I versi di Gesualdo Bufalino tratti dalla poesia Lunario dell’anno che viene, contenuta nel libro L’amaro miele, offrono uno sguardo lucido e potente sulla condizione umana. In poche righe, l’autore concentra temi universali come il trascorrere del tempo, l’inevitabilità della morte e l’atto di resistere, con fierezza e dignità, a queste forze inesorabili. L’esplorazione di questi versi permette di cogliere la profondità del pensiero bufaliniano, che unisce la malinconia per l’inesorabile fluire dei giorni a un’insopprimibile volontà di vita.
o giorni, iniquo seme
di morte, oggi vi guardo
dalle mie arci estreme,ma con riso nemico,
ma con labbro testardo,
che son vivo vi dico.
Gesualdo Bufalino e i denti stretti contro il tempo che passa, fin dal Capodanno
“O giorni, iniquo seme / di morte…” apre il componimento con una dichiarazione impattante e densa di significato. Bufalino identifica i giorni come portatori di morte, quasi che ogni istante vissuto fosse un ulteriore passo verso l’inevitabile fine. Questa visione del tempo come elemento distruttivo non è insolita nella letteratura. Già Leopardi, in testi come il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, esprimeva un senso di estraneità verso un tempo che divora tutto, lasciando dietro di sé solo il vuoto.
Bufalino, però, pur riconoscendo questa realtà angosciante, non si ferma al puro pessimismo. I giorni vengono osservati da una posizione distaccata, quasi contemplativa: l’io poetico li guarda dalle sue “arci estreme”, evocando l’immagine di un luogo di osservazione elevato, dal quale è possibile riflettere con chiarezza sul cammino compiuto. Questo sguardo, pur malinconico, è anche indice di un’accettazione matura del proprio destino.
Ma è nei versi successivi che emerge il cuore pulsante della poesia: “ma con riso nemico, / ma con labbro testardo, / che son vivo vi dico.” Gesualdo Bufalino non si limita a registrare l’incessante avanzare del tempo; vi si oppone attivamente, con un riso sfidante e un atteggiamento che incarna resistenza e orgoglio.
Il “riso nemico” è un’immagine che richiama il sorriso del guerriero pronto a combattere una battaglia persa in partenza, ma comunque intenzionato a lottare fino all’ultimo. È un segno di ribellione, un rifiuto di soccombere passivamente alla consapevolezza della mortalità. La “testardaggine” del labbro, che si ostina a proclamare “che son vivo”, sottolinea una volontà di affermazione dell’esistenza nonostante tutto.
Nella sfida lanciata al tempo e alla morte, Bufalino propone una visione della vita che non si arrende al nichilismo. Anche di fronte a una realtà iniqua e crudele, la scelta consapevole di vivere e resistere diventa una forma di rivalsa.
Questa celebrazione della vita, pur nella sua fragilità e caducità, trova eco in molta della produzione poetica e letteraria del Novecento. Scrittori come Montale o Ungaretti hanno spesso cantato la dignità di una vita vissuta intensamente nonostante la sofferenza. In Gesualdo Bufalino, però, c’è una particolarità: la sua è una sfida intrisa di ironia. Il suo riso “nemico” è anche un gesto di leggerezza contro il peso delle convenzioni, una dimostrazione che l’uomo può affrontare con creatività anche le avversità più insormontabili.
La prospettiva del nuovo anno
La poesia è collocata nel contesto del lunario, un calendario che guarda al futuro imminente del nuovo anno. Questo rende il messaggio di Gesualdo Bufalino ancora più significativo: di fronte all’inizio di un ciclo temporale, l’autore non si abbandona alla mera speranza o all’ottimismo vuoto. Al contrario, si prepara a vivere consapevole della transitorietà di ogni giorno, ma determinato a riempirlo di significato e vitalità.
Nell’ambito di questa visione, il nuovo anno non è una promessa di felicità assicurata, ma un campo di battaglia sul quale continuare a resistere, un territorio in cui dichiarare al mondo che si è vivi.
Gesualdo Bufalino si inserisce in una tradizione letteraria che intreccia filosofia e sentimento, offrendo al lettore un esempio di come la poesia possa farsi strumento di riflessione esistenziale. Lunario dell’anno che viene è un testo che parla direttamente al cuore di chiunque abbia mai sentito il peso del tempo e dell’inevitabilità della morte, ma che, al contempo, spinge a resistere, a vivere con pienezza e a non rinunciare mai alla propria umanità.
I versi di Bufalino ci invitano a guardare il tempo con uno sguardo lucido ma non rassegnato, accogliendo ogni giorno come una nuova possibilità di ribellione vitale. Il riso nemico e il labbro testardo dell’autore non sono altro che l’eco della nostra stessa lotta quotidiana contro le incertezze e le sfide della vita, un inno alla forza dell’essere umano di fronte al destino.