Nei versi tratti dalla poesia Salvezza, di Guido Gozzano, si cela un’intera filosofia della fugacità e della nostalgia, tipica della poetica gozzaniana. In poche parole, il poeta riesce a sintetizzare un sentimento comune ma raramente espresso con tale limpidezza: la percezione che la bellezza e la gioia si manifestino, piene e luminose, solo nei primi istanti, per poi lasciare spazio a un lento declino, a un senso di malinconico rimpianto. Il mattino diventa allora simbolo dell’inizio, della promessa, del possibile, mentre il resto del giorno – e per estensione, della vita – appare come un’eco, una caduta, una memoria sbiadita di quella perfezione iniziale.
«Poi che non ha ritorno
il riso mattutino.
La bellezza del giorno
è tutta nel mattino»
Guido Gozzano e la sua “Salvezza
Guido Gozzano (1883-1916), figura di spicco della corrente crepuscolare, ha sempre mostrato nelle sue poesie una delicatezza dolente, un’ironia che cela la resa e un continuo sguardo al passato. I Crepuscolari, e Gozzano in particolare, si distaccano dall’enfasi e dalla solennità dei poeti del Decadentismo per abbracciare una poesia del quotidiano, dell’intimo, dell’irrilevante, senza per questo rinunciare alla profondità. In questi quattro versi, infatti, Gozzano riesce a farci percepire la bellezza del “riso mattutino” come qualcosa di tanto vivo quanto irripetibile.
Il “riso mattutino” può essere letto sia in senso letterale – il sorriso, la gioia lieve che accompagna l’inizio di una giornata – sia in senso figurato: rappresenta l’innocenza, la speranza, la leggerezza del cominciare qualcosa. È una metafora che può valere per la giovinezza, per l’amore agli esordi, per ogni inizio carico di aspettative. L’uso del verbo “non ha ritorno” imprime una nota definitiva, quasi funebre, che contrasta con la freschezza dell’immagine iniziale. Il sorriso del mattino, la bellezza dell’inizio, una volta passati, non possono essere rivissuti: si perdono per sempre nel fluire del tempo.
Guido Gozzano non esprime solo un sentimento personale, ma una visione esistenziale che coinvolge tutti. Ognuno può riconoscersi in quel sentimento di nostalgia che si prova ricordando un momento felice, ormai inaccessibile. Nella poesia di Gozzano il tempo non è mai neutro: è un tempo che consuma, che porta via, che svuota le cose della loro brillantezza originaria.
La poetica gozzaniana si basa su un’estetica del fragile, dell’effimero. Non c’è spazio per il grandioso, per l’eroico o il sublime. La bellezza risiede nelle piccole cose, e proprio perché piccole, sono destinate a sparire presto. Così, il mattino – che dura poco – è più bello del giorno intero; il riso – lieve e improvviso – vale più della risata prolungata. È una poetica che si oppone alla retorica della permanenza e della grandezza, e che invece esalta ciò che è breve, ciò che sfugge, ciò che si spegne nel momento stesso in cui si manifesta.
Guido Gozzano amava definire se stesso “un signorino di provincia”, un poeta che non cercava la gloria ma si accontentava di evocare immagini semplici, domestiche, cariche però di una struggente malinconia. Ecco allora che la bellezza del mattino, in quanto prima luce del giorno, si carica di un valore simbolico: è il momento in cui tutto sembra possibile, ma anche quello in cui si sa, in fondo, che quella promessa sarà delusa.
Una riflessione sul tempo
Questi versi possono essere letti anche come una meditazione sul tempo e sulla memoria. Il mattino diventa una metafora della giovinezza, della prima stagione della vita. La “bellezza del giorno” non sta nella sua interezza, ma nel suo avvio, perché è lì che risiedono la purezza, la speranza, l’illusione. Col passare delle ore – o degli anni – subentra la disillusione, la fatica, il rimpianto.
Gozzano, malato e consapevole della brevità della propria esistenza, ha sempre avuto una coscienza acuta del tempo che fugge. La sua poesia è intrisa di rimpianto per ciò che non si può rivivere, ma allo stesso tempo cerca di salvare l’istante, di fissarlo in un verso, di renderlo eterno nella parola. In questo senso, la poesia si fa strumento di salvezza, unica forma possibile di resistenza contro l’oblio.
In un’epoca come la nostra, che tende a vivere il presente in modo frenetico e inconsapevole, questi versi di Gozzano risuonano come un invito alla contemplazione, alla gratitudine per la bellezza dei piccoli momenti. Il mattino – che sia reale o metaforico – è da cogliere nella sua pienezza, perché, come ci ricorda il poeta, non tornerà.