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Una frase di Giacomo Leopardi per augurare un felice anno nuovo

Leggiamo questo bellissimo passo di Giacomo Leopardi tratto dal "Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere" dalle "Operette Morali"

Giacomo Leopardi nell’ultima parte del Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, tratto dalle Operette morali, rappresenta una sintesi straordinaria della sua visione della vita. Attraverso il confronto tra un venditore di calendari e un passeggero, il poeta riesce a esplorare le illusioni, le delusioni e le speranze che costituiscono il tessuto della condizione umana. La profondità delle riflessioni filosofiche emerge con straordinaria chiarezza in questo scambio di battute finali.

Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.

Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?

Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore. Appunto.

Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere.

Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.

Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

Giacomo Leopardi, la ricorsività del tempo e la provvidenziale inconsapevolezza

Nel dialogo, il passeggere invita il venditore a riflettere sulla possibilità di rivivere la propria vita, chiedendogli se accetterebbe di ricominciare da capo, a patto che la sua esistenza fosse identica a quella già vissuta. La risposta del venditore è chiara: non tornerebbe indietro. Questo rifiuto rivela una considerazione universale, condivisa implicitamente anche dal passeggere: nessuno vorrebbe ripercorrere la propria vita esattamente com’è stata.

Il cuore del ragionamento risiede nella sproporzione percepita tra il bene e il male vissuti. Leopardi suggerisce che, nella memoria individuale, il dolore tende a prevalere sulla gioia, trasformando la vita trascorsa in una realtà che si vorrebbe evitare, se possibile.

Quando il passeggere chiede al venditore che tipo di vita vorrebbe, quest’ultimo risponde che accetterebbe una vita a caso, senza conoscere in anticipo cosa essa riservi: “Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.” Questa risposta riflette un’aspirazione radicata nel bisogno umano di novità, di possibilità inesplorate e nella speranza che il futuro possa essere migliore del passato.

La proposta di vivere una vita sconosciuta è affascinante, perché sottolinea l’attrazione dell’uomo per ciò che è ignoto. L’incertezza del futuro diventa fonte di speranza, un rifugio dalle delusioni del passato e dalle sofferenze già vissute. Questo desiderio di ignoto è collegato alla struttura stessa dell’almanacco: un oggetto che promette uno sguardo organizzato sul futuro, sebbene non possa predirlo né garantire felicità.

Il segno di un caso avverso

Nel suo ragionamento, il passeggere arriva a una conclusione: il fatto che nessuno voglia rivivere la propria vita come è stata è la prova che il caso ha trattato male ogni essere umano. In questa osservazione risuona il pessimismo cosmico di Leopardi: il male, per il poeta, prevale sul bene, e la felicità è un’illusione.

Eppure, l’uomo continua a credere che il futuro possa portare la felicità. Il passeggere osserva che il desiderio di una nuova vita e la fiducia nell’anno che verrà dimostrano quanto profondamente l’essere umano sia legato alla speranza, nonostante le continue delusioni del passato.

La riflessione leopardiana si cristallizza in un pensiero essenziale: “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura.” La bellezza della vita, dunque, risiede nella sua possibilità, non nella realtà vissuta. Il futuro, con la sua promessa di felicità, diventa l’unico rifugio per un’esistenza che nel passato non ha trovato compimento.

L’ultima battuta del dialogo, con il passeggere che acquista un almanacco dal venditore, conclude il testo con un gesto profondamente simbolico. La vendita dell’almanacco rappresenta un rinnovo della speranza: nonostante la consapevolezza che il futuro possa non essere migliore, l’uomo si aggrappa comunque all’illusione di un domani felice.

Il tono finale del venditore, che riprende il suo grido commerciale, suggerisce che la vita, con le sue delusioni e speranze, continua in un ciclo infinito. Ogni anno, come ogni almanacco, diventa un nuovo inizio carico di aspettative, pur sapendo che queste ultime potrebbero non realizzarsi.

L’ultima parte del Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere ci offre una finestra sull’umanità secondo Leopardi: una condizione segnata dalla sproporzione tra il dolore vissuto e la speranza coltivata. L’uomo, consapevole delle sue delusioni, continua comunque a guardare al futuro con fiducia, dimostrando la straordinaria capacità di persistere nel tentativo di dare senso alla vita.

In questo dialogo, il pensiero di Giacomo Leopardi incontra una forma di speranza che non è cieca, ma consapevole: un canto di fragilità e grandezza umana, che ancora oggi risuona con forza e autenticità.

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