I versi di Gialal ad-Din Rumi sull’amore che ci attira a sé

3 Marzo 2025

Leggiamo questi chiarificatori versi del mistico Gialal ad-Din Rumi che, attraverso una delle sue odi paragona l'uomo alla falena schiava della luce.

I versi di Gialal ad-Din Rumi sull'amore che ci attira a sé

Gialal ad-Din Rumi, uno dei massimi poeti e mistici della tradizione sufi, ha lasciato un’opera densa di simbolismi e significati profondi, tra cui i versi tratti dalla poesia La Ribeca:

O Amante! Non sei da meno della falena:
quando mai la falena si astiene dal fuoco?
Il re è nella città per prender me, gufo;
come potrei fuggir la città verso i luoghi ruinati?

Gialal ad-Din Rumi e i versi tratti da “La Ribeca”

Questi versi, come gran parte della sua opera, sono intrisi di un’intensa carica spirituale e di un dialogo costante con il divino, che Rumi identifica attraverso la figura del Maestro, Shams-i Tabriz. Il poeta non si limita a descrivere un semplice amore terreno o una passione astratta, bensì delinea una relazione mistica in cui l’amante (il discepolo) si consuma nell’amato (il Maestro, simbolo di Dio), proprio come la falena si getta nel fuoco.

L’Amante e la Falena: Il Simbolo del Sacrificio Mistico

L’immagine della falena attratta dalla fiamma è una delle più potenti nel simbolismo sufi. La falena non può fare a meno di avvicinarsi alla luce, anche se questo significa la propria distruzione. Allo stesso modo, l’amante di Dio (o del Maestro spirituale) non può evitare di tendere verso la Verità Assoluta, anche a costo di annientare il proprio ego. Questa tensione tra amore e distruzione è un concetto centrale nel sufismo: il vero amore per il divino non è un sentimento statico, ma un fuoco che brucia e trasforma.

Questa prospettiva contrasta con una visione moderna occidentale dell’amore e della spiritualità, spesso centrata sull’autorealizzazione individuale piuttosto che sulla dissoluzione dell’io in una dimensione superiore.

Il Ruolo del Maestro: Shams-i Tabriz e la Guida Spirituale

Un aspetto fondamentale della poesia di Rumi è il suo rapporto con Shams-i Tabriz. Come sottolineato nel testo critico, la devozione di Rumi nei confronti di Shams non è un dettaglio secondario, ma un elemento essenziale del suo pensiero religioso. Shams non è solo un simbolo o una metafora della conoscenza divina, ma è il tramite concreto attraverso cui il poeta si avvicina a Dio. Rumi considera il Maestro come il Sole, una luce che illumina la via e che attrae a sé il discepolo.

Nei versi citati, il poeta si riferisce a sé stesso come un “gufo”, animale notturno e solitario, mentre il “Re” (Dio o Shams stesso) lo chiama a sé nella città. Fuggire la città significherebbe negare il richiamo divino e rifugiarsi in un’esistenza priva di senso. Questa immagine è un’esaltazione della sottomissione mistica, della totale obbedienza al Maestro, considerata indispensabile nel cammino spirituale.

L’Obbedienza e il Paradosso Mistico

Uno degli aspetti più affascinanti del pensiero di Rumi è la sua concezione dell’obbedienza come atto di liberazione. A prima vista, l’idea di una sottomissione totale può apparire aliena o addirittura contraria ai valori occidentali moderni, che tendono a esaltare l’autonomia e l’indipendenza individuale. Tuttavia, per Rumi, l’obbedienza al Maestro non è una semplice rinuncia alla propria libertà, ma il mezzo attraverso cui il discepolo può trascendere i limiti dell’ego e unirsi al divino.

Come suggerisce il testo critico, questa relazione tra discepolo e Maestro si inserisce in una lunga tradizione di esperienze religiose, dove il Maestro è più di un semplice insegnante: è il canale attraverso cui il discepolo può sperimentare la realtà trascendente. Il vero paradosso mistico, dunque, è che solo abbandonando la propria volontà individuale si può raggiungere la vera libertà.

Gioia Mistica e Risurrezione

Un altro elemento distintivo della poesia di Rumi è la sua gioia. Mentre altri mistici possono trasmettere un senso di fatalismo o malinconia, Rumi celebra l’unione con il divino come un evento festoso. Come sottolinea il testo critico, la sua visione della morte non è quella di un annullamento definitivo nell’essere, ma di una risurrezione in compagnia del Maestro. Questa prospettiva lo avvicina a San Francesco d’Assisi, che nella sua spiritualità considerava la morte come “Sorella” e non come un nemico oscuro.

Questa gioia è il riflesso della certezza di Rumi che l’amore divino non porta alla dissoluzione nel nulla, ma a una rinascita nella presenza eterna di Dio. L’immagine della falena che si getta nella fiamma non è solo una metafora della distruzione dell’ego, ma anche della trasformazione in una nuova forma di esistenza, più luminosa e pura.

I versi di Rumi racchiudono il cuore pulsante della sua poetica e del suo pensiero mistico: l’amore come forza irresistibile, la guida del Maestro come essenziale per il cammino spirituale, e la gioia della fusione con il divino come destino finale dell’anima. Attraverso immagini potenti come la falena e il fuoco, il gufo e il re, il poeta ci invita a riflettere sulla natura profonda dell’esistenza e sul significato ultimo dell’amore e della conoscenza.

La lettura di Rumi richiede un approccio che superi le categorie moderne occidentali, per entrare in una dimensione in cui la realtà più autentica non è quella visibile, ma quella dell’anima in cammino verso la luce del divino.

Ecco la poesia nella sua interezza, col suo forte richiamo mistico:

La Ribeca

Sai tu che cosa dice il rabab,
parlando di lacrime e di dolore bruciante?
Dice: Sono scorza rimasta lontana dal midollo:
perché non dovrei piangere nel tormento della separazione?
E il legno anche dice: “Ero un ramo verde come corsiero veloce,
ed, ecco, ho la sella spezzata e gli speroni strappati”
Noi siamo esuli lontani, o Sovrano,
ascoltate da noi il grido: “A Dio ritorniamo!”

Da Dio germinammo da prima nel mondo
e a lui torneremo, dopo questa rivoluzione.
Il nostro grido è come campanello di carovana,
come tuono quando se ne vanno le nubi.
O viandante! Non legare il cuore a nessuna dimora,
perché soffrirai quando te ne strapperanno via.

E poi che tante dimore hai percorso
da quando eri goccia di sperma fino all’adolescenza,
prendile a scherzo, che a scherzo le possa lasciare:
rinuncerai a poca cosa e alto compenso ne avrai!
Prendi invece sul serio Colui che ti ha preso sul serio;
Primo è Lui ed Ultimo: cerca Lui solo!
Suona il suo violino in modo sì dolce che la sua freccia
trafigga e sconvolga il cuore agli amanti.
Se Turchi e Greci e Arabi sono innamorati di Lui,
questo suono del rabab parla il loro stesso linguaggio.
D vento geme, il vento ti chiama:
“Vieni dietro a me fino al ruscello d’acqua.

Ero acqua io, son divenuto vento e venuto
a salvare gli assetati da questo miraggio!”
La Parola è quel vento che acqua era stato
e acqua torna ad essere quando getta via il velo.
Da fuori delle sei dimensioni 1 questo grido è arrivato:
“Fuggi via dallo spazio e non allontanare da me il volto”
O Amante! Non sei da meno della falena:
quando mai la falena si astiene dal fuoco?
Il re è nella città per prender me, gufo;
come potrei fuggir la città verso i luoghi ruinati?

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