La citazione di Fred Uhlman tratta dal romanzo L’amico ritrovato, pone una delle domande più fondamentali e universali della condizione umana: come attribuire un senso all’esistenza, sospesa tra l’insignificanza e un valore incommensurabile? L’interrogativo esposto dallo scrittore tedesco racchiude il dilemma esistenziale che attraversa epoche, filosofie e individualità, rendendo il significato della vita un terreno aperto alla speculazione e all’esperienza.
“Il problema fondamentale non era più la natura della vita, ma ciò che di questa vita, priva di valore e al tempo stesso preziosa, dovevamo fare. Come impiegarla? A che fine? E per il bene di chi, il nostro o quello dell’umanità? Com’era possibile, insomma, mettere a buon frutto quella brutta realtà che era l’esistere?”
La vita attraverso la barbarie nel capolavoro di Fred Uhlman
Il cuore della riflessione di Uhlman sta nell’apparente paradosso della vita: da un lato priva di valore, dall’altro incredibilmente preziosa. Questa dicotomia, apparentemente inconciliabile, riflette l’esperienza umana dell’esistere in un mondo che spesso sembra privo di un ordine o di una finalità intrinseca. La vita può apparire insignificante di fronte all’infinità dell’universo o al dolore personale; tuttavia, la stessa vita può essere percepita come preziosa grazie alla capacità umana di attribuire valore, amore, creazione e scoperta.
Questa contraddizione è stata oggetto di discussione per filosofi come Albert Camus, che nel Mito di Sisifo definisce l’assurdo come la distanza tra il desiderio umano di significato e il silenzio indifferente del mondo. Anche per Camus, la domanda fondamentale non riguarda l’essenza della vita, ma come viverla: se l’assurdo non si può risolvere, esso va accettato e trasformato in un impulso vitale.
Quando Uhlman domanda “A che fine viviamo?” ci invita a riflettere sullo scopo della nostra esistenza. Questa domanda assume un significato ancora più denso nel contesto del romanzo, che esplora temi di amicizia, perdita e disumanità attraverso gli occhi del giovane protagonista ebreo tedesco. Il contesto storico in cui è ambientata l’opera, il periodo che precede la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto, accentua l’urgenza di trovare un senso all’esistenza in un mondo lacerato da tragedie.
Tuttavia, l’interrogativo non si limita a un periodo storico. È una domanda che ogni individuo si pone nel corso della vita, specialmente nei momenti di crisi o cambiamento. C’è chi trova il senso nell’altruismo e nella cura per gli altri, chi nella crescita personale o nella ricerca della conoscenza, e chi nella semplice esperienza del presente. Uhlman sembra suggerire che la risposta, se esiste, dipenda dall’equilibrio tra gli interessi personali e quelli collettivi.
Il bene dell’individuo e il bene dell’umanità
Un altro punto centrale della citazione riguarda la tensione tra ciò che facciamo per il nostro bene e ciò che facciamo per il bene dell’umanità. Questo dilemma esprime una lotta interna che accompagna la vita di molti: la scelta tra soddisfare i propri bisogni immediati o contribuire a qualcosa di più grande.
La storia è ricca di esempi di persone che hanno sacrificato se stesse per il bene comune, da figure religiose come San Francesco d’Assisi a pensatori come Martin Luther King. Tuttavia, anche chi si dedica interamente al proprio benessere può trovare una forma di autenticità che contribuisce, indirettamente, al bene collettivo. L’opera di artisti, inventori e scienziati spesso nasce da un impulso egoistico – il desiderio di creare, di eccellere, di scoprire – ma i risultati delle loro azioni hanno un impatto universale.
La chiusa della citazione, che definisce l’esistenza come una “brutta realtà”, ma ne suggerisce comunque un possibile buon uso, ci riporta all’idea che la nostra libertà di azione e di scelta è la chiave per trasformare l’assurdità dell’esistenza in una vita significativa. Ogni esistenza è, in qualche modo, limitata e imperfetta. Tuttavia, come propone Uhlman, sta a noi trovare il modo di trasformarla in qualcosa di più: un’esperienza di valore, sia per noi stessi che per il mondo.
Nel panorama contemporaneo, segnato da problemi globali come i cambiamenti climatici, le disuguaglianze sociali e le guerre, le parole di Uhlman risuonano con forza. Come possiamo rendere il nostro tempo significativo in un mondo che spesso sembra privarci di certezze? Le risposte sono molteplici, ma tutte implicano una chiamata all’azione. Che si scelga di migliorare il mondo attraverso il cambiamento sociale o di abbracciare la propria esistenza in modo autentico e responsabile, il senso della vita è qualcosa che non si scopre una volta per tutte, ma si costruisce giorno per giorno.
Uhlman ci ricorda che non dobbiamo necessariamente rispondere a tutte le domande della vita, ma piuttosto impegnarci a viverla pienamente, trasformando la “brutta realtà” dell’esistenza in un’opportunità per creare valore, per noi stessi e per gli altri. La vita, così fragile e così preziosa, merita di essere esplorata, nonostante le sue complessità.