La citazione di Gianrico Carofiglio (30 maggio 1961) tratta dal romanzo Il silenzio dell’onda, è una riflessione acuta e suggestiva sulla differenza tra il desiderare e l’agire, tra l’attesa e il coraggio del momento. Come spesso accade nelle opere dell’autore pugliese, la semplicità dell’immagine racchiude un pensiero complesso e profondo, che si presta a una lettura esistenziale, psicologica e persino sociale.
“Un conto è aspettare l’onda, un conto è alzarsi sulla tavola quando arriva”
Gianrico Carofiglio e le occasioni da saper cogliere
Nella prima parte della frase – “aspettare l’onda” – Carofiglio evoca una condizione che appartiene a molti: la sospensione, il tempo in cui ci si prepara, si spera, si immagina. Aspettare l’onda significa restare fermi su una tavola da surf – metafora efficace dell’equilibrio precario della vita – scrutando l’orizzonte in cerca del momento giusto per agire. Questa attesa può essere carica di tensione positiva, di energia che si accumula. È il tempo della progettazione, del desiderio, dell’illusione talvolta. Tuttavia, può anche trasformarsi in una trappola: l’attesa fine a sé stessa, la procrastinazione, l’eterna preparazione che diventa alibi per non agire mai davvero.
Questa dinamica è ben nota in ambito psicologico. Molte persone passano la vita a “prepararsi” a vivere, a compiere una scelta, a cambiare direzione. Ma il rischio è che, alla fine, non si riesca mai a salire sulla tavola. L’attesa, da tempo necessario, si tramuta in paura. La paura dell’onda diventa più grande dell’onda stessa.
Il gesto del coraggio: salire sulla tavola
“Alzarsi sulla tavola quando arriva” è l’altra metà della frase. Ed è lì che si gioca la vera sfida. Significa rispondere al momento, accettare la chiamata della vita. È un gesto che implica coraggio, ma anche fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità. Chi fa surf sa quanto sia difficile cogliere l’istante giusto per alzarsi in piedi: troppo presto o troppo tardi significa cadere. C’è un punto esatto in cui l’onda può sostenerti e portarti con sé. E per coglierlo, serve allenamento, ma anche intuizione, prontezza, disponibilità all’errore.
Carofiglio suggerisce così che non basta desiderare il cambiamento, non basta sapere che un’opportunità arriverà. Quando arriva, bisogna riconoscerla e agire. Bisogna fidarsi della propria postura, della propria capacità di stare in equilibrio anche nella turbolenza.
In ambito esistenziale, questo si traduce in un invito a non rinviare indefinitamente le scelte che contano: cambiare lavoro, affrontare una relazione, uscire da una situazione tossica, mettersi in gioco in un progetto. Chi aspetta l’onda può anche diventare spettatore della propria vita. Chi si alza sulla tavola, invece, diventa protagonista.
Il fallimento fa parte della corsa
Naturalmente, salire sulla tavola non garantisce il successo. Si può cadere. Si può essere travolti. Ma Carofiglio sembra dirci che è meglio cadere tentando di cavalcare l’onda che restare fermi sulla tavola a guardarla passare. Questo è un messaggio di grande valore, perché riporta al centro della scena non il risultato, ma il gesto: l’atto di provarci. Vivere, dopotutto, è una successione di tentativi.
In una società che tende a premiare solo il successo visibile, questa citazione richiama l’importanza dell’esperienza e della volontà, al di là del loro esito. L’autore non giudica chi aspetta – lo indica come una fase legittima – ma esorta ad andare oltre, a trovare la forza per agire quando il momento arriva. Anche se si ha paura, anche se si è incerti.
Il silenzio dell’onda
Il titolo del libro da cui è tratta la citazione – Il silenzio dell’onda – offre un ulteriore spunto di riflessione. Il silenzio non è vuoto, ma concentrazione. L’onda può arrivare senza preavviso, silenziosa ma potente. Saperla ascoltare, saperla vedere anche quando non fa rumore, richiede presenza, attenzione. In un mondo dominato dal rumore, dal frastuono delle opinioni, dalla sovraesposizione, questa immagine dell’onda silenziosa è profondamente attuale. Solo chi è in ascolto saprà riconoscerla.