa esiste oggettivamente o è solo una proiezione soggettiva?

Una frase di Howard Lovecraft sulla verità e sul suo valore

Nella citazione tratta da Lettere dall’altrove, Howard Lovecraft offre una riflessione che va oltre i confini dell’orrore cosmico per toccare le radici stesse della percezione e della filosofia. Non è un Lovecraft narratore di creature indicibili, ma un pensatore che mette in discussione l’esistenza stessa della “verità” e il valore delle costruzioni mentali con cui l’uomo interpreta il mondo.

La verità non esiste e la vita come la immaginiamo di solito è una rete arbitraria e artificiale di illusioni da cui ci lasciamo circondare. Sappiamo che esse sono il semplice risultato di accidenti o punti di vista, ma non abbiamo nulla da guadagnare ad abbatterle. E infatti, è straordinariamente insensato voler abbattere con un forcone da stalla un miraggio che non è mai esistito.

Penso che all’uomo assennato convenga scegliere le fantasie che più gli aggradano e crogiolarvisi innocentemente, conscio del fatto che, siccome la realtà non esiste, non c’è niente da guadagnare e molto da perdere nel buttarle via. Ancora, non esistono fantasie preferibili ad altre, perché la misura del loro valore dipende dal rispettivo grado di adattamento alla mente che le contiene.

L’incipit è netto: La verità non esiste. Non è un’affermazione poetica o provocatoria, ma una presa di posizione ontologica. La realtà, come noi la concepiamo, è “una rete arbitraria e artificiale di illusioni”, un insieme di interpretazioni e di convenzioni che adottiamo collettivamente per dare ordine a ciò che percepiamo. Queste illusioni non sono frutto di una cospirazione o di una menzogna deliberata, ma di un processo inevitabile: i “punti di vista” e gli “accidenti” che, combinandosi, generano un mondo coerente soltanto in apparenza.

H. P. Lovecraft e il dubbio sulla verità

L’immagine della “rete” suggerisce qualcosa che non esiste indipendentemente da noi, ma che noi stessi tessiamo. Ogni nodo della rete è una credenza, un’abitudine, un concetto linguistico, un valore sociale: elementi che, intrecciati, ci permettono di muoverci in un universo altrimenti privo di direzione. Howard Lovecraft riconosce che sappiamo bene che questa costruzione è artificiale. L’uomo, nella sua intelligenza, percepisce il carattere illusorio di molti dei suoi riferimenti. Tuttavia, lo scrittore afferma che non abbiamo nulla da guadagnare nel distruggerli.

La metafora del “forcone da stalla” usato per abbattere un miraggio è di una potenza visiva ironica e amara. Un miraggio non ha sostanza, eppure l’uomo, mosso da un desiderio di smascherare, rischia di compiere un gesto insensato e persino dannoso. Il miraggio non è “reale” nel senso fisico, ma può avere una realtà psicologica: può orientare, motivare o dare piacere. Distruggerlo equivale a privarsi di un sostegno, anche se illusorio.

Lovecraft non invita a cadere in un autoinganno inconsapevole. Al contrario, sottolinea la necessità di una consapevolezza lucida: sapere che le illusioni sono illusioni e scegliere comunque di viverle.

La scelta delle illusioni

Qui sta il nucleo pragmatico del pensiero lovecraftiano in questa citazione: conviene scegliere le fantasie che più ci aggradano e crogiolarvisi innocentemente. La parola “innocentemente” è cruciale. Non si tratta di un’adesione cieca, ma di un gioco consapevole, simile all’atteggiamento di chi sa di guardare un film di fantasia ma si lascia coinvolgere per godere dell’esperienza.

Secondo Lovecraft, la realtà non fornisce un metro oggettivo per stabilire quali illusioni siano migliori di altre. Il valore di ciascuna dipende dal suo grado di “adattamento alla mente che le contiene”. Un’illusione che consola una persona può essere inutile o persino dannosa per un’altra. L’unico criterio è dunque soggettivo.

Il relativismo radicale

Questa prospettiva si avvicina a forme di relativismo estremo e a certe correnti del pensiero scettico: se la verità non esiste, allora tutto ciò che percepiamo è filtrato dalla nostra mente, e non vi è un fondamento oggettivo che possa giustificare la distruzione delle illusioni altrui. Anzi, l’atto stesso di voler “ripulire” la realtà dalle illusioni si rivela una nuova illusione, forse più arrogante delle altre, perché pretende di sostituire un miraggio con un altro considerandolo superiore.

L’eco filosofica

Le parole di Lovecraft trovano un’eco in diverse tradizioni di pensiero:

  • Buddhismo: l’idea che la realtà fenomenica sia maya, illusione, e che la consapevolezza della sua natura illusoria non comporti necessariamente il rifiuto totale del mondo, ma piuttosto un diverso rapporto con esso.

  • Pirronismo: l’antico scetticismo greco, che invitava a sospendere il giudizio e a vivere secondo le apparenze, pur sapendo che non sono verità ultime.

  • Nietzsche: la consapevolezza che la verità è una costruzione linguistica e che l’uomo può creare “finzioni vitali” utili alla propria esistenza.

Una filosofia della sopravvivenza psicologica

In chiave esistenziale, questa visione può essere letta come una strategia di sopravvivenza. Gli esseri umani hanno bisogno di storie, credenze, simboli per dare senso alla vita. Privarsene in nome di un ideale di verità inesistente rischia di condurre al nichilismo paralizzante. La saggezza, secondo Lovecraft, sta nel vivere con pienezza dentro le proprie illusioni, trattandole come scenografie utili piuttosto che come inganni da smascherare.

Implicazioni per l’arte e la letteratura

Il discorso di Lovecraft è particolarmente pertinente alla creazione artistica. La letteratura, la pittura, la musica sono illusioni consapevoli che, pur non essendo “vere” in senso fattuale, modellano l’esperienza umana e possono persino trasformarla. Un romanzo non esiste come evento reale, ma può cambiare la vita di chi lo legge. Se la misura del valore di un’illusione è il suo adattamento alla mente, allora l’arte diventa una delle forme più elevate di illusione utile.

Questa citazione di Lovecraft non è un invito alla fuga dalla realtà, ma una riflessione sulla sua natura intrinsecamente illusoria. Scegliere consapevolmente le illusioni che ci nutrono e che si adattano alla nostra mente diventa, in questa prospettiva, un atto di intelligenza e di cura di sé. Non esiste verità ultima da inseguire, e ogni tentativo di distruggere le illusioni in nome di essa è destinato al fallimento o al vuoto. Meglio allora, come suggerisce lo scrittore di Providence, abbracciare i miraggi che ci sono congeniali, crogiolandosi in essi senza dimenticare mai che, al di là della loro bellezza o utilità, non sono altro che miraggi.

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