Una frase di Gustav Klimt sul valore dei propri limiti

24 Settembre 2024

Leggiamo assieme questa frase in cui Gustav Klimt ammette di essere incapace di un'autobiografia artistica o letteraria. Poco male, a parlare di lui ci sono le sue opere.

Una frase di Gustav Klimt sul valore dei propri limiti

La frase di Gustav Klimt: “Non valgo molto con le parole, non sono capace di parlare e di scrivere…” offre una finestra privilegiata sulla personalità dell’artista, rivelando il suo rapporto complesso con l’espressione verbale rispetto alla sua arte visiva. Gustav Klimt, uno dei più grandi pittori del XX secolo, sembra quasi voler dichiarare che la sua vera essenza e identità si possano comprendere soltanto osservando le sue opere, poiché la parola e la scrittura non sono in grado di rendere giustizia a chi era e cosa voleva esprimere.

“Non valgo molto con le parole, non sono capace di parlare e di scrivere, soprattutto se devo dire qualcosa di me o del mio lavoro. Anche se devo scrivere una semplice lettera mi prende l’angoscia, come se avessi la nausea. Bisognerà dunque rinunciare a un mio autoritratto, artistico o letterario. Non sarà una gran perdita: chi vuole sapere qualcosa di me come artista (che è l’unica cosa che valga la pena di conoscere) deve guardare attentamente i miei quadri. Solo così potrà capire chi sono e cosa voglio.”

Gustav Klimt e l’autoritratto mancato

Il concetto di autoritratto, sia esso visivo o scritto, era per Klimt qualcosa di insostenibile. La sua incapacità di rappresentarsi attraverso la parola o l’immagine riflette il suo rifiuto di una narrativa personale pubblica. A differenza di molti suoi contemporanei, Gustav Klimt non si sentiva a suo agio nel rivelarsi attraverso mezzi che non fossero la pittura. In un’epoca in cui molti artisti sfruttavano l’autoritratto come un mezzo per riflettere su sé stessi e lasciare un’impronta biografica, Klimt si allontana nettamente da questa tradizione.

L’autoritratto, per lui, non ha senso perché la sua arte è già la sua autobiografia: la sua vita interiore, i suoi pensieri e le sue emozioni più profonde sono tutte cristallizzate nei suoi dipinti. Quando dice che un suo autoritratto “non sarà una gran perdita”, egli mette l’accento sull’idea che la sua vita personale e i suoi pensieri più intimi siano irrilevanti rispetto al suo lascito artistico. Quello che conta è ciò che ha lasciato su tela: non il volto di Gustav Klimt, ma la bellezza e il misticismo che egli ha catturato.

L’arte come unico mezzo di espressione

La riluttanza di Gustav Klimt a parlare di sé stesso o del suo lavoro non è solo un segno di modestia, ma anche una dichiarazione di principio. Gustav Klimt credeva fermamente che le parole non potessero catturare l’essenza dell’arte. Come molti altri artisti del simbolismo, egli cercava di andare oltre il visibile per esplorare dimensioni spirituali e psicologiche più profonde. Le sue opere, intrise di elementi onirici e simbolici, erano il suo modo di comunicare ciò che le parole non potevano dire.

La sua celebre opera “Il bacio” (1907-1908), per esempio, non richiede spiegazioni verbali per trasmettere il suo significato: la passione, l’amore, la connessione tra due persone si manifestano attraverso i colori dorati, le linee sinuose e la ricchezza dei dettagli. Qui, come in altre opere, Gustav Klimt ci invita a “guardare attentamente”, come suggerisce nella sua frase, perché è solo tramite l’osservazione profonda che possiamo comprendere il suo mondo interiore.

Il linguaggio per Gustav Klimt non era solo inadeguato, ma anche fonte di angoscia. Il suo accenno alla nausea e all’ansia legate alla scrittura di una semplice lettera denota un disagio esistenziale con l’espressione verbale. Questo aspetto potrebbe anche rivelare una dimensione più ampia della sua personalità: l’artista profondamente sensibile che preferisce isolarsi dall’attenzione pubblica. Mentre altri artisti cercavano la notorietà e il riconoscimento attraverso interviste, autobiografie e saggi, Gustav Klimt evitava il clamore e rifuggiva il discorso pubblico.

Questo rifiuto di raccontarsi può essere interpretato anche come una forma di protezione della sua integrità artistica. Klimt non voleva che le sue opere fossero interpretate attraverso il prisma della sua vita personale. Egli preferiva che ogni spettatore creasse una propria connessione con l’opera, senza essere influenzato da dettagli biografici o dichiarazioni ufficiali dell’artista.

Klimt e il movimento della Secessione Viennese

Il contesto in cui Gustav Klimt operava amplifica l’importanza del suo pensiero. Come uno dei fondatori della Secessione Viennese, un movimento artistico che cercava di liberarsi dai vincoli dell’accademismo e delle convenzioni artistiche tradizionali, Gustav Klimt stava già sfidando i limiti della comunicazione visiva. Il suo approccio anti-autoritario verso l’arte si riflette nella sua riluttanza a partecipare a discussioni pubbliche o ad apparire come figura di spicco.

Per Klimt, l’arte non aveva bisogno di una spiegazione esterna. Era un’esperienza che doveva essere vissuta direttamente. L’arte secessionista promuoveva l’idea che l’estetica e il simbolismo fossero sufficienti per comunicare le emozioni e le idee più profonde.

La frase di Gustav Klimt esprime la sua convinzione che l’arte debba parlare per sé. La sua ritrosia a scrivere di sé stesso o a creare un autoritratto è un riflesso del suo rifiuto di partecipare a una narrazione biografica convenzionale. Klimt credeva profondamente che la vera comprensione della sua persona e del suo lavoro potesse avvenire solo attraverso l’osservazione attenta delle sue opere. In questo modo, egli si allontana dalla necessità di essere spiegato o interpretato tramite le parole, lasciando che la sua arte diventi l’unico vero veicolo di conoscenza.

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