Una frase di Fred Uhlman sull’immenso valore dell’amicizia

23 Ottobre 2025

Leggiamo la citazione di Fred Uhman in cui viene illuminata l'importanza dell'amicizia, anche in tempi tremendi come quelli della Germania nazista.

Una frase di Fred Uhlman sull'immenso valore dell'amicizia

La citazione di Fred Uhlman tratta da L’amico ritrovato racchiude un’intensa riflessione sulla giovinezza, sull’amicizia e sulla purezza dei sentimenti anche di fronte a situazioni tremende.

“Ho esitato un po’ prima di scrivere che ‘avrei dato volentieri la vita per un amico’, ma anche ora, a trent’anni di distanza, sono convinto che non si trattasse di un’esagerazione e che non solo sarei stato pronto a morire per un amico, ma l’avrei fatto quasi con gioia. Così come davo per scontato che Dulce et decorum pro Germania mori, non avevo dubbi sul fatto che morire pro amico sarebbe stato lo stesso.

I giovani tra i sedici e i diciotto anni uniscono in sé un’innocenza soffusa di ingenuità, una radiosa purezza di corpo e di spirito e il bisogno appassionato di una devozione totale e disinteressata. Si tratta di una fase di breve durata che, tuttavia, per la sua stessa intensità e unicità, costituisce una delle esperienze più preziose della vita.”

Fred Uhlman e la tragedia storica della Germania nazista

Fred Uhlman, scrittore tedesco di origini ebraiche, pubblicò L’amico ritrovato nel 1971, molti anni dopo aver vissuto sulla propria pelle le ferite della storia europea: l’ascesa del nazismo, la perdita della patria, l’esilio. Il romanzo, autobiografico nella sua ispirazione, racconta l’amicizia tra Hans Schwarz, ragazzo ebreo, e Konradin von Hohenfels, giovane aristocratico tedesco, nella Germania degli anni Trenta. La loro amicizia, pura e profonda, viene spezzata dall’avvento dell’ideologia hitleriana e dalle divisioni imposte dalla storia. Ed è in questo contesto che le parole di Uhlman assumono un significato tanto più toccante: esse evocano un tempo in cui l’amicizia era un valore assoluto, capace di superare qualsiasi barriera, persino quella della morte.

Quando Uhlman scrive che avrebbe dato la vita per un amico, non si tratta di una semplice iperbole giovanile. Egli riconosce, con lo sguardo retrospettivo dell’adulto, che quell’impulso non era illusorio ma autentico, radicato nella capacità dell’adolescente di credere con tutto se stesso in qualcosa di puro. “Una radiosa purezza di corpo e di spirito” — dice l’autore — descrivendo l’età in cui il sentimento non è ancora contaminato dal calcolo o dal sospetto. È il tempo in cui si può amare, credere e donarsi senza misura, con una devozione totale e disinteressata.

In questa prospettiva, l’amicizia adolescenziale appare come una forma di idealismo, forse ingenuo, ma assolutamente necessario. L’adolescente, nel suo slancio verso l’assoluto, cerca un senso di appartenenza e di lealtà che trascende il sé. È una fase in cui la dedizione all’altro non nasce da un bisogno, ma da una pienezza interiore: dal desiderio di trovare, nell’amico, un riflesso del proprio meglio. Per questo Uhlman parla di “una delle esperienze più preziose della vita”: perché in quell’età si conosce un sentimento di comunione che difficilmente si ripete in seguito, quando l’esperienza, il dolore e la delusione insegnano la prudenza e la diffidenza.

Il riferimento al motto latino Dulce et decorum est pro patria mori (“È dolce e decoroso morire per la patria”), reso celebre da Orazio e reinterpretato in chiave tragica dai poeti della Prima guerra mondiale, aggiunge una dimensione etica e storica al discorso di Uhlman. Da giovane, scrive, dava per scontato che fosse nobile morire per la Germania, ma anche che fosse nobile morire per un amico.

È un parallelismo che mette in luce la trasformazione del concetto di lealtà: dalla fedeltà a un’idea collettiva, la patria, alla fedeltà a un legame personale, l’amicizia. Nella purezza dei sedici anni, le due forme di devozione sembrano equivalersi: in entrambe si manifesta il bisogno di donarsi totalmente, di essere parte di qualcosa di più grande di sé.

Tuttavia, con il senno dell’età adulta, questa convinzione assume un tono malinconico. Uhlman sa che la storia ha distrutto quell’innocenza, che il sogno di una Germania ideale è stato tradito dal fanatismo e dalla violenza. La sua riflessione è dunque anche un atto di nostalgia per un tempo in cui era ancora possibile credere nel bene, in un’amicizia che non conosceva odio o divisione. La “fase di breve durata” di cui parla non è solo un momento biografico, ma anche simbolico: rappresenta l’ultima stagione dell’umanità prima che l’ideologia la corrodesse.

Nel romanzo, l’amicizia tra Hans e Konradin è proprio questo: un frammento di innocenza in un mondo che si prepara alla barbarie. Quando Hans scopre, anni dopo, che Konradin è stato giustiziato per aver partecipato a un attentato contro Hitler, la loro amicizia si compie simbolicamente nella morte. Quel sacrificio — “morire pro amico” — diventa allora reale, e conferma la verità delle parole giovanili di Uhlman.

La citazione riletta oggi

Il passo, letto oggi, invita a riflettere sul valore dell’amicizia come forza morale, capace di resistere al tempo e alle ideologie. In un’epoca in cui i legami appaiono spesso fragili, condizionati dall’utilità o dall’interesse, la “devozione totale e disinteressata” di cui parla Uhlman suona quasi rivoluzionaria. L’amicizia autentica, quella che nasce dall’incontro tra due anime libere, è infatti una forma di eroismo quotidiano: richiede fiducia, lealtà, capacità di sacrificio.

Eppure, come Fred Uhlman riconosce, essa è anche irripetibile nella sua forma più pura. L’età adulta, con la sua consapevolezza e le sue ferite, non permette più di credere con la stessa ingenuità. Ma ricordare quella stagione — e la possibilità di un amore fraterno che trascende la paura e la morte — è ciò che mantiene viva la parte migliore dell’uomo.

Nel desiderio di morire per un amico non c’è solo entusiasmo giovanile, ma una verità profonda: quella secondo cui la vita trova senso solo nel dono, nella capacità di amare al punto da superare se stessi. E forse proprio per questo, come scrive Uhlman, quell’esperienza breve ma luminosa rimane “una delle più preziose della vita” — un ricordo che non si consuma mai, come un gesto d’amore che continua a vivere nel silenzio della memoria.

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